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By M.T., on Luglio 7th, 2024% Con Berserk 42 (edizione Collection, che unisce i numeri 83 e 84 dell’edizione regolare) riprende la narrazione delle vicende di Gatsu e compagni dopo la morte di Kentaro Miura. Basandosi su quanto lasciato dal creatore del manga, con i disegni realizzato dalla Studio Gaga e la supervisione di Kouji Mori, la storia continua dalla rivelazione che il bambino della Luna altri non era che Grifis, risvegliatosi da quello che era stato una sorta di sogno in cui lui, in una notte di plenilunio, diveniva un bambino e assaporava il calore di una famiglia. Per chi non ha seguito tutta la storia di Berserk, la cosa può sembrare complicata. Gatsu e Caska stavano aspettando un bambino prima dell’avvento dell’Eclissi; sarebbe stato solamente loro se non fosse stato per lo stupro perpetrato ai danni di Caska da Grifis rinato come Phemt, il quale contaminò il feto con il male derivante dalla sua nuova condizione. Sopravissuti alla strage, Gatsu e Caska videro nascere prematuramente il feto/bambino, deforme ma con poteri derivanti dal Grifis. Al tempo dei Capitoli della Condanna, ormai in fin di vita, il feto fu accolto da una strana creatura che utilizzando un Bejelit fece rinascere Grifis come uomo, dando il via a una nuova era. Il Grifis rinato era sì Grifis, ma aveva anche una parte del bambino di Gatsu e Caska e questa giustifica il suo voler passare del tempo con loro e assaporare quell’affetto cui un bambino anela.
La comparsa di Grifis sull’isola degli elfi ha un effetto sconvolgente: Caska rivive il trauma provato durante l’Eclisse, Gatsu va in berserk attaccando Grifis, l’isola viene attaccata da una sorta di marea/blob oscura. Nonostante tutto il suo impegno, Gatsu non riesce a colpire una sola volta il nemico, che rapisce Caska e vola via sulla schiena di Zodd arrivato sull’isola in volo. Il Guerriero Nero rimane sconvolto per non essere riuscito a infliggere un solo colpo; lui che non aveva mai creduto in niente, ma solo sulla sua spada, si vede venire meno l’unica convinzione che aveva. Sentendosi tradito, crolla. Salvato ancora una volta (lui e gli altri compagni) dal Cavaliere del Teschio, Gatsu viene messo al sicuro sulla nave con il quale sono arrivati mentre l’isola degli Elfi collassa e le creature fantastiche si dissolvono lasciando il mondo reale; così, uno sconvolto Isidoro vede svanire davanti a sé Isma (in parte sirena), tenendo tra le mani l’unica cosa che resta di lei, i vestiti.
Altrove, nella città di Falconia, Caska viene servita e trattata come una principessa, ma si capisce da subito che non è se stessa, è come se fosse in trance, vittima di un’ipnosi; riesce a uscire da questo stato e tenta di ribellarsi e scappare, ma viene ripresa e riportata nello stato in cui era costretta.
Sulla nave, le streghe e i maghi fuggiti dall’isola ormai scomparsa stanno perdendo i loro poteri, dato che non c’è più l’albero di ciliegio da cui traevano la magia, e così tutto quanto riguarda ciò che viene dal mondo spirituale dipende da Farnese e da Shilke. E mentre la piccola maga si appresta a dare il via a un rito per mettersi sulle tracce di Caska, e Gatsu deve fare i conti con lo spirito della sua armatura, la nave viene assalita dai Kushan.
Cosa dire del primo volume realizzato senza Kentaro Miura?
Per quanto riguarda la storia, è ancora presto per dare un giudizio, dato che non ci si è allontanati molto dalle ultime vicende narrate da Miura; l’unica cosa che ci può notare (non si sta dando una connotazione negativa alla cosa, è solo una costatazione) è che ci sono meno dialoghi rispetto a certi volumi realizzati dal Kentaro (questo però non vuol dire molto, dato che anche per certi capitoli l’autore di Berserk non ne ha usati molti, basta vedere il volume 80 dell’edizione regolare).
Per quanto riguarda i disegni invece, il livello rimane alto e non delude; certo, Miura era Miura, ma i membri dello Studio Gaga hanno reso onore al compianto mangaka dimostrando grande impegno e perizia.
Mori e Studio Gaga in questo Berserk 42 sono stati convincenti: ci si augura che continuino così (e anche meglio se possibile, così da dare una degna conclusione a questa lunga storia.)
By M.T., on Giugno 13th, 2021% La storia di Gatsu al momento è un’opera incompiuta a causa, purtroppo, della scomparsa del suo creatore, Kentaro Miura; alcune affermazioni del suo assistente possono far sperare che l’opera venga continuata fino a giungere al suo compimento, ma non ci sono conferme di tutto ciò. Essendo Miura una persona riservata, non è dato sapere se abbia lasciato appunti su come proseguire la storia di Berserk; anche se così fosse, chiunque proseguisse il suo lavoro non potrebbe realizzarlo come Miura (un po’ come successo con Sanderson e Jordan con la Ruota del Tempo). Miura era Miura e nessuno potrà fare come lui; questo non va inteso che era inarrivabile, ma che come essere umano, come tutte le persone esistenti, era unico e non esiste alcuno capace di avere le stesse idee nello sviluppare un lavoro. Nessuno potrà realizzare il finale che Miura avrebbe disegnato per Berserk e pertanto non conosceremo che conclusione aveva in mente di dare alla sua grande opera.
Tuttavia, in molti vorrebbero conoscere come si concludono le vicende di Gatsu e Grifis. Ben conscio che quanto ho scritto non potrà mai essere quello che Miura voleva fare con Berserk, ho provato a immaginare un finale per questo grande manga; la mia non vuole essere presunzione, ma un rendere omaggio, con un piccolo tributo, a un autore che ha saputo dare tanto ai suoi lettori.
L’Ammazzadraghi affondò nell’avversario, tagliandolo a mezzo. I due tronconi del corpo volarono nell’aria, spargendo sangue ovunque.
«Guerriero Nero» fu tutto quello che l’Apostolo riuscì a ringhiare prima che lo spadone lo decapitasse.
Con l’armatura lucida di sangue, Gatsu osservò la testa rotolare lungo il pendio, i denti del mostro che sembravano fare di tutto per centrare ogni pietra lungo la sua rovinosa discesa. Davanti a lui, la coltre di neve rendeva il paesaggio immacolato, qualcosa di candido e puro come appariva l’uomo che stava sulla collina lontana. Era solo un’illusione, proprio come la neve; per qualche tempo poteva celare la realtà, ma non poteva cancellare quello che si nascondeva sotto la sua superficie, non poteva farlo sparire: prima o poi si sarebbe sciolta e avrebbe scoperto tutti i cadaveri che marcivano sul terreno.
Gatsu trasse un lungo respiro prima di piantare l’Ammazzadraghi per terra. Sembrava che fosse stato in quelle lande una vita fa. E in un certo qual modo era proprio così: del giovane uomo che era partito alla ricerca della propria strada non rimaneva più nulla. Quello che era adesso non era nemmeno l’ombra di quello che era allora. Oppure, quello che era allora era soltanto una maschera di ciò che doveva diventare. Forse era vero quello che gli aveva detto quel vecchio. “L’uomo s’illude di essere il fautore della propria vita, ma esistono elementi superiori che guidano e controllano il destino di ognuno di noi.”
Un sordo cozzo lo riscosse dai pensieri. La testa dell’ultimo Apostolo si era fermata alla base di un albero, la bocca aperta in un ghigno sdentato.
Gatsu strinse con forza l’impugnatura della spada. No, non avrebbe mai accettato una cosa del genere: farlo sarebbe significato arrendersi. Farlo avrebbe voluto dire essere allo stesso livello della progenie infernale che aveva fatto piovere morte sulla terra.
Se le centinaia di cadaveri dilaniati degli Apostoli e dei guerrieri diabolici alle sue spalle avessero potuto parlare, avrebbero potuto obiettare a quel pensiero. Se in quella valle ci fosse stato un solo uomo vivo, avrebbe potuto sussurrare sgomento il nome che a Gatsu era stato dato un tempo: l’Ecatombe. Anche se fosse stato così, il Guerriero Nero non ci avrebbe badato, avendo occhio solo per la figura davanti a lui, continuando ad avanzare risoluto, pronto a travolgere qualsiasi ostacolo si fosse parato sul suo cammino.
Gatsu riprese a muoversi, non prima però di aver sputato un pezzo di chela di un Apostolo che aveva finito a morsi. Il mondo davanti a lui ondeggiò: la stanchezza stava reclamando il tributo per tutte le ore che aveva combattuto. O erano giorni?
Non lo ricordava più: per lui il tempo aveva perso significato. Molto probabilmente era una vita che quel combattimento andava avanti, con nemici che non facevano che comparire uno dopo l’altro, apparentemente senza fine.
Invece la fine era giunta: li aveva uccisi tutti. Restava solo uno di loro da prendere, quello più importante. Ma era così esausto, così…
Ricacciò indietro la stanchezza con le fiamme della sua furia, alimentandole con la memoria di chi era caduto.
Pak, morto assieme al suo popolo e alle streghe che avevano combattuto con loro per difendere l’isola dall’invasione dell’esercito dei guerrieri diabolici. Il suo piccolo corpo era stato schiacciato su una pietra come fosse stato un insetto. Non lo avesse visto accadere, non avrebbe riconosciuto quella poltiglia sanguinolenta come l’elfo che tanto gli era stato al fianco cercando di farlo sorridere e di ricordargli che aveva una coscienza.
Isidoro, il ragazzino che lo aveva preso a modello e aveva tentato di emularlo, dilaniato dalle fiamme esplose dal corpo di Gurnbeld quando la bomba che gli aveva infilato in gola era deflagrata.
Farnese, consumata dalla stessa magia che aveva evocato per rallentare l’armata di guerrieri diabolici e permettere loro di raggiungere una miglior posizione difensiva.
Shilat e i Tarpasa morti eliminando Laqshas.
Rickert, trafitto dai dardi di Arwein mentre cercava di azionare l’ultima ballista di sua invenzione.
Serpico, impalato da Rocks, tenuto sollevato dal suolo come un trofeo, che, con l’ultimo alito di vita, era riuscito a trapassare la testa dell’avversario con la sua spada di spiriti del vento.
Il Cavalier del Ponte, incornato e sventrato da Zod prima che riuscisse a decapitare l’Apostolo con l’Ammazzadraghi.
Isma, arsa viva tra le fiamme dell’isola degli elfi.
Shilke, che aveva sacrificato la propria vita per aprire un varco verso la Mano di Dio e permettere che la sconfiggessero una volta per tutte.
Il Cavaliere del Teschio, che finalmente aveva trovato la pace eliminando i Quattro della Mano di Dio, risucchiandoli, e facendosi risucchiare, in una dimensione dove neppure la morte poteva esistere.
E poi, c’era Caska. Nonostante ricordasse l’Eclissi, quello che aveva fatto Grifis e l’inferno che avevano passato dopo di essa, quando lo aveva rivisto nelle sembianze del Falco, come era stato ai vecchi tempi, aveva creduto che le cose potessero essere sistemate. Proprio come al tempo in cui lui e Grifis avevano duellato all’alba, su una collina nei pressi della capitale. E proprio come allora le sue illusioni erano state infrante. Caska, che aveva tanto voluto…
Il mondo attorno a Gatsu divenne un pozzo d’oscurità che cercava di chiuderglisi copra; solo la figura bianca dinanzi al suo occhio gli impediva di farlo.
Nel momento in cui raggiunse la sommità della collina, l’altro si voltò verso di lui. «Ma tu stai ancora strisciando nel mondo dei vivi» disse serenamente. Le stesse parole dopo che era divenuto Phemt, Il Falco delle Tenebre. «Mi fa piacere.» Abbozzò un lieve sorriso.
Un ringhio salì dalla gola di Gatsu. “Come osi guardarmi in quel modo, come se niente fosse cambiato tra noi?”
«Hai intenzione di tenere sempre quel muso lungo?» Grifis inclinò un poco il capo di lato, facendo cadere una ciocca di capelli oltre le spalle.
Gatsu mosse un passo in avanti, stringendo l’Ammazzadraghi con forza.
Grifis sollevò leggermente un sopracciglio. «Usi la spada prima di qualsiasi altra cosa. Sei sempre lo stesso.»
«Grifis.» L’armatura del Berserk fremette sotto il ringhio di Gatsu.
«E come al solito lasci una scia di sangue sul tuo cammino.» Grifis diede uno sguardo alle impronte macchiate di rosso che il Guerriero Nero aveva alle spalle. «Sei capace di vivere solo per la lotta. Ti basta brandire una spada per sentirti vivo.» Si voltò verso le guglie splendenti di Falconia. «Un uomo che combatte senza una meta è come un cane che corre dietro i carri.»
«Io combatto per uno scopo preciso.»
Grifis sorrise alla dura affermazione dell’altro. «Tu vuoi uccidermi per quello che ho fatto. Anche questa può essere una meta. Ma è una meta limitata. Non hai mai saputo pensare in grande. Non hai mai pensato a costruire nulla.» Sospirò. «Più è grande ciò che si vuole creare, più si richiedono sacrifici. Ricordo tutte le vite che ho preso, ma non ne sono pentito, perché sono servite per creare un nuovo mondo, un nuovo ordine, come mai c’è stato prima. Non riesci a vedere la bellezza di tutto ciò?»
«Puoi ammantare il mondo che hai creato con tutto il bianco esistente, puoi far credere a tutti di essere il Falco di Luce» ringhiò sprezzante Gatsu «ma io conosco l’oscurità che si cela dentro di te, di come sei disposto a tutto per il tuo sogno.»
«E tu mi hai aiutato a raggiungerlo: sei stato la mia mano insanguinata, prima combattendo al mio fianco sui campi di battaglia, poi come assassino. Scommetto che ti tormenta ancora la morte del figlio del nobile Julius, vero?» Grifis voltò leggermente il capo in direzione di Gatsu. «Senza contare che, se sono quello che sono ora, è colpa e merito tuo. Se tu non fossi egoisticamente partito per trovare la tua strada, nulla di quello che è accaduto dopo si sarebbe verificato. Io non sarei stato imprigionato, la Squadra dei Falchi non sarebbe stata perseguitata come una banda di banditi; non ci sarebbe stata nessuna Eclissi e tutti i nostri compagni sarebbero ancora vivi. Io avrei avuto il mio regno in tutti i modi, anche se non sarebbe stato altrettanto bello e luminoso. Invece… è accaduto quello che è accaduto perché tu hai tradito la mia amicizia.»
Gatsu sputò un grumo di sangue sulla neve. «Tu non puoi parlare di amicizia: tu non hai mai avuto amici, non hai mai ritenuto nessuno all’altezza di esserlo. Perché per te un amico è una persona che insegue il suo sogno ed è disposto a tutto per raggiungerlo e difenderlo, anche se questo significasse opporsi a te.»
Grifis si voltò del tutto, sbarrando leggermente gli occhi. «Tu hai sentito il mio discorso a Lady Charlotte.» Per un attimo rimase senza parole. Poi sorrise. «Adesso capisco perché quel giorno te ne sei voluto andare. Ora capisco perché ho perso quel duello. Tu volevi davvero essere mio amico…»
Gatsu menò un fendente nell’aria, facendo volare via la neve dal terreno. «Non osare dire quella parola.»
Il corpo di Grifis fu scosso da una bassa risata. «E tu vorresti uccidermi, ora che sei riuscito a raggiungere il tuo sogno? Ora che ti riconosco come mio pari?»
«Non m’importa quello che pensi di me. Sono qui per farla finita con te.» Gatsu gli puntò contro l’Ammazzadraghi. «Avevo rinunciato alla vendetta, ero disposto a smettere di combattere, ma tu…» la voce tremò di rabbia «tu sei venuto a cercarmi di nuovo, incapace ci concepire che qualcuno non fosse sotto il tuo controllo.»
«L’incontrarti di nuovo è stata una coincidenza: sono andato sull’isola perché mi serviva che fosse distrutta.» Ma negli occhi di Grifis, solitamente calmi e inespressivi, brillò all’improvviso una luce dura, famelica. «Tuttavia, come ti ho già detto una volta, tu sei mio. Se l’avessi capito da subito, non avresti vissuto nel dolore, nel rimpianto di cosa stai perdendo continuando ad andare avanti per inseguire la tua strada.»
Gatsu portò lo spadone sopra le spalle, pronto ad attaccare. «Questo non ha più importanza. Quello che conta ora è che è venuto il tempo di pagare per le tue scelte. Come tu mi hai privato di quello che per me era importante, io ora ti priverò del tuo sogno.»
Grifis scosse il capo. «Non puoi distruggere da solo un regno così grande.»
«No, ma posso portare via tu da esso.»
Il volto di Grifis d’incupì. «E come pensi di fare? M i hai sconfitto quando ero un uomo, ma nulla hai potuto dopo la mia rinascita. Non puoi nulla contro il Falco di Luce. E poi, davvero saresti in grado di uccidere colui grazie al quale il figlio tuo e di Caska ha potuto vivere?»
A quelle parole Gatsu tentennò, ma fu solo un istante. «Tu non hai avuto merito in tutto questo.» L’Ammazzadraghi cominciò a essere avvolta da tenebre sempre più dense che si allargavano fagocitando ogni cosa.
«Ma che…» la sicurezza di Grifis vacillò.
«Questa spada si è permeata del sangue degli Apostoli che ho ucciso, assorbendo sempre più l’essenza della dimensione da cui venite. Come mi ha detto Shilke, ne è talmente satura che posso squarciare il velo tra i mondi e attraversarlo.» Gatsu snudò le labbra del suo muso da lupo. «E tu, Grifis, verrai con me. Dì addio al regno che tanto hai sognato di avere.»
Grifis ebbe appena il tempo di estrarre la spada e parare il colpo che l’avrebbe tagliato a metà. Ma nulla poté sulle tenebre che si chiusero su di lui.
“La terra, seppur dilaniata e ferita, lentamente riprese a guarire. Le guerre imperversano, i re e i regni passano, ma alla fine è sempre lei a vincere. Gli uomini superstiti uscirono dai loro rifugi e ripresero a vivere, increduli di essere sopravvissuti a tanta distruzione. Per un po’ la paura fu loro compagna, ma presto li abbandonò, perché non c’era più nessun mostro al mondo. Troll, guerrieri diabolici, incubus, cockatrici, kelpie: tutti erano spariti. Anche gli elfi e altre creature spirituali se n’erano andati, Così pure la magia. Non rimaneva più nulla del mondo passato. Solo nelle notti più buie c’è chi dice di sentire le urla del falco e del lupo che si scontrano nella loro lotta eterna.”
La donna richiuse il libro mentre la bambina le adagiava la testa sulle gambe.
«Sai, mamma» disse la piccola «mi sarebbe piaciuto vedere gli elfi.»
La donna sorrise, carezzandogli i capelli. «Lo so.»
La bambina osservò una farfalla volare di fiore in fiore. «Pensi che il falco tornerà?» chiese preoccupata.
«No, c’è il lupo a tenerlo a bada e a impedire che torni nel mondo.»
«Ma se il falco fosse più forte di lui?» domandò la bambina con ansia.
La donna sorrise con fare rassicurante. «Non c’è nessuno più forte del lupo.»
La piccola si tranquillizzò, restando ferma a bearsi delle carezze della madre e dei colori del prato fiorito. In lontananza le nubi cominciarono a tingersi dell’arancione del tramonto.
«Lady Caska.» La donna si voltò verso l’uomo che si stava avvicinando. «La cena è pronta.»
La bambina si rizzò subito in piedi. «Che cosa c’è di buono?»
«Arrosto di vitello con contorno di patate, piccola Lady» rispose cordialmente l’uomo. «Seguito da crostata con marmellata di more.»
«La mia preferita!» La bambina batté le mani estasiata. «Andiamo, mamma!»
Caska sorrise, alzandosi. «Arrivo subito. Poldur, puoi accompagnare la piccola Farnese mentre mi attardo un attimo?»
«Certamente , Lady Caska.»
Farnese prese la mano di Poldur. «Oggi sarai il mio cavaliere.»
L’uomo le rivolse un cordiale inchino. «Come desidera, piccola Lady.»
Caska li osservò dirigersi verso la città, sentendo la figlia raccontare a Poldur di quanto era forte il lupo e di quanto gli sarebbe piaciuto incontrarlo.
«Anche a lui piacerebbe» mormorò mentre il sorriso svaniva e un’espressione malinconica prendeva il suo posto.
Così tanto era andato perso. Eppure quello che avevano ottenuto era qualcosa d’inestimabile: per la prima volta da migliaia di anni, il destino degli uomini era solamente nelle loro mani. Niente più spiriti a influire nelle loro vite, niente più Mano di Dio a usarli come strumenti, né magie ed esseri diabolici a intimidirli: ora il mondo sarebbe stato forgiato solo dalla volontà e dalla forza degli uomini, nel bene e nel male.
Si portò una mano al seno, dove un tempo c’era stato il Marchio, sparito otto anni prima quando il figlio suo e di Gatsu le aveva salvato la vita sull’isola degli Elfi. Non avevano fatto in tempo a dargli un nome. Non avevano nemmeno capito chi era se non quando aveva rivelato la sua vera natura ergendosi a fermare Grifis e a impedire che la eliminasse.
“Judo: penso che gli sarebbe piaciuto come nome.” Parte figlio suo e di Gatsu, parte figlio di un’Eclissi e di una rinascita dovuta a un Bejelit. Ma il bambino era molto di più: era l’incarnazione dello spirito della prima squadra dei Falchi, di tutti i sogni e le memorie dei loro compagni caduti. Quei compagni che si erano riversati nella breccia creata dal sacrificio del bambino dal mondo in cui la morte li aveva portati: in quell’inferno di mostri di ogni sorta, era stato bellissimo e straziante vedere il bambino dissolversi in un lampo di luce e al suo posto riversarsi al galoppo sul campo di battaglia tutti i vecchi compagni. Judo, Pipin, Kolcas, Gaston…erano solo ombre degli uomini che erano stati, ma avevano combattuto come tali, fermando le schiere di Grifis, decimandole, permettendo loro di sopravvivere e combattere.
Incontrarli di nuovo, vedere come avevano sorriso a lei e a Gatsu prima di dissolversi come nebbia per tornare nel luogo cui ora appartenevano, era stato come tornare indietro nel tempo, rivivere i loro anni d’oro, quando erano nel pieno della vita. La loro comparsa li aveva salvati in più di una maniera, soprattutto Gatsu: rivedere quella che era stata quella famiglia che non aveva mai avuto, aveva impedito che la furia del Berserk lo consumasse completamente. Dopo di allora, quella spaventosa energia si era assoggettata al suo volere, senza più aver possibilità di controllarlo.
Ma forse, forse non era stato tutto merito loro: Gatsu era cambiato da quando lo aveva conosciuto. Ai tempi della Squadra aveva combattuto solo per la battaglia, dopo l’Eclissi solo per la vendetta. Ma dopo che era andato a cercarla, aveva lottato per difendere ciò cui teneva, per difendere chi amava. Per far sì che la nuova vita che stava per venire al mondo non subisse la sorte del fratello e potesse crescere normalmente
Posò una mano sul ventre, voltandosi verso Farnese e Poldur ormai prossimi alle mura della città. Forse Gatsu era sempre stato così, solo che nessuno lo sapeva. Forse neppure lui.
Volse lo sguardo al cielo, immaginandolo impegnato in una battaglia senza fine perché nessun altro dovesse più affrontare gli incubi che per troppo tempo erano sciamati sulla terra.
«Grazie» sussurrò al vento mentre si avviava a raggiungere la figlia in cui, giorno dopo giorno, vedeva sbocciare sempre più il carattere risoluto del padre.
By M.T., on Giugno 7th, 2015% E’ una domanda che ci si pone da secoli. Uomini di fede, filosofi, psicologi hanno affrontato questo quesito da diversi punti di vista: ognuno ha espresso la propria idea, formulato le proprie ipotesi, ma risposte certe non ne sono state trovate. Secondo la Bibbia, tutti i lati negativi dell’uomo, ciò che è male (la violenza è uno degli elementi che vi appartengono) sono entrati nella sua vita con il peccato originale, la disobbedienza di Adamo ed Eva a Dio; non per niente è uno dei loro figli, Caino, il primo uomo a perpetrare un atto violento, divenendo il primo assassino.
Filosofia e psicologia (vanno ricordate le teorie di Lombroso, secondo le quali si poteva capire se una persona era violenta e criminale dall’aspetto fisico) hanno cercato in modo diverso di trovare una risposta alla questione. Stessa cosa cerca di fare la medicina: secondo di essa la violenza è qualcosa che dipende dal codice genetico, dato che ci sono dei geni che determinano il comportamento violento dell’individuo, influenzandone la vita.
In attesa di giungere a una risposta definitiva, si può notare una cosa: sono gli adulti a far entrare la violenza nel mondo dei bambini, sono loro a essere esempi negativi e a dare modelli che vengono poi perpetrati dai piccoli crescendo. Da sempre è stato così, ma negli ultimi anni, con lo sviluppo della tecnologia e di tutti i suoi mezzi d’informazione, i bambini sono bombardati da input di violenza: serie tv, telegiornali, politici, trasmissioni di ogni genere, non fanno che proporre modelli che trasudano aggressività, esempi di violenza fisica e verbale. In questo modo si fa recepire al bambino (che è come una spugna e assorbe di tutto, se non c’è un adulto responsabile che fa da filtro e lo aiuta a ragionare e a essere consapevole) che questi sono modelli da seguire e imitare, che questa è la normalità. Una cosa molto triste, ma purtroppo è questa la realtà: il bambino, a differenza degli altri cuccioli del mondo animale, non ha un istinto che gli dice cosa fare, per sopravvivere deve imitare quanto vede fare da altri, nel bene e nel male.
Kentaro Miura con i capitoli Lost Children del suo manga Berserk mostra perfettamente quanto scritto. La piccola Lucine vive in un mondo duro e povero, in una famiglia di contadini dove si ha quel tanto che basta per vivere; per rendere accettabile l’esistenza si rifugia nel mondo dei sogni, fantasticando su favole e personaggi come gli elfi. Con un padre che picchia la madre, accusandola che la bambina non è sua figlia (ma sarebbe frutto di uno stupro di guerra), la piccola Lucine un giorno decide di andarsene da casa e raggiungere la Valle della Nebbia, convinta di trovare le creature fatate tanto sognate e che l’avrebbero presa con loro. Ma nessun elfo salta fuori, ance se lei attende per giorni; arrivano invece i suoi genitori, alla sua ricerca da giorni. Il padre, pieno di rabbia e risentimento, la picchia, scaricando su di lei i sentimenti repressi; disperata, perché vede violato dalla violenza degli adulti quello che considera il luogo dei suoi sogni, nella piccola Lucine qualcosa si rompe, aprendo una porta per un’altra dimensione. Chi conosce Berserk sa che in particolari condizioni (quando si crea una frattura dell’anima), grazie al Bejelit, energie di un’altra dimensione (la Mano di Dio) arrivano sulla terra concedendo la realizzazione dei desideri. Tutto ciò non è un bene, dato che quanto viene dato è frutto di un grande male, che richiede un prezzo di sangue, un sacrificio, oltre alla perdita dell’umanità. Ed è quello che accade a Lucine: sacrifica i suoi genitori e diviene un Apostolo, una creatura di grandi poteri, avendo così la possibilità di fare ciò che vuole. Lucine, mutata in una sorta di falena gigante, rapisce i bambini dei villaggi, facendoli divenire simili a lei e chiamandoli elfi. Con essi crea il regno incantato tanto sognato, facendo sì che gli adulti non vi possano entrare (se ci provano vengono uccisi), così da non poter più far male ai bambini. Ma la sua è una realizzazione distorta e traviata del sogno originale: i piccoli elfi ripetono quanto visto fare dagli adulti, reputandolo un divertimento, qualcosa di normale. Giocano alla guerra, ma non è un semplice gioco, dato che si ammazzano per davvero tra di loro, in modo crudele e cruento, facendosi a pezzi. Senza contare che nei loro giochi viene immesso anche lo stupro (definito il colpo preferito dai grandi: emblematica con la loro efferata lucidità le tavole disegnate da Miura che fanno vedere come l’atto sessuale sia inteso dai piccoli come un atto di violenza); una realtà purtroppo ben conosciuta dai bambini, spesso vittime di membri della famiglia o di persone vicino a essa (come accade a Jill, amica di Lucine, che, neanche adolescente, si deve barricare in camera per evitare che un amico del padre abusi di lei).
Questi capitoli di Berserk, una sorta di fiaba oscura in stile fratelli Grimm, sono una rappresentazione cupa di una realtà che si perpetra da sempre, non lasciando speranza alcuna. La storia non ha lieto fine, perché la sconfitta di Lucine sa solo di perdita, rimpianto, rimorso e la tristezza di non poter avere ciò che si desidera (da vedere le tavole del suo ultimo volo). E Gatsu (anche lui vittima del mondo violento con cui gli adulti l’hanno cresciuto, come ha fatto il suo padre adottivo, il mercenario Gambino), per uscire vincitore dallo scontro, deve divenire più mostro dell’Apostolo, al punto che ci si domanda chi dei due lo sia realmente.
Una storia triste, ma che ben mostra quanti siano gli aspetti della violenza e soprattutto come gli adulti siano responsabili di certe scelte e comportamenti dei bambini, perché per essi sono modelli.
By M.T., on Maggio 20th, 2015% Gigantomachia è un’opera di Kentaro Miura realizzata nel 2014 ed è il motivo per il quale l’altra opera del mangaka, Berserk, si è fermata. Come già suggerisce il titolo, la storia è ispirata al mito omonimo (dal greco: gigas gigante e makhē battaglia) che vede i giganti (aizzati dalla loro madre Gea e dai Titani) voler conquistare l’Olimpo, scatenando una guerra con gli dei greci che vi abitano. Accatastando tre montagne una sull’altra, i ventiquattro giganti ingaggiarono una dura lotta contro i dodici dei, che solo grazie all’aiuto di un semidio, Eracle, figlio di Zeus, riuscirono a ottenere la vittoria: è infatti lui l’ago della bilancia che fa pendere lo scontro dalla parte degli abitanti dell’Olimpo e a infliggere sempre il colpo di grazia ai giganti. Scoraggiati, a questi ultimi non resta che scappare. Da alcuni di loro (o parte di loro) nascono delle isole: è il caso di Encelado che colpito da un masso scagliato da Atena cade in mare e diventa l’isola di Sicilia e di Coo, a cui Poseidone stacca un pezzo e gettandolo in mare fa sorgere l’isola di Nisiro.
Questo è il mito che come si vedrà sarà la base della storia che Miura va a narrare e disegnare. Una storia al momento in un volume unico (disponibile in due versioni, la standard, 5 E, e la deluxe, 7.50 E)), ma che visto il materiale a disposizione può dare spunto per lo sviluppo di altre trame, dato che lascia aperta la possibilità di un proseguimento delle vicende narrate. Un volume quello scritto da Miura che si va a mettere nell’onda del successo avuto da L’attacco dei giganti, opera realizzata da Hajime Isayama e iniziata a essere pubblicata da settembre 2009; visti alcuni disegni e l’essere stato pubblicato successivamente, può sembrare la nascita di questa storia non essere una coincidenza. Ma chi ha seguito Berserk, già ha potuto accorgersi che Miura aveva cominciato a far uso nel suo lavoro di esseri giganteschi: creature grandi si sono viste fin dall’inizio (gli Apostoli al servizio della Mano), ma è con l’imperatore dei Kushan, Ganishuka, quando s’immerge nel demoniaco utero stregato usato per creato i Pishacha e diviene l’incarnazione di Shiva, dio della distruzione, (numero 66 dell’edizione regolare di luglio 2009), che si vede la piega che l’autore sta facendo prendere alle sue idee.
Veniamo alla storia vera e propria: si avvisa che da qui in poi ci sono spoiler inerenti la trama.
I protagonisti sono Delos (ex gladiatore e wrestler) e Prome (una creatura dalle apparenza di ragazzina dotata di poteri soprannaturali che nel manga viene definita sia spirito, sia dea) che viaggiano in un lontanissimo futuro in un mondo deserto: la Terra, come spiega Prome a Delos, è stata sconvolta da eventi d’impatto astronomico, del fenomeno del superpennacchio e del congelamento globale. Momenti che ciclicamente si presentano (ogni centinaia di milioni di anni), in cui i corpi celesti cadano dal cielo, la terra si spacca sputando fuoco e il mondo viene coperto dal ghiaccio; in questo scenario la maggior parte degli esseri viventi è scomparsa, ma come accade in questo ciclo che si ripete immutabile, quando la vita viene esposta al rischio d’estinzione, essa muta e si espande di nuovo. In questo contesto, gli uomini (vengono chiamati hyuu) sono sopravvissuti e altre razze sono nate: si vedono meduse (creature metà umane e metà serpente), satiri, uomini-felini. E’ proprio una di queste razze, gli scarabei umani (esseri umani con elementi di coleotteri chiamati anche myuu), che i due sono in cerca: fin da subito si capisce che Delos e Prome hanno una missione da portare a termine e che hanno un legame particolare, che presto si rivela essere quello del dio che ha bisogno dell’uomo per compiere la sua opera. Delos con il suo fisico possente, la sua forza, la sua resistenza e il suo modo di combattere ricorda molto l’Eracle del mito che aiuta gli dei nel suo compito. Prome, nel ruolo della dea, corrisponde al patto che li lega donandogli guarigione quando viene ferito, ma non solo questo: i due possono unirsi in un’entità sola, Gohra, una sorta di gigante che ricorda in parte un evangelion (visto il legame che esiste tra quest’ultimo e chi lo guida).
Proprio questa creatura è il mezzo per compiere la missione che li vede impegnati, perché senza di essa non potrebbero contrastare l’Impero, il regno degli uomini che senza pietà avanza e distrugge tutte le forme di vita diverse da loro pur d’impossessarsi dei corpi dei giganti che essi custodiscono e che permettono di rendere fertile e vivibile la terra in cui si sono stanziati. Di nuovo salta fuori il mito di gigantomachia, dove il corpo dei giganti (sono un frammento di Gea, la terra) è fonte di creazione di vita. Lo scopo di Prome è infatti raccogliere tutti questi frammenti di Gea per far sì che al mondo ci sia una quantità di esseri diversificati e che l’umanità viva in simbiosi con le altre specie; per fare questo occorre ritrovare tutti i giganti caduti in sincope e combattere i giganti (nel fumetto chiamati anche titani) che l’Impero usa per conquistare e annichilire le altre creature.
Si sa poco dell’Impero, di cosa se ne fa dei corpi dei giganti in sincope raccolti (non viene detto, ma è chiaro che lo fanno per avere maggiore potere, anche se non viene specificato il modo in cui questo avviene); come si sa poco di Prome e Delos (di quest’ultimo si sa che era un ex-gladiatore e che il suo maestro gli ha insegnato il wrestling per far sì che nell’arena non sopravvivesse solo il vincitore del combattimento, ma entrambi i lottatori). Gigantomachia, anche se è un unico volume, più che una storia conclusiva in se stessa pare essere la base, la presentazione di un progetto più grande: è solo una sensazione, non si hanno fonti che confermino questa percezione, ma la storia ha in sé un potenziale che ha ancora tanto da dire e approfondire e quanto visto è solo un accenno. Forse è per questo che si rimane un po’ delusi, almeno per chi ha avuto modo di conoscere altri lavori di Kentaro Miura: Gigantomachia ha un tono più leggero, meno duro e cruento di Berserk, dà più spazio alla speranza, ma non possiede la densità, la profondità dell’opera che ha reso famoso il mangaka. Si è molto lontani da capitoli come quelli riguardanti il Conte Lumacone, gli anni d’oro della Squadra dei Falchi, Lost Children: non ci si avvicina minimamente a simili vette e pertanto chi si approccia a questa nuova opera, conoscendo l’altra di Miura, può rimanere insoddisfatto se ha certe aspettative, dato che Gigantomachia ripropone le atmosfere fantasy che Berserk ha preso da quando è comparsa Shilke, e non quelle dark e horror delle prime storie (che prendono spunto tra le altre cose dai film di Clive Barker e dalle favole dei fratelli Grimm, tanto per far capire di che stampo sono fatte).
Tuttavia Gigantomachia presenta alcuni spunti interessanti: il motivo per cui Delos combatte in un certo modo, la scelta di non lasciarsi andare alla violenza, di non voler odiare, di far scemare la sete di sangue presente nelle creature. E’ apprezzabile la scelta di Miura, specie in un periodo carico d’odio e di violenza come quello attuale, di cercare di creare una storia sì di lotta, ma anche volta a far sì che ci sia la spinta di ricercare la comprensione e la convivenza tra razze diverse e non cedere alla sete di vendetta, dove creature e pianeta vivono in armonia tra loro. Una storia che parla di tolleranza tra esseri viventi, che lancia anche uno sguardo all’ecologia, al rispetto della natura, criticando quella parte degli uomini che vogliono accaparrarsi tutte le risorse fino a esaurirle per divenire sempre più ricchi e potenti, non lasciando nulla agli altri.
Chi vuole leggere Gigantomachia si dimentichi la violenza di Berserk, sapendo che avrà di fronte toni meno calcati ed estremi, anche più scanzonati (ricorda in un certo senso Berserk The Prototype) e un protagonista, Delos, molto meno oscuro e tormentato di Gatsu, più pacioccone, sorridente e scherzoso ma ugualmente risoluto e forte, spesso impegnato in gag alle volte un po’ stupide e sciocche con Prome (vedere il suo essere imbarazzato, a ragione, quando lei cura le sue ferite con il suo “nettare”); anche nei tratti fisici i due sono differenti (Delos non ha menomazioni, con il volto che ricorda, anche se un po’ più paffuto, quello di Roderick Von Staufen, fidanzato di Farnese e comandante di una flotta marina). A livello grafico, Miura si mantiene su ottimi livelli, dimostrando una gran cura per i dettagli, una predilezione per le creature bizzarre, facendo un lavoro minuzioso e particolareggiato, come già dimostrato nel tratto dell’ultimo periodo in cui ha lavorato a Berserk; belle le creature giganti, così come ben realizzati sono gli scontri (anche se vedere il gigante dell’impero sconfitto con mosse di wrestling risulta surreale, anche se si tratta di qualcosa d’inventato e fantastico). Il mangaka, su questo aspetto, continua a confermarsi una sicurezza e segno di qualità.
Un buon lavoro e pertanto una lettura piacevole (ma che non spinge alla rilettura), consigliata per i disegni, ritornando a precisare che si è lontani da quel capolavoro che è stato la prima parte di Berserk (fino alla conclusione dei capitoli di Lost Children).
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