La vita rende quello che si fa.
E’ una legge insita nell’esistenza, come lo è la legge di gravità relativa al pianeta Terra. Una legge conosciuta da tutte le popolazioni del passato, trasmessa attraverso le loro filosofie e religioni, dato che la conoscenza acquisita nei secoli aveva fatto comprendere che ogni azione ha delle conseguenze, alcune subito visibili, altre invece che arrivano con il tempo, frutto o pagamento di quanto perpetrato.
Per questo le religioni che credono nella reincarnazione hanno insegnato ad agire in una certa maniera per giungere alla conclusione del Samsara, il ciclo di nascite/morti, e arrivare al Nirvana, giungendo alla liberazione del flusso di vite da vivere attraverso le quali ci si purifica dalle scorie accumulate (i semi del karma) e attraverso tale esperienza ci si illumina. Se questo non avviene, le scelte si pagano nella vita successiva, dove si subisce sulla propria pelle quanto fatto agli altri (una sorta di espiazione per comprendere gli errori commessi ed evolvere nel cammino verso l’illuminazione, liberandosi del karma negativo accumulato), o vengono ricompensate se meritevoli (accumulando karma positivo), continuando tuttavia il ciclo di rinascite finché i residui del Karma non si saranno estinti. Elemento necessario perché questo accada è l’accorgersi di questa realtà e divenire consapevoli dei lati erronei, dei blocchi da superare e da non ripetere più.
E’ quello che dovrebbe accadere anche quando viene inflitta una condanna dal sistema giudiziario dei paesi civili, ma di cui purtroppo si è perso il fine, dove il giudizio emesso è solo un modo per eliminare dalla società qualcuno considerato dannoso, un eliminare un pericolo per la comunità, un togliere da sotto gli occhi un modello fastidioso che se non ci si sta attenti si rischia, se non si hanno educazione, valori, integrità, di attuare a propria volta. Purtroppo il sistema si concentra solo sull’impedire a chi ha fatto errori di non perpetrarli per un certo periodo e spesso la paura di finire di nuovo reclusi non è sufficiente a impedire a una persona di commettere gli stessi errori; il sistema non si concentra su una rieducazione della persona per fargli comprendere dove ha sbagliato, e per questo essa continua a ripetere gli stessi copioni.
Un lavoro quello della rieducazione certo faticoso, che richiede un prezzo da pagare commissionato in ugual misura allo sbaglio commesso: un’espiazione che è volta a portare del bene dove è stato fatto del male. E’ quanto faceva l’Oracolo di Delfi nei confronti di chi aveva delle colpe cui fare ammenda: non carcere o prigionia, ma rendere in maniera uguale e contraria quanto era stato fatto. L’esempio più conosciuto è il mito di Eracle, il famoso eroe che fu fatto impazzire da Era perché simbolo dell’infedeltà di Zeus, facendogli uccidere la moglie e i figli; per tale colpa l’oracolo gli impose di servire Euristeo, che lo sottopose alle famose dodici fatiche. Fatiche che servirono per fargli conquistare la purificazione dalle colpe commesse.
Tale regola viene enunciata dalla religione cristiana attraverso una preghiera che fin da piccoli ai credenti viene insegnata, il Padre Nostro. Il passo “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” nasconde il potere di questa regola della vita: nella maniera in cui agiamo, ci viene restituito. Pochi fanno attenzione a questa verità, ripetendo, quando accade, meccanicamente una preghiera senza comprendere cosa si sta dicendo e soprattutto quale insegnamento si sta perdendo; sarebbe meglio invece farlo perché non accada che “se stai portando la tua offerta all’altare di Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì l’offerta davanti all’altare e vai a far pace con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta. Se uno è in lite con te e ti porta in tribunale, fa presto a metterti d’accordo con lui mentre tutti e due siete ancora per strada; perché lui può consegnarti al giudice, e il giudice può consegnarti alle guardie per farti mettere in prigione. Io ti assicuro che non uscirai di là fino a quando non avrai pagato anche l’ultimo centesimo” (Matteo 5, 23-26). In questo passo non si sta parlando solo del rapporto con le altre persone, ma anche della legge finora enunciata, ammonendo ed esortando a essere sempre vigili e a non lasciar mai correre nulla, perché se non si rimedia agli errori, agli atteggiamenti sbagliati, questi perseguitano e non importa quanto tempo gli occorra, arrivano sempre a reclamare il prezzo di quanto fatto.
L’inconsapevolezza non protegge dalle leggi dell’esistenza; il voler ignorare di proposito certi comportamenti reputando che non possano avere conseguenze, ritenendosi intoccabili, che il prezzo da pagare tocchi agli altri e mai a se stessi, è pura presunzione e illusione. “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per avere subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Luca 13, 2-5.) Ancora una volta l’ammonimento a essere consapevoli, ad accorgersi dei meccanismi della realtà, a cambiare modo di vedere e di vivere.
Tutte queste cose ai più possono sembrare coincidenze, ma si tratta solo di un’illusione: tutto ciò è sempre la stessa realtà, solamente che di volta in volta si veste in maniera differente a seconda del contesto e delle persone con cui ha a che fare, in modo da riuscire a insegnare agli individui con le maggiori probabilità di successo. Modi di fare che anche se differenti sono collegati tra loro, dato che provengono dalla stessa origine, da quella fonte dalle quale nasce ogni forma d’esistenza.
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