Racconti delle strade dei mondi

Il falco

L’inizio della Caduta

 

Jonathan Livingston e il Vangelo

Jonathan Livingston e il Vangelo

L’Ultimo Demone

L'Ultimo Demone

L’Ultimo Potere

L'Ultimo Potere

Strade Nascoste – Racconti

Strade Nascoste - Racconti

Strade Nascoste

Strade Nascoste

Inferno e Paradiso (racconto)

Lontano dalla Terra (racconto)

365 storie d’amore

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L’Ultimo Baluardo (racconto)

365 Racconti di Natale

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Il magazzino dei mondi 2

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365 racconti d’estate

Il magazzino dei mondi 2
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Di Dei e di Demoni

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Gli uomini comuni fanno una distinzione tra dei e demoni, Poltar, ma è l’ignoranza che li fa parlare in questo modo. Quando le potenze soprannaturali fanno la nostra volontà, noi li veneriamo quali dei; quando ci ostacolano e ci frustano, li odiamo e temiamo come demoni. Sono le stesse creature, le stesse perverse cose disumane.

Sopravvissuti – Richard K. Morgan

Il Conciliatore - Brandon Sanderson

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Che cos’è la malvagità?
Come può un essere definito malvagio?
Dalla sua indole? Dalle scelte che compie? Dalle motivazioni che stanno dietro di esse?
E’ una delle domande che l’uomo spesso si pone, un quesito cui cerca di dare risposta e che ancora appare insoluto, come mostra Brandon Sanderson quando il creatore di Sanguinotte riflette sulla natura della spada creata: una spada non comune non solo per le capacità di cui è infusa, ma soprattutto per il suo essere senziente dato il compito per il quale è stata forgiata. Un compito nobile, ma capace di rendere difficile il suo discernimento: come si fa infatti a giudicare se un individuo possiede un animo toccato o pervaso dalla malvagità? Una domanda a cui il suo creatore cerca ancora soluzione, proponendola a chi scorre le pagine di Il Conciliatore, una storia dai molti colori e con un soffio incisivo, come mostra la recensione che ho realizzato terminata la lettura di quest’opera.

Canzoni Magiche

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L’uomo da sempre è alla ricerca delle sue origini.
Una ricerca per capire chi è, qual è il senso della sua esistenza, la ragione per cui è venuto al mondo; un posto, quello nel mondo, che tanti cercano di trovare, ma in cui pochi ci riescono.
Una ricerca che è sentita con maggiore forza nelle persone che non hanno una famiglia originaria, ma solo una adottiva, specialmente se si tratta di un nucleo famigliare dove non si riesce ad avvertire affetto e calore umano, dove non c’è comprensione, ma solo imposizione e violenza: un dover seguire regole conformi alla società, piegate all’apparenza e all’ipocrisia, che nascondono dietro una facciata di normalità una realtà fatta di prepotenza, ossessività, morbosità, muta accettazione e incapacità di ribellarsi a quanto c’è di sbagliato.
Una realtà che porta a non sentirsi né apprezzati né accettati, che allontana, che fa creare un muro tra sé e il mondo, in modo da non far avvicinare nessuno e così non essere toccati da delusioni e avere l’ennesimo spiacevole ricordo da aggiungere alla propria memoria. Un mondo, quello creato dagli uomini, con legami basati sull’egoismo e lo sfruttamento, che abbruttisce ogni cosa, che la rende cupa, facendo perdere la voglia di vivere, di assaporare le esperienze, come un cibo che viene mangiato senza essere gustato, ma semplicemente ingerito perché aiuta ad andare avanti. Un mondo pratico che guarda solo a quanto può essere utile, può dare guadagno: una macchina che vuole accumulare soldi, sempre di corsa, che non si ferma a cogliere la bellezza che si cela dietro una melodia, un dipinto. Troppo rude e grezzo per apprezzare la delicatezza dell’ispirazione, per saperla ascoltare tanto è chiuso nel suo pragmatismo.
E’ proprio sullo scontro tra elementi che sono la nemesi uno dell’altro, che nasce la guerra nascosta tra Pragmatici (imprenditori, uomini d’affari, potenti) ed Eclettici (individui con una forte propensione per l’arte). Una guerra che dura da anni, con una parte che vuole ottenere il controllo sugli uomini imponendo le regole rigide della produttività e dell’economia, e l’altra che cerca di preservare la capacità d’essere libero dell’animo umano e di poter giungere alla verità, sia di sé stesso sia del significato dell’esistenza. Una verità cui si può giungere attraverso la scoperta, attraverso un cammino nascosto, un cammino nebuloso che si rivela solo in certi momenti e circostanze. Una rivelazione, quella che avviene attraverso l’intuizione, che usa un linguaggio sottile composto da sensazioni, emozioni, scaturite da immagini, suoni, parole. E’ questo che fa l’arte: rivelare all’animo umano verità e consapevolezza, quella consapevolezza che rende sapienti e dissipa l’ignoranza, l’elemento tanto apprezzato da chi vuole controllare le masse.
Una consapevolezza quella raggiunta dagli antichi che hanno voluto trasmettere ai loro eredi attraverso i miti, una forma di conoscenza che non può andare estinta, che è radicata nell’inconscio umano e che parla attraverso simboli, come possono essere le Muse, ispiratrici e protagoniste dell’ultimo romanzo realizzato da Francesco Falconi: esseri dai grandi poteri che camminano tra la folla come persone comuni, ma con la capacità e il potere d’influenzare la gente attraverso le loro doti. Doti capaci di distruggere e creare, di uccidere e salvare, semplicemente variando il tono della voce usata per dare vita a un canto che è magico, come accade in La Canzone di Shannara di Terry Brooks, dove perfino la natura si piega ai voleri delle note che sorgono dalle corde vocali di Brin Ohmsford, e come accade in Muses con Alice. Protagoniste di libri scritti da autori differenti in periodi differenti, con un dono in comune; ma le analogie finiscono qui, sia data la differenza di carattere delle due ragazze, sia data la tipologia di mondo e vicende in cui sono calate.
Eppure, anche se con modi differenti, in entrambi i casi viene mostrata la difficoltà di accettare il proprio essere, specialmente quel lato oscuro in cui si rischia di perdersi se non si ha una guida capace di non far smarrire mentre si muovono i passi su un terreno ancora sconosciuto, con il quale spesso si è costretti a convivere a lungo, alle volte facendo finta che non esista, alle volte combattendolo, ma che solo una volta compreso può dissolversi e smettere d’essere d’ostacolo per la riuscita della propria esistenza.

Storie di Asklivion - Strade Nascoste

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Storie di Asklivion – Strade Nascoste è stato il primo romanzo che ho scritto. Il romanzo con il quale è iniziata la parte della vita che possiedo dedicata alla scrittura; prima il pensiero di scrivere non esisteva (da tralasciare la parte inerente all’ambito scolastico: quello era un obbligo, non una scelta voluta, e che pertanto non facevo volentieri). Non avevo il sogno di realizzare un libro o il desiderio di diventare scrittore. Ma mi piaceva in certi momenti ritagliarmi degli spazi dove creare mondi e avventure, esplorare luoghi nuovi, non esistenti, viaggiare in compagnia di personaggi con i quali avere un fine comune, uno scopo da raggiungere: una cerca che poteva aiutare gli altri, salvarli dalle difficoltà; un mettersi alla prova e superare i propri limiti. Un’esperienza che hanno fatto in tanti, specie nell’infanzia, lasciando andare questi pensieri con l’avanzare della crescita. Per me non è andata in questo modo, è stata una presenza costante: alle volte più forte, alle volte più labile, ma sempre presente; un modo per riuscire a rilassarmi, a staccare la spina dagli impegni. Consideravo queste fantasie uno svago, però con il tempo e l’esperienza ho imparato che sono molto più di questo: possono essere un mezzo per parlare della realtà, per mostrare significati e aprire porte, come ha fatto Micheal Ende con quel capolavoro che è La Storia Infinita. Un mezzo che trova la sua realizzazione attraverso la scrittura. Un mezzo che è espressione di sé, che è una delle strade che appartengono a un individuo. Ed essendo proprie, non importa quanto tempo debba trascorrere e in che modo avvenga perché siano riconosciute: se uno ha una strada da percorrere, arriva il momento in cui la imbocca. Non si tratta di predestinazione, ma di trovare ciò per cui si è portati, il proprio scopo. Certo, lo scopo può non essere unico, ce ne sono tanti nella vita in una persona: quello che si deve fare è riconoscere quelli giusti che rispecchiano il proprio essere.
Come si fa a riconoscerli?
Se sono veri, se sono sinceri, il pensiero rivolto a loro non se ne va mai, rimane una presenza costante. E alla fine, se si ha il coraggio d’ascoltare, essi prendono forma e crescono sempre di più. Un passo alla volta, un cominciare dalla piccole cose, come nel caso della scrittura può essere un racconto, come molti consigliano; una regola saggia, una valida linea guida.
Ma le regole, se possono essere utili, non significa che siano vincolanti e uno deve seguire la propria convinzione se sente con forza quello per cui sta lavorando. Così le prime pagine scritte sono state quelle di Storie di Asklivion – Strade Nascoste, un romanzo che come lunghezza raggiunge Il Signore degli Anelli, dando il via a un percorso a ora lungo undici anni, quattro libri portati a conclusione e altrettanti in corso d’opera. Scrivendo dopo il lavoro e i vari impegni, ritagliando ore al sonno, ho impiegato cinque anni per giungere alla conclusione della sua prima stesura; dopo di essi, e un anno di revisioni e riletture, sono trascorsi altri cinque anni in cui l’ho sottoposto all’attenzione delle case editrici. Un periodo in cui non sono stato certo con le mani in mano, visto che ho dato vita ad altre opere: aspettare che giunga qualcosa senza fare niente è uno spreco di tempo e di vita: si va avanti, tenendosi pronti a saper cogliere l’occasione se arriva.
E se per il momento non arriva, si accetta questa evenienza.
A patto che ci siano delle ragioni valide, che se non si viene pubblicati è perché c’è gente che ha realizzato opere migliori, più valide; se il lavoro realizzato non trova spazio perché si dà la preferenza ad autori come Guy Gavriel Kay e Brandon Sanderson, non si ha nessuna obiezione da opporre. Se invece questo non avviene perché in fase di valutazione si dà la preferenza a testi come Gli Eroi del Crepuscolo, Bryan di Boscoquieto, Il Re Nero, la saga di Amon e quella di Unika, allora, di fronte a un modo di lavorare del genere arriva la non accettazione perché c’è una mancanza di rispetto, un prendere in giro gli altri. Un modo di fare che non mi sta bene perché sono per l’onestà, per dare il meglio in quello che si fa, cercando sempre di migliorare.
Ritengo di aver fatto un buon lavoro?
Sì.
Ritengo che sia migliorabile?
Certamente. Anche se ho dato il massimo con i mezzi acquisiti in base all’esperienza maturata nel leggere e nel scrivere (e mi accorgo confrontando Strade Nascoste con L’Ultimo Potere come già sia diverso lo stile, il modo di sviluppare la storia a distanza di pochi anni: una sintesi maggiore che rende più fluente la lettura) sono convinto che si possano trovare ancora dei modi per migliorare quanto realizzato. Questo per me è dimostrare onestà e soprattutto rispetto nei confronti di chi legge, perché ritengo che il lettore non deve sentirsi preso in giro, ma trattato con la massima intelligenza.
Cosa che non si può dire per le opere sopra menzionate. Se dei professionisti che si ritiene siano preparati, esperti nel loro ruolo, che si fanno pagare per fare questo mestiere hanno pubblicato tali lavori o non sono capaci, non avendo le conoscenze necessarie per lavorare nell’ambito della letteratura fantastica, oppure hanno ritenuto che non bisognasse fare alcuno sforzo perché tanto tutto va bene, facendo passare così il messaggio che il lettore di questo genere è un ignorante che può sorbirsi qualsiasi castroneria perché incapace di dare un giudizio e fare qualsiasi distinzione tra il valido e non valido.
Stando così i fatti, non mi sta bene un tal modo di fare, sentendo dire che è il massimo che si può realizzare e trovare, vedendo attribuite etichette altisonanti e affermazioni celebrative e incensanti, perché è una menzogna, è solo un cercare di tirare acqua al proprio mulino per fare guadagno e sfruttare gli altri usando l’inganno.
Come non mi sta bene vedere pubblicata roba simile quando c’è molto di meglio che potrebbe essere venduto al loro posto: questa editoria ha fatto scelte sbagliate e continua a farle, dato che punta su seguiti di testi che hanno dimostrato la loro immaturità editoriale e negatività in fatto di realizzazione.
Di fronte a un’editoria che non ha coraggio, che piange miseria dopo essere stata causa del proprio male, che spezza volumi in due o tre parti per avere maggiori introiti (v. Mondadori con Martin), che sceglie di pubblicare per lo più libri di due-trecento pagine vendendoli a un prezzo che in altri paesi corrisponde a quello di tomi di mille pagine, seppure a malincuore, perché mi sarebbe piaciuto vedere pubblicato il libro da un editore credendo nella bontà di quanto realizzato, ho deciso di mettere tramite licenza Commons&Creative sul mio sito Storie di Asklivion – Strade Nascoste.
Con Non Siete Intoccabili ero consapevole della difficoltà di trovare chi era disposto a pubblicare un libro che, anche se sotto forma fantastica, denunciava il mobbing, le morti bianche, criticando l’operato degli imprenditori, dato che si è in un paese che è stato a lungo in mano a essi: avendo loro il potere, si è stati condizionati nel non dare spazio a voci che sollevavano critiche verso certe caste e certe questioni, facendo passare un’informazione e quanto legato a media e pubblicità che li raffigurasse come eroi e benefattori, e non sfruttatori. Con questo libro tuttavia ritenevo che la storia fosse differente. Invece, i fatti hanno dimostrato, ma non solo con me, che la qualità non ha valore, che tutto funge solo per il guadagno, poco importa quello che si propina.
Quando leggo affermazioni come queste date da un editor di una casa editrice (Casini), dove conta più reclamizzare il prodotto, dare spazio all’apparenza, invece di soffermarsi sulla qualità e fare un buon lavoro attento a qualsiasi dettaglio, quando mi tocca di ricevere risposte che quanto scritto non può andare bene nel fantastico perché è un genere adatto solo agli adolescenti e che per comunicare con loro i personaggi dei romanzi debbono essere per forza a loro volta degli adolescenti, è evidente che il sistema editoriale creatosi non ha alcun rispetto per i lettori e nemmeno per la letteratura: serve, riconosce e rispetta solamente il soldo. La standardizzazione dei temi trattati che si adeguano alla moda del momento, realizzando opere che sono fatte con lo stampino, tutte uguali, tutte sullo stesso copione, come accade in questo periodo con il paranormal-romance, è un altro elemento di un modus operandi fastidioso e, se si vuole, pure nocivo: il libro non è più un’opera culturale, ma una produzione da realizzare in serie, industrialmente, come se fosse cibo in scatola per gatti.
Storie di Asklivion – Strade Nascoste è invece un lavoro artigianale, fatto con cura e impegno, realizzato con le mie sole forze, senza l’aiuto di nessuno: creazione di mondo e personaggi, stesura, revisioni ed editing tutto effettuato da me. Un lavoro che ritengo buono e del quale sono soddisfatto dato che il mio dovere verso chi legge (ma anche verso me stesso) è scrivere e cercare di farlo bene (e in questo credo di esserci riuscito). Il che è molto di più di quanto tanta letteratura di genere pubblicata negli ultimi anni può dire: sarebbe ora che una parte dell’editoria cercasse di fare altrettanto, che avvenisse un cambiamento, anche se, osservando la realtà, ci sono dubbi che questo avvenga. Le cose continueranno ad andare come sono andate finora, anche se vengono criticate: certe persone non vogliono capire, vogliono andare avanti come fatto finora, nell’illusione che i “tempi d’oro”, quelli del guadagno facile, perdurino ancora. Non vedo gesti che possono cambiare tale stato, né la possibilità che possa nascere una mentalità, una coscienza diversa nonostante ci sia chi si accorga di quanto tutto ciò è sbagliato e lo si giudichi nella maniera che merita. Non li vedo in questo settore, ma non li vedo da nessuna parte, nonostante tutto stia crollando e la vita stia rendendo a tanti quanto hanno fatto, colpendoli con la forza di un treno in corsa: si sta ripetendo la storia del Titanic (dove si continuava a ballare malgrado la nave affondasse), del periodo della Bella Epoque (il pensiero rivolto solo al divertimento e poi si è ritrovati ad avere a che fare con la Prima Guerra Mondiale).
Per quanto riguarda l’ambito letterario, mi limito a scrivere, a provare piacere nel farlo e cercare di rendere al meglio il lavoro svolto, mettendolo a disposizione di chi voglia una lettura fantastica, capace anche di far riflettere; una lettura libera di piacere, libera d’essere criticata, ma sempre onesta, non fosse altro per il fatto che per farla non occorre spendere nulla, se non il tempo da dedicarle. E di questo, di fronte a quanto c’è adesso, è un guadagno.
Aggiungo la quarta di copertina per mostrare l’idea del tema su cui si basa l’opera, anche se sul sito ho già pubblicato capitoli del libro che possono rendere più chiara la sua natura (si possono trovare a questa tag).

Gli uomini hanno dei limiti: è questa la benedizione e la maledizione della loro natura.
Sono queste le parole su cui riflette Ariarn mentre è impegnato nella ricerca dove è coinvolto l’Ordine della Rivelazione, a cui i governi si sono rivolti per trovare la cura alla malattia che ha colpito le regioni di Asklivion. Un cammino che lo vedrà incrociare le strade di Periin, Ghendor, Reinor e Lerida, ritrovandosi a percorrere un sentiero che li farà addentrare nell’ombra del mondo che conoscono, affrontando realtà nascoste, verità dimenticate, macchinazioni progettate da lungo tempo e battaglie che porteranno ad affrontare nemici insospettabili.
Nemici che senza che ce ne sia resi conto sono stati protetti.
Nemici in grado in qualsiasi momento di creare mostri dal sottile e devastante potere distruttivo.

Nubi all'orizzonte

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Gabbie

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Un mercato come tanti, in un piccolo paesi come tanti.
Bancarelle di frutta, verdura, formaggi, vestiti.
Gente che passeggia, guarda, contratta, compra.
Le solite cose che si vedono e incontrano in un mercato.
Poi lo sguardo si posa su un camioncino al principio di una via, alla fine della piccola fiumana di gente, attirato da un costante chiocciare: pollastri e pulcini posati sull’asfalto, ammassati uno contro l’altro all’interno di gabbie metalliche.
Erano rinchiusi prima di giungere al mercato per essere venduti, lo saranno dopo essere acquistati: un’intera esistenza vissuta in gabbia, passando da una all’altra senza conoscere che cos’è la libertà. Una costante in questi passaggi di cui le bestie non si rendono conto, dato che questa per loro è la normalità: può aumentare o diminuire lo spazio vitale, ma ci saranno sempre delle sbarre che confinano, oltre cui non si può andare oltre, che racchiudono, che rinchiudono.
Vedendo quegli occhi neri ottusi dalla prigionia, viene da chiedersi se l’uomo è veramente così diverso da quegli animali.
Fin dalla nascita il suo è un passaggio da una gabbia all’altra; grande o piccola la sua natura rimane sempre la stessa: famiglia, scuola, partiti politici, istituzioni religiose, club, gruppi sportivi. Sono tutte gabbie che lo imbrigliano creando legami, vincoli, dipendenze, doveri che ne limitano la fantasia, l’espressione del suo essere.
Un vivere sempre in cattività come se questo fosse l’unica condizione possibile, l’unico destino datogli fin dalla nascita.
Ma la vita è altro che mangiare, produrre, procreare, ripetere quanto si è visto fare.
La vita è scoperta, è meraviglia, è ricerca, è una miriade di sfumature ed esperienze che non hanno limiti.
Eppure ci si accontenta sempre e solo del conosciuto, anche se alle volte ci si accorge che va stretto e soffoca, togliendo il respiro, fino a quando non si arriva ad esalare l’ultimo.

Ecco qualcosa

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su cui riflettere. Seguendo il blog di Martina sono approdato su quello di Barbara Baraldi, venendo colpito dagli articoli sul terremoto che ha colpito l’Emilia; in special modo suggerisco di leggere questo post e i commenti a esso legati.

Senza Speranza 2

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Ieri nel post che parlava della morte di Ray Bradbury, Martina nel suo commento in risposta al mio ha parlato di Marchionne e di come le condizioni dei lavoratori all’interno delle ditte Fiat siano peggiorate dopo il famoso referendum tenuto all’interno del gruppo di Torino; un modello che si sta cercando d’allargare a tutto il complesso industriale italiano.
Il lavoratore oltre a perdere giorno dopo giorno potere d’acquisto con stipendi che non crescono a differenza del costo della vita (quando ci sono e quando non calano), vedono diminuire anche i suoi diritti e soprattutto la dignità d’essere umano: è solo entità produttiva. Se questo è un uomo, scriveva Primo Levi nel libro in cui raccontava come gli ebrei venivano trattati nei campi di concentramento; la stessa cosa può domandarsi un lavoratore al giorno d’oggi. Certo, non si è ancora a quei livelli, ma un degrado delle condizioni umane e del rispetto c’è ed è evidente: per il guadagno si sacrifica tutto, la vita non ha più alcun valore.
Come nel caso dell’impresa Ilva di Novi Ligure (Alessandria) dove un lavoratore di trentuno anni è morto schiacciato da un muletto e la ditta ha fatto andare avanti la produzione come se niente fosse; nemmeno la morte riesce più a far fermare a riflettere, a dar spazio al cordoglio. The show must go on, cantavano i Queen. Ma vale davvero la pena far andare avanti uno spettacolo del genere?
Inutile aspettarsi qualcosa dagli imprenditori che pensano solo al loro profitto; ma le persone dovrebbero reagire, darsi una mossa perché è sulla loro dignità, sulla loro pelle che si sta giocando.

Senza Speranza

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Non importa il sangue dei feriti.
Non importa il sangue dei morti.
Nemmeno di fronte alla forza distruttiva della natura l’uomo riesce a comprendere, a imparare dai propri errori: continua a perpetrare il copione che da anni porta avanti e che ha condotto nella disastrosa situazione economica e sociale che sta investendo il mondo.
Soldi. Soldi. Soldi.
Conta solo il guadagno, non importa a cosa si passa sopra. Le persone delle zone dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto oltre ad essere colpiti negli affetti e aver subito danni alle proprie cose, devono subire un’altra ingiustizia: il sopruso degli imprenditori che per non perdere guadagno vogliono far ripartire subito l’attività lavorativa, ma non vogliono verificare la sicurezza delle strutture e pertanto vogliono che i lavoratori firmino delle liberatorie dove questi si assumono la responsabilità civile e penale per il ritorno al lavoro per i danni causati da nuove scosse.
Un’imprenditoria sempre sfruttatrice, che non ha rispetto né per la dignità né per la vita, che pensa solo al guadagno senza avere spese e responsabilità.
Di fronte a un quadro del genere non c’è davvero speranza.