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Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof

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Hanno sollevato molte polemiche (giustamente) le parole della ministra Roccella quando ha detto che le gite scolastiche servono per dire che l’antisemitismo è solo antifascista. A parte l’ennesimo tentativo di minimizzare i crimini del fascismo e cercare di farlo passare per quello che non è (va ricordato che il fascismo è stato una cultura di violenza, odio e morte, ispiratore del nazismo e di quello che poi è venuto dopo), e già questo basterebbe per comprendere la portata dell’intervento della ministra e di cosa ha tentato di fare, non ci si può però non soffermare sull’ignoranza di quello che è stato detto (e con ignoranza si intende in questo caso mancanza di conoscenza); inevitabilmente viene da domandarsi se la ministra sia mai stata in visita a un campo di concentramento o si sia anche solo soffermata a guardare video, foto su di essi o ad ascoltare le testimonianze di chi è sopravvissuto a quegli orrori. Sinceramente non so se questo è avvenuto (anche se da come è intervenuta qualche dubbio che questo sia avvenuto c’è), posso parlare solo per me, dato che sono stato tra quelli che, come dice la ministra, sono stato in gita scolastica (seconda superiore) in un campo di concentramento e più precisamente in quello di Natzweiler-Struthof.

Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof - Entrata

Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof - Torretta

Di gite scolastiche ne ho fatte diverse nella mia carriera da studente e il viaggio a Natzweiler-Struthof non lo definirei una gita scolastica (di solito in gita ci si diverte anche, ma in quella non è stata così: non c’era niente per cui divertirsi perché non c’era niente di divertente) ma una presa di coscienza.

Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof - Paesaggio

Come si vede dalle foto, c’era neve dappertutto (il periodo era quello di febbraio) e nevicava praticamente ogni giorno. C’era bianco ovunque: sui tetti delle case, sul terreno, sulle foreste. Anche il cielo era bianco, vuoi per le nubi, vuoi per la nebbia. Di solito pensando a paesaggi innevati si pensa a tante cose, come la bellezza del paesaggio, il poter sciare; in quei luoghi ammantati di neve non c’era nulla di tutto ciò, solo un’atmosfera cupa e deprimente.
Mi ricordo il freddo che ho provato, un freddo pungente nonostante il vestiario pesante (sotto la giacca imbottita aveva una maglia di pile e sotto una maglietta dalle maniche lunghe di lana); e se io vestito in quella maniera provavo quel freddo, che cosa dovevano aver provato le persone imprigionate lì, vestite solomente con abiti che erano poco più di pigiami (vedere foto)?

Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof - Vestiti prigionieri

Persone non solo vestite poveramente, ma anche deperite per il poco cibo che veniva dato, per i lavori che dovevano fare, minate non solo nel fisico ma anche nello spirito per essere considerati inferiori, per essere trattati come animali.
Anche se non ho fatto le foto delle foto esposte, mi ricordo fin troppo bene delle immagini di corpi smembrati, di tronchi aperti e svuotati perché dovevano essere studiati.

Campo di concentramento di Natzweiler-Struthof

Quella non fu una gita scolastica, ma un contatto con una delle parti peggiori dell’umanità, la parte più spietata, crudele, violenta e piena di odio di cui fascismo e nazismo sono stati portatori. Certe persone, prima di parlare di certe cose dovrebbero documentarsi. O forse si sono documentate, ma non gli importa: gli importa solo tirare acqua al proprio mulino, chiudendo gli occhi per portare avanti un’ideologia che hanno fatto propria ma di cui non voglio ammettere quanto sia stata bieca, distruttiva e omicida.

Spider-Man: Across the Spider-Verse

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Spider-Man: Across the Spider-VersePremessa importante per chi deve vedere per la prima volta Spider-Man: Across the Spider-Verse: è soltanto la prima parte della storia che racconta, quindi non si rimanga delusi per il finale tronco (o aperto, se si preferisce usare un termine più soft).
Le vicende riprendono dove sono state interrotte: Miles Morales (lo Spider-Man di Terra-1610), dopo aver scnfitto Kingping e aver fermato l’acceleratore di particelle della Alchemax che stava aprendo squarci nel Multiverso, si sta adattando al suo nuovo ruolo di supereroe. La vita prosegue come ogni Spider-Man che si rispetti: problemi quotidiani che si devono adeguare all’essere un supereroe (naturalmente la sua identità deve rimanere segreta), cui si aggiunge la mancanza che prova per Gwen Stacy, la Spider-Woman di Terra-65 che l’aveva aiutata a combattere Kingping insieme ad altri Spider-man provenienti da altrettanti universi, oltre a dover avere a che fare con un nuovo villain, a Macchia, uno scienziato che è stato mutato quando ha distrutto l’acceleratore di particelle (ora è capace di aprire dei portali, anzi, è megli dire che ci inciampa, dato che non ha un gran controllo sul suo potere) e che presto si dimostrerà essere più di quella macchietta che ora è.
Nel mentre, Gwen nel suo mondo ha problemi col padre, poliziotto, che crede che Spider-woman abbia ucciso nel suo mondo Peter Parker e ora vuole arrestarla; per tale motivo lascia il suo mondo ed entra a far parte della Spider Society guidata da Miguel O’hara, lo Spider-Man 2099 creato nel 1992 da Peter David e Rick Leonardi (è una versione futuristica dello Spider-Man di Peter Parker).
I loro destini s’incrociano di nuovo quando la Macchia comincia a interferire con altri mondi, cercando di assorbire l’energia dell’acceleratore di particelle appartenente a essi; Miles, giunto di nascosto su Terra-50101 seguendo Gwen, salva un poliziotto e sconvolge un evento canonico (esso è un evento fisso, che caratterizza ogni Spider-Man come può essere la perdita di una persona cara, tipo la morte dello zio Ben); avendo mutato tale evento, Terra-50101 comincia a collassare e per questo la Spider Society interviene per contenere l’anomalia.
Portato al quartier generale della Spider Society (dove ci sono centinaia di versioni di Spider-Man), Miles incontra Miguel O’hara che lo accusa di aver rischiato di distruggere l’intero Mulviverso sconvolgendo il Canone: tutti i mondi sono collegati e in ognuno di essi la storia dello Spider-Man che vi abita deve ripetersi sempre allo stesso modo. Alterarla come ha fatto lui è qualcosa che va assolutamente evitato: Miguel vuole scongiurare che questo avvenga, perché lui stesso, alterando un evento canonico, ha portato alla fine di un intero mondo; per questo dà ordine che Miles venga arrestato prima che cerchi di evitare un altro evento canonico (capisce che nel suo mondo suo padre morirà per mano della Macchia). Ma Miles riesce a scappare, sfuggendo e combattendo gli altri Spider-Man, con Miguel che praticamente diventa il villain della situazione combattendolo (emblematica la frase che viene detta quando viene visto come diventa Miguel per cercare di fermare Miles “Ma noi dovremmo essere i buoni”) e che rivela una verità sconvolgente: Miles è l’anomalia originaria, dato che non sarebbe mai dovuto divenire Spider-Man, visto che il ragno che l’ha morso proveniva da un altro mondo, un mondo che ora è l’unico privo di Spider-Man (senza contare che divenendo Spider-Man è stato la causa della morte di quello che già esisteva sulla sua Terra).
Miles riesce a fuggire dal quartier generale usando una macchina della Spider Society e a ritornare sul suo mondo; Miguel con altri Spider-Man si lancia alla sua caccia, ma Gwen e altri Spider-Man decidono di andare in aiuto di Miles, ma fanno una scoperta sconvolgente: lui non è nel suo mondo di origine, ma la macchina che ha usato l’ha mandato nel mondo di origine del ragno che l’ha morso, dove vieve catturato dallo zio di quel mondo (qui lui è ancora vivo, mentre è il padre a essere morto) e si trova faccia a faccia con il Miles di quella Terra (che pare essere cattivo).
Spider-Man: Across the Spider-Verse finisce così e può lasciare spiazzati, magari con l’amaro in bocca per essere a metà della storia e dover aspettare di vedere Spider-Man: Beyond the Spider-Verse (che dovrebbe uscire nel 2027). Rimane il fatto che si è davanti a un buon film, magari con una prima parte non eccezionale (devo dire che mi ha un poco annoiato), ma una seconda parte davvero molto bella, che ripaga la visione di questa pellicola.

Ddl sul contrasto all’antisemitismo e all’antisionismo

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Non molti giornali e media (si può dire tranquillamente pochissimi) parlano del ddl di cui si sta discutendo in questi giorni in parlamento, ovvero quello di contrastare l’antisemitismo. Riporto il testo comparso sul sito del Senato.

Legislatura 19ª – Disegno di legge n. 1627
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.

(Adozione integrale della definizione operativa di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto)

1. La Repubblica italiana, in attuazione della risoluzione 2017/2692 (RSP) del Parlamento europeo, del 1° giugno 2017, sulla lotta contro l’antisemitismo, adotta l’integrale definizione operativa di antisemitismo approvata nell’Assemblea plenaria dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance – IHRA), svoltasi a Bucarest il 26 maggio 2016.

2. Ai sensi della definizione di cui al comma 1 e ai fini della presente legge, per « antisemitismo » si intende una specifica percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree o non ebree, i loro beni, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto.

3. Le istituzioni della Repubblica, nel rispetto del principio di leale collaborazione, adottano misure per la prevenzione e la repressione delle manifestazioni di antisemitismo di cui al comma 2.

4. La Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si riunisce con cadenza biennale per analizzare la situazione dell’antisemitismo in Italia e per condividere le migliori pratiche.

Art. 2.

(Iniziative di formazione)

1. I Ministeri della difesa, della giustizia, dell’interno, dell’istruzione e del merito e dell’università e della ricerca promuovono corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua destinati ai militari, ai magistrati, al personale della carriera prefettizia, alle Forze di polizia, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado e ai docenti e ricercatori universitari. I corsi e i progetti di cui al presente comma sono specificamente dedicati allo studio della cultura ebraica e israeliana e all’analisi di casi di antisemitismo, nonché, con specifico riferimento alle Forze di polizia, alla formazione in materia di redazione dei verbali di denuncia di atti di antisemitismo. A tale scopo, il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, adotta, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, una « Guida pratica di lotta contro l’antisemitismo », contenente informazioni sulla legislazione vigente, indicazioni operative, modelli di verbali di denuncia e criteri per la definizione degli elementi costitutivi dei reati e delle circostanze aggravanti connesse a motivi di antisemitismo.

2. Il Ministro dell’istruzione e del merito istituisce, presso le scuole di ogni ordine e grado, corsi annuali di formazione rivolti agli studenti, al fine di favorire il dialogo tra generazioni, culture e religioni diverse, e di contrastare le manifestazioni di antisemitismo, incluso l’antisionismo.

3. All’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 3.

(Prevenzione e segnalazione di atti razzisti o antisemiti in ambito scolastico e universitario e relative sanzioni)

1. Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con i Ministri dell’università e della ricerca, dell’interno e della giustizia, sono definite le misure volte alla prevenzione e alla tempestiva segnalazione di atti a carattere razzista o antisemita nell’ambito scolastico e universitario, anche attraverso il coordinamento tra le istituzioni e le amministrazioni interessate.

2. Nei casi di violazione dei doveri di prevenzione e segnalazione di cui al comma 1, si applicano:

a) nei confronti del personale scolastico, le sanzioni di cui all’articolo 492 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;

b) nei confronti dei docenti e ricercatori delle università, il procedimento disciplinare e le sanzioni di cui all’articolo 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

Art. 4.

(Modifica al codice penale e disposizioni in materia di giustizia riparativa)

1. All’articolo 604-bis del codice penale sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

« La stessa pena si applica qualora la propaganda, l’istigazione o l’incitamento si fondano, in tutto o in parte, sull’ostilità, sull’avversione, sulla denigrazione, sulla discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele o sulla sua distruzione.

Per i reati commessi ai sensi del quarto comma, se l’offesa è recata con l’uso, in qualsiasi forma, di segni, simboli, oggetti, immagini o riproduzioni che esprimano, direttamente o indirettamente, pregiudizio, odio, avversione, ostilità, lotta, discriminazione o violenza contro gli ebrei, la negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, la pena è aumentata fino alla metà ».

2. Ai reati di cui all’articolo 604-bis del codice penale, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano le disposizioni di cui al capo II del titolo II del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, in materia di giustizia riparativa.

A molti questo non dirà molto oppure semplicemente non ci si soffermerà a riflettere, ma non ci si rende conto della gravità di quanto sta succedendo, ovvero in nome della sicurezza limitare se non sopprimere il dire la verità, come stanno le cose. Solo per fare qualche esempio, criticare il governo israeliano per i crimini che ha fatto a Gaza asserendo che non ha imparato nulla dalla storia e da quanto successo agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale da parte dei nazisti, ripetendo lo stesso errore, sarebbe antisemita e pertanto perseguibile penalmente. Criticare Netanyahu e il suo governo sarebbe antisemista. Qualsiasi critica alla distruzione, ai morti e alle azioni criminali commesse da Israele a Gaza sarebbe antisemita. Pretendere che il popolo palestesine sia tutelato e denunciare ciò che gli è stato fatto in questi mesi sarebbe antisemita. Criticare il sionismo sarebbe antisemitismo.
Qualcuno può asserire che queste sono solo illazioni, che nel dll non si fa riferimento a nulla di questo, ma non è un caso che sia stato presentato dopo le tante proteste contro governo e Israele e le manifestazioni a favore della Palestina: bisogna pensare al modo di agire del governo, un governo che ha accolto con tutti gli onori un assassino condannato all’ergastolo (Forti), ha scortato un altro assassino nel suo paese come se fosse un capo di stato (Almasri), ma che ha condannato come criminali chi portava aiuto a chi veniva massacrato (Flottilla) (tutto ciò ricorda un fatto famoso, ovvero ciò che hanno fatto sommi sacerdoti, farisei, scribi (tutta gente di una certa importanza nella società ebraica di un tempo) che hanno messo a morte un innocente solo perché diceva la verità, facendo liberare un delinquente (l’innocente è Gesù, il delinquente Barabba). Tanto per ricordare che dalla storia non s’impara nulla, facendola così ripetere). A pensar male si fa peccato però…però visto come stanno andando le cose non si può non capire la gravità del cercare di nascondere la verità, un difendere chi ha commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità; è un modo per travisare e stravolgere la storia (fra parentesi, secondo la ministra Roccella le gite scolastiche ad Auschwitz sono servite solo a fomentare l’antifascismo).
Se non fosse tragica la cosa, fa sorridere che in Italia si voglia perseguire chi critica un governo che ha commesso atrocità di ogni genere come successo nelle Seconda Guerra Mondiale da carnefici divenuti tristemente famosi, ma non si faccia nulla per chi fa manifestazione che inneggiano al fascismo e al suo regime, un regime che è stato causa di milioni di vittime con l’odio, la violenza e la cultura di morte di cui è stato portatore. Una grande contraddizione, ma non difficile da spiegare: non è difficile capire che un governo di destra sostenga un governo suo simile (è già successo per esempio nel caso Salis, col governo italiano schierato col governo ungherese; e pensare che fino a poco tempo prima il governo italiano diceva gli italiani prima di tutto (prima anche e soprattutto dell’Europa) ma evidentemente ci sono italiani più italiani di altri…). Come non è difficile capire che questo governo, in cui risiedono diverse linee di pensiero che hanno molto a che spartire col fascismo che ha causato la Seconda Guerra Mondiale e i suoi morti, stia cercando di lavarsi la coscienza stando dalla parte di Israele e degli ebrei (come se così facendo potesse cancellare quanto accaduto). Ma ci si dimentica una cosa: gli ebrei di allora non sono quelli di adesso. Gli ebrei della Seconda Guerra Mondiale erano vittime. Gli ebrei (o gli israeliani) di adesso, che hanno sostenuto Netanyahu e il masscacro perpretrato, sono carnefici. Non ci si dimentica del 7 ottobre e dell’attacco portato da Hamas (anche quello è stato un crimine), ma Israele è andato troppo oltre, sono stati massacrati volutamente civili innocenti ed è stato fatto con odio, il tutto mosso da ideologie estremiste e integraliste. Non si difende Hamas, perché anche lui è colpevole (un Hamas, va ricordato, sostenuto proprio da Netanyahu in passato), solo che c’è chi è più colpevole di altri e non ci sono innocenti tra Hamas e governo israeliano e chi l’ha sostenuto. Gli unici innocenti sono i bambini. Ma se si continua a voler nascondere la verità, a volerla cacciare, a volerla sopprimere, altri innocenti continueranno a essere uccisi.

Responsabilità

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Responsabilità è una parola che ultimamente viene usata di frequente (specie dai politici), soprattutto nelle ultime settimane per quanto ha riguardato la questione Gaza e Flottilla. Ma più che responsabilità si tratta di un non fare nulla, non prendere posizioni, che è proprio l’opposto di ciò che tanto viene proclamato. Nel modo in cui è usato, il significato di questa parola viene travisato, trasfigurato, distorto, manipolato; sì, si può parlare di manipolazione, perché si tratta di un tentativo di condizionare le persone e il loro giudizio, far sorgere in loro ripensamenti, condizionamenti, sensi di colpa. Giocando sul fattore responsabilità si vogliono spingere le persone ad agire nel modo che si ritiene più opportuno. Questo non lo fanno solo politici e governo: lo fanno le imprese con i loro dipendenti, lo fanno le istituzioni religiose, lo si fa all’interno delle famiglie.
Sia chiaro: non si sta criticando la responsabilità, ma il modo in cui viene utilizzata, perché di responsabilità, quella vera, ce n’è tanto bisogno in questa società, parte dal basso fino ad arrivare in alto (giungendo così proprio a quei politici che danno degli irresponsabili agli altri quando dovrebbero tenere per sé questo termine).
La responsabilità però ha valore solo se è una scelta personale, non se è qualcosa d’imposto, di preteso dagli altri, d’inculcato nella mente da famiglia, organizzazioni, enti per far muovere l’individuo su tracciati che portano a un loro tornaconto; a questo punto la responsabilità non è più un valore, ma un peso, qualcosa che rovina la vita e che non porta buoni frutti, che alla lunga può sfociare in rancori e risentimenti.
La responsabilità deve essere una scelta libera, fatta con consapevolezza perché si capisce appieno il risultato che certe scelte, azioni e comportamenti portano, si comprende appieno un certo modo di agire. Logicamente, per avere degli adulti responsabili, occorre che si venga educati da piccoli per avere le maggiori probabilità di averla, ma deve essere un’educazione volta a fare l’interesse dell’altro, non di avere un tornaconto personale; pertanto, ogni tipo di condizionamento e manipolazione deve essere evitato. Solo così si avranno persone davvero responsabili e solo così si eviteranno orrori come quelli che si svolgono in tante parti del mondo; soprattutto si eviteranno regimi, estremismi e integralismi di ogni sorta.

Into darkness - Star Trek

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Into darknessCi sono film che sono meglio di quelli originali e devo dire che, per me, Into darkness – Star Trek, è tra questi; è vero che non può essere definito un remake di L’ira di Khan, ma prende diversi spunti da esso, così da continuare la realtà alternativa creata con Star Trek – Il futuro ha inizio. I fan puristi legati alla saga principale l’hanno criticato, alcuni sono arrivati a dire che Into darkness non è Star Trek ma, personalmente parlando, mi è piaciuto più del film del 1982.
Tutto ruota al villain principale, Khan, una sorta di superuomo geneticamente modificato (sia come forza, sia come intelligenza) risvegliato da un’ibernazione lunga trecento anni per sviluppare un’armamento bellico avanzato, dato che c’è chi all’interno della Federazione pensa sia tempo che essa si militarizzi per combattere i pericoli che la minacciano, come i Klingon. Purtroppo, Khan presto sfugge al controllo di chi l’ha risvegliato, causando attentati contro la Federazione, dato che reputa che il suo equipaggio sia stato eliminato da essa; supposizione errata, dato che i suoi membri sono stati messi in stato di ibernazione all’interno di settandadue missili.
Kirk, Spock e i membri dell’Enterprise, dopo un attentato che costa la vita tra gli altri all’ammiraglio Pike, si gettano all’inseguimento di Khan, rifugiatosi su Kronos (pianeta natale dei Klingon), e vengono salvati proprio da lui dopo che erano stati rintracciati e attaccati dai Klingon; saputo che sulla nave hanno i settantadue missili, si consegna spontaneamente a loro, rivelando come stanno realmente le cose.
Verità che viene confermata quando vengono raggiunti da un’astronave della Federazione molto più all’avanguardia dell’Enterprise e soprattutto più pesantemente armata; l’ammiraglio Marcus, a capo della Vengeance, vuole eliminare tutti i testimoni e riprendersi Khan, ma le cose non vanno come pensa, con Khan che riesce a prendersi la sua vendetta su di lui e a lanciarsi sulla Terra per infliggere un duro colpo alla Federazione. Solo grazie a un sacrificio (qui a parti invertite rispetto a al film del 1982) l’Enterprise riuscirà a fermarlo.
Sia Into Darkness sia L’ira di Khan sono stati soggetti a critiche; il secondo, perché fece morire uno dei personaggi principali, sollevando tante polemiche che nel film successivo fu fatto resuscitare; il primo, perché riprende la stessa scena ma ne cambia l’interprete. Se si analizza a fondo, entrambe le pellicole hanno dei punti che possono essere contestati, quindi nel mio giudizio mi limito semplicemente a basarmi sul fattore noia: in L’ira di Khan c’erano dei momenti di stanca, in Into darkness no. Forse Into darkness è troppo adrenalinico, ma centra in pieno il suo scopo d’intrattenimento; non sarà un caposaldo della fantascienza come Alien o 2001: Odissea nello spazio, ma scolge a dovere il suo compito.

Ritrovare la capacità di pensiero

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Ritrovare la capacità di pensiero è la nona fatica che ho scritto (neanche fossi Ercole…) ed esce a distanza di tre anni dall’opera precedente (Racconti delle strade dei mondi), un lasso di tempo un po’ lungo, dato che solitamente avevo una cadenza annuale riguardo le pubblicazioni. Le ragioni sono diverse: uno, ho portato avanti due lavori in contemporanea (l’altro è il quarto capitolo della serie di I Tempi della Caduta, anche se per finire Ritrovare la capacità di pensiero l’ho lasciato un po’ indietro, avendone realizzato su per giù un terzo del suo totale); due, dati gli impegni extra scrittori, il tempo è stato più limitato (e non avendo più le energie dei vent’anni, ho potuto fare meno rispetto al passato), ma la vita e ciò che la riguarda viene in primis; terzo, non ho un team di supporto, faccio tutto da solo, quindi la velocità rispetto a chi fa diversamente è differete (ogni riferimento a Brandon Sanderson non è casuale 😉 ).
Che cos’è Ritrovare la capacità di pensiero?
Non è narrativa né saggistica… allora cos’é? Si può dire un insieme di riflesssioni di svariato genere, dove alla base di tutto sta il pensare. Pensare è un’attività che si basa sullo stesso principio del saper risolvere problemi algebrici e dell’avere una muscolatura tonica: si sviluppa e si mantiene con un’attività costante. Non si tratta di un dono divino e neppure un privilegio riservato a pochi eletti, ma è un qualcosa che appartiene a tutti quanti. Il livello di pensiero che si può raggiungere dipende dall’abitudine, dalla frequenza e dalla diversità dei modi con cui lo si usa: risolvere problemi pratici, leggere libri dagli argomenti più diversi, ma soprattutto osservare la realtà in modo obiettivo e distaccato senza esserne coinvolti. Ed è molto importante che sia il più elevato possibile perché se non si hanno buone capacità di pensare, si finisce per essere manipolati, influenzati e sfruttati da ciò che accade attorno a noi. Eliminare del tutto tali manipolazioni, influenze e sfruttamento è qualcosa di davvero difficile da attuare, ma sicuramente si può limitare il loro raggio d’azione e d’influenza sapendo usare la testa.
Senza voler essere una guida o un manuale per raggiungere un proprio equilibrio interiore, Ritrovare la capacità di pensiero, attraverso riflessioni che prendono spunto da letture, film, notizie con cui si ha a che fare tutti i giorni, ha l’intento, attraverso il confronto di idee, di mettere in moto la propria mente, aiutando e sviluppando così la capacità di pensare.
Quest’opera non cambierà il mondo (e non ha neppure l’intento di farlo) e neppure tante persone (probabilmente nessuna), però, andando al di là di essa, ritengo che sia oltremodo necessario, con tutto quello che sta succedendo, che il più gran numero di persone al mondo (soprattutto quelle nelle posizioni di potere), ritrovino la capacità di pensiero. (Visto che siamo in tema di pensare e riflettere, e dato che i media nazionali ciò non fanno, suggerisco di seguire il canale su Youtube Chora Media, perché oltre a essere interessante, ha molto da dare).

Occhi di gatto - La serie tv

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La serie tv di Occhi di gattoIn diversi della mia generazione (anni 80 o giù di lì) si ricorderanno dell’anime Occhi di gatto (era trasmesso quand’ero piccolo sulle reti Mediaset durante il programma Bim Bum Bam), tratto dal manga omonimo di Tsukasa Hōjō (lo stesso autore di City Hunter, opera successiva e in minima parte legata a Occhi di Gatto, dato che uno dei personaggi ha comprato il bar delle tre sorelle ladre); per chi non sapesse la storia, Sheila, Kelly e Tati gestiscono un bar che funge però da copertura per la loro reale attività, recuperare tutte le opere del padre, Michael Heinz, famoso artista degli anni ’40 scomparso e che sperano di ritrovare attraverso indizi ottenuti dalle opere che rubano. Sono passati tanti anni (troppi) da quando lo vedevo, ma da quel che ricordo, non c’era un finale, con ogni puntata dedicato a un furto e i tentativi vani della polizia (specie del detective Matthew Hisman, fidanzato di Sheila e completamente ignaro dell’identità della sua ragazza) di fermare le tre sorelle ladre.
Nel 2024 è stata realizzata una serie televisiva, adattata e ambientata in Francia. I nomi delle ragazze sono stati cambiati, così come quello del detective, ma si è rimasti sulla falsa riga dell’originale: le tre sorelle, dopo una separazione iniziale, si ritrovano e Sylia e Alexia devono costatare che Tamara aveva ragione, ovvero che il padre, collezionista d’arte, è stato ucciso, il rogo in cui è morto non è stato un incidente, ma un mezzo per coprire il furto delle opere che possedeva nella sua galleria. Attraverso il recupero di esse (in uno dei quadri è nascosta una scheda di memoria che il padre ha dato a Silya sospettando che stesse per succedergli qualcosa) si può fare luce su quanto accaduto.
Premesso che ho visto solo le prime due puntate trasmesse su Rai2, devo dire che la serie non mi è dispiaciuta (sinceramente, pensavo peggio): niente biglietti da visita usati come stelle ninjia, scarpe da tennis al posto di stivaletti coi tacchi a spillo (molto più adatte se si deve correre sui tetti e arrampicarsi o scedere dai palazzi), la serie tv ha una trama più precisa rispetto all’anime e soprattutto ha un unico nemico con cui aver a che fare. Certo non tutto è perfetto (i personaggi che scimmiottano altri personaggi non è proprio il massimo), ma Occhi di gatto è una visione godibile (almeno per il momento).

Il fantastico nella realtà e la realtà nel fantastico: alcuni esempi

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Visto il poco tempo che ho ultimamente per scrivere articoli (oltre agli altri impegni sto terminando di revisionare un ebook che vorrei far uscire a breve), ripropongo un vecchio articolo che avevo scritto anni fa su Fantasy Magazine.

L'Arazzo di Fionavar, esempio di letteratura del fantastico. Spesso la maggioranza delle persone ritiene che alla letteratura fantastica (fantascienza, fantasy e tutto ciò che è inventato e che non ha elementi inerenti la realtà) appartengono letture di serie b; una convinzione diffusa in tutto il mondo, ma che se si sta attenti ci si accorge essere ben radicata nell’orticello di casa nostra più che in altri posti. In Italia buona parte della critica sottovaluta e disprezza tali generi, molti lettori li ritengono una semplice lettura d’evasione e una bella fetta di scrittori si adegua a tale sistema, adattandosi alle regole del mercato, al massimo scimmiottando e realizzando brutte copie di opere famose del passato. Eppure ci sarebbe poco da disprezzare generi capaci dimostrare con grande lucidità la realtà, specialmente quella che appartiene al nostro paese.
Basti pensare a George Orwell che nel 1949 con l’opera 1984 racconta di una società dove gli individui sono totalmente controllati da un sistema governato da un onnipotente partito unico con a capo il Grande Fratello, un personaggio che nessuno ha mai visto di persona, che li monitora in continuazione attraverso teleschermi (televisori forniti di telecamera, installati per legge in ogni abitazione). Li sorveglia e li condiziona, uniformandoli alla stessa linea di pensiero decisa da chi è al potere: libero arbitrio, obiettività, criticità, sono elementi che vengono perseguiti e condannati.
A decine d’anni dalla realizzazione del romanzo, la realtà descritta da Orwell non è tanto un’invenzione: senza andare a parlare di governi dove la libertà personale è fortemente ridotta (basta pensare alla Cina o ai paesi dove sono al comando dei regimi), non si può non notare quanto la tecnologia abbia avuto influenza nella vita delle persone e quanto essa sia un sistema di controllo, atto a indurre le persone a seguire certe vie. Attraverso la manipolazione delle notizie (pochi giornali e telegiornali fanno vera informazione raccontando la verità, il reale stato dei fatti) si cerca di manipolare la massa: generare la paura e l’insicurezza è solo uno dei mezzi usati per attuare tutto ciò. Un altro mezzo è la pubblicità con il suo continuo bombardamento, che cerca di generare nelle persone bisogni, desideri che non sono i suoi, inducendo in loro la necessità di acquistare determinati prodotti per alimentare il mercato e spingerli a spendere, a far arricchire chi sta dietro tutto questo, dando linfa a una macchina più grande di quel che sembra perché tante sono le persone che vi gravitano attorno e che vanno mantenute. E non vanno dimenticati i reality e tutte quelle trasmissioni che cercano d’indurre mentalità, atteggiamenti, modi di vivere che sono costruiti ad arte per dare il via a mode che in un modo o nell’altro portano sempre a spendere dei soldi.
Non bastasse questo, negli anni Internet ha preso sempre più piede, diventando parte integrante della vita degli individui. Una vera e propria rete e non solo per i suoi tanti nodi che si collegano l’uno all’altro e portano sempre a nuove connessioni, ma perché accalappia, imbriglia le persone e non le fa più scappare, rendendole prigioniere (non sono pochi i casi in cui si è creata una vera e propria dipendenza tale da richiedere veri e propri ricoveri in cliniche specializzate), proprio come succede nella pesca dei tonni. Sì, le persone vengono proprie pescate, divenendo cibo e alimento per questo gigantesco mezzo che è la tecnologia, che potrebbe essere un aiuto e un supporto, ma nella maggior parte dei casi è una trappola, un costrutto per risucchiare informazioni e dare una conoscenza a gruppi di persone per attuare condizionamento e sfruttamento.
La gente prende sottogamba questo stato delle cose, ritenendo che i social network, i siti dove occorre registrarsi siano qualcosa d’innocuo, ma non si rende conto di quanto nascondono. I dati personali di ognuno, con tutte le preferenze delle proprie navigazioni e le informazioni che vengono date con commenti, acquisti e click su “mi piace” sono monitorate e analizzate per fare studi di mercato, per capire cosa la gente vuole e quali prodotti può voler acquistare; a seguito di ciò non ci si deve meravigliare se si viene bersagliati continuamente da pubblicità, da spam di ogni sorta. Senza contare l’elevato numero di truffe in cui ci si rischia di trovare se non si ha un minimo di attenzione.
A tutto ciò va aggiunto il tentativo e la spinta dei governi di far effettuare pagamenti di ogni sorta attraverso carte di credito o bancomat, così monitorare tutti i movimenti economici dell’individuo: una questione di trasparenza e sicurezza, viene asserito, ma la verità va molto più a fondo e va a toccare gli interessi di chi è al potere, così da poterne accumulare ancora di più.

Starcrash

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StarcrashStarcrash è uno di quei film che conoscono in pochi e in tanti direbbero che è meglio così, dato che ha una regia, una sceneggiatura e una recitazione di così basso livello da far cascare le braccia. Eppure, è così trash che a me ha fatto morire dal ridere. Si tratta di una pellicola del 1978 e già dal titolo si capisce che si rifà al più famoso Star Wars di Lucas, senza avvicinarsi nemmeno lontanamente a questo lavoro; ma Star Wars non è l’unica cosa cui di riferisce: si cita il pianeta Arrakis anche se non c’entra nulla col Dune di Herbert, il villain ricorda quello di Flash Gordon (ma è molto più… scadente, diciamo così). Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una parodia alla Balle spaziali, ma purtroppo non è così: il film si prende sul serio. Eppure, con dialoghi che fanno cascare le braccia, attori con un’espressività pari a zero, trovate di regia che è meglio lasciar perdere, il film fa divertire per quanto è ricolo (la cosa probabilmente non è affatto voluta).
La piratessa spaziale Stella Star (…) e il suo fido compagno Akton (dotato di capacità supernormali…) dopo aver soccorso un’astronave dell’Impero, vengono catturati dal malvagissimo Conte Zarth Arn (!), che manda due ciofeche di robot a uccidere l’unico sopravvissuto che i due prigionieri hanno soccorso. Ma la nostra eroina (sigh) riesce a fuggire (con Stella Star da qui in poi quasi sempre mezzo svestita, anche quando va su un pianeta con migliaia di gradi sotto zero, arisigh…), salvo venire di nuovo subito catturata, Ma è una finta cattura: la polizia spaziale è venuta a liberarla perché li aiuti a combattere contro il conte; prima però bisogna salvare Akton. Detto fatto: un secondo dopo Akton ricompare libero (ma non l’avevano mandato su un altro pianeta? E la missione di salvataggio? Mah…)
Il capo della polizia Thorn e il robot Elle si uniscono al duo e partono per trovare la pericolosissima e temutissima arma del conte, così grande che ci vuole un intero pianeta per celarlo alla vista (…). Vanno su un pianeta ghiacciato e lì Thorn si rivela essere un traditore. Sopravvivono senza fare niente alla pericolossima arma del conte e arrivano su un altro pianeta dove Stella Star viene di nuovo catturata (e tre) da un gruppo di ominidi (chi ha detto Il pianeta delle scimmie?). Ma la nostra eroina viene salvata da un individuo misterioso che altro non è che… Michael Knight! No, è Mitch Buchannon! No, è… insomma avete capito che sto parlando dell’attore David Hasselhoff, che qui si rivela essere il figlio dell’imperatore. Scoprono che il pianeta dove sono è la base del conte, ma vengono di nuovo catturati (e quattro); si liberano di nuovo, ma Akton, ferito di striscio a un braccio, muore (ma che…). Arriva l’imperatore che ha poteri così grandi da fermare il tempo (ma se è così potente, perché non ha fatto tutto lui fin da subito?) e li fa partire in un attacco a sorpresa contro la base spaziale del conte; la vittoria arriva e la pace cala sull’universo.
Con un’eroina che viene catturata ogni tre per due (viene presa ancha da un gruppo di amazzoni che usano le lance ma non le sanno nemmeno tenere in mano (però stanno bene in costume)), battaglie ridicole (ce n’è pure una con un robot gigante con le tette… chi ha detto Aphrodite A?) che sembra uscire dal futuro Scontro tra titani (questo film arriverà nelle sale nel 1981), Starcrash è talmente una…, sì, lasciatemelo dire, una boiata che non ci si può non divertire.