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La vita è sacra, ma dipende da come è vissuta

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In questi giorni si è parlato di Dj Fabo e del suo viaggio in Svizzera, dove ha posto termine alla sua vita. Dj Fabo, dopo un incidente, è divenuto cieco e tetraplegico, poteva solo sentire e a fatica a parlare; dopo anni in questa condizione di sofferenza, ha intrapreso il viaggio verso un paese che permetta l’eutanasia, perché in Italia non esiste ancora una legge che lo consenta.
La vita è sacra, questo è certo, ma dipende come è vissuta. Perché certe vite, vissute in un certo modo, non sono più vite; né per se stessi, né per le persone che sono accanto.
Non è facile arrivare a questo passo: chi lo fa, ha riflettuto a lungo e ha deciso che la morte è la liberazione da una condizione di dolore, disperazione, privazione. Non poter più camminare, toccare le cose, abbracciare persone o animali, leggere, vedere film, paesaggi, ma limitarsi a stare chiusi nella prigione buia che è divenuta il proprio corpo, è una delle esperienze più dure che esistono, soprattutto dopo aver provato tante cose nella propria vita ed essere consapevoli che non ci sarà più modo di viverle di nuovo (in questo il film di Clint Eastwood, Million Dollar Baby, mostra perfettamente una simile condizione).
Una decisione difficile, che solo chi vive certe condizioni può prendere. Una decisione che cambia da persona a persona, dove ogni caso è un caso a sé, perché ogni individuo è unico e prende decisioni in maniera diversa, perché questo fa parte della libertà.
Eppure questa libertà, nella società di oggi, viene ostacolata. Se ci si pensa, in tutto la libertà è ostacolata, in ogni scelta, dalla più piccola alla più grande. Tutti hanno la pretesa di decidere per gli altri, d’imporre i loro giudizi, i propri punti di vista, di dire cosa un altro deve fare.
Dj Fabo ha detto che siamo schiavi di uno Stato, viviamo schiavi di uno Stato, lavoriamo schiavi di uno Stato. In queste amare parole è rivelata la realtà in cui viviamo. Il suo è un caso eclatante, ma se ci si pensa, di libertà nella vita di ogni individuo ce n’è poca e per ottenerne soltanto un pizzico bisogna lottare a non finire e sputare sangue, mangiarsi il fegato, l’anima e, se ci fosse, anche qualcos’altro. Tutti hanno la presunzione e la pretesa di poter dire la loro sulla vita altrui e questo fa ancora più male, rende ancora più tristi, fa ancora più infuriare. Tanti sono stati gli appelli lanciati a Dj Fabo di ripensarci, di continuare a vivere; sarebbe interessante vedere come agirebbe chi ha fatto questi appelli nella sua condizione, perché si è tutti bravi a dare certe risposte quando non si è diretti interessati. Ma anche se fossero nella sua stessa condizione, sarebbe la loro scelta, non la sua: quello che ancora tanti non riescono a capire è che si sceglie singolarmente, in base ai propri valori, alle proprie credenze, alla propria condizione.
Naturalmente, dopo gli appelli delle persone comuni, non possono mancare le istituzioni con il loro modo di fare, contrarie a questa scelta, perché si reputano difensori della vita, che ritengono sacra. Parole che risultano stridenti, dato che le istituzioni non fanno che rendere sempre più complicata la vita, dato che non fanno che accollare pesi e angustie sulle spalle delle persone, facendo sempre più perdere senso alla vita, togliendo agli individui la voglia di vivere. Risulta grottesco volersi ritenere difensori della vita quando non si fa altro che sputare sulla vita stessa. Una contraddizione; o, forse, è meglio definirla follia pura.
Simili situazioni dovrebbero far riflettere e rendere coscienti, come già scritto in precedenza (ma occorre tornare a sottolinearlo), che la vita è sacra e merita di essere vissuta, ma dipende tutto da come è vissuta. E che occorre rispettare le scelte altrui, senza strumentalizzarle o cercare d’imporre un diverso modo di vedere per un proprio tornaconto (e chissà perché, si va sempre a finire in una questione di soldi: sembra strano, ma se ci si pensa bene, è così. Tutto è business).

Ispirare il bene

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«Io dovevo ispirare il bene, non la follia, la morte.»
«Lei hai ispirato il bene, ma ha anche sputato in faccia alla criminalità di Gotham. Pensava che non ci sarebbero state vittime? Le cose peggiorano sempre prima di poter migliorare.»
«Ma Rachel, Alfred…»
«Rachel credeva in quello che lei difendeva, signore; in quello che noi difendiamo. Gotham ha bisogno di lei.»
«No, Gotham ha bisogno del suo vero eroe. E io ho lasciato che quello psicopatico assassino quasi lo spedisse all’inferno.»
«Motivo per il quale per ora dovrà accontentarsi di lei.»

Questo è il dialogo che si svolge tra il miliardario Bruce Wayne (Crhistian Bale) e il maggiordomo Alfred (Michael Cane) in Il Cavaliere Oscuro, il secondo film diretto da Christofer Nolan sul personaggio di Batman, uno dei momenti cardine di questa pellicola.
Un dialogo emblematico, che mostra il punto focale di questa storia: opporsi a ciò che è sbagliato è duro, comporta sacrifici. Resistere è logorante, alle volte si crede di non poter sopportare il peso di tutte le conseguenze che certe scelte comportano.
Ma è necessario che ci sia qualcuno che lo faccia, che dimostri che tutto questo è possibile, che occorre mettere un freno a tutto ciò che è sbagliato: corruzione, delinquenza. E per ottenere risultati bisogna combattere, non indietreggiare, saper opporsi a chi prevarica e vuole imporre il suo punto di vista, anche se si deve andare oltre ogni sopportazione, continuare anche se si viene odiati, anche se si deve essere emarginati, fare quella scelta che nessuno osa affrontare: la scelta giusta, che certo alle volte porta a essere soli, incompresi, alla quale si arriva a pensare di non poter resistere a tutto quello che comporta.
Ma se non c’è nessuno che lo fa, non ci sarà mai alcuna giustizia, alcuna equità: i prevaricatori continueranno a vincere e così continueranno a esserci vittime, sempre in numero maggiore. Ci sarà sempre un Joker pronto a sfruttare le debolezze e le paure della gente, pronto a dimostrare che in ognuno c’è quel mostro che lui rappresenta, pronto a far risaltare agli occhi di tutti che le persone sono egoiste, opportuniste, distruttrici, capaci solo di pretendere, di non avere valori, etica; un archetipo questo a cui non bisogna lasciare spazio perché altrimenti le cose non faranno che peggiorare, generando un caos in cui è impossibile vivere.
E d’individui come il Joker, dei Distruttori, l’esistenza ne è piena: persone con cui non ci si ragiona né si tratta. Persone il cui unico scopo è vedere bruciare il mondo. Uno tra gli esempi più lampanti, sotto gli occhi di tutti, senza andare tanto lontano, è Marchionne, un’ottima incarnazione di questo simbolo, che cambia sempre le carte in tavola, usando tutto e tutti per i suoi machiavellici piani. Ma si può guardare ad altri elementi dell’imprenditoria (Ilva per esempio) o della politica (la schiera dei suoi membri in questi ultimi anni è davvero numerosa). Occorre saper riconoscere archetipi come questi, perché l’esistenza di tutti i giorni ne è piena; soprattutto occorre saper riconoscere che questa può essere una componente del proprio carattere. Una componente che va sempre tenuta sotto osservazione e a cui va impedito di prendere il sopravvento.
Ma come ci si accorge che c’è un Joker in ognuno di noi, occorre accorgersi che esiste anche un Batman, una forza capace di contrastare la forza distruttiva che vorrebbe scatenarsi senza controllo: un’energia capace di preservare quanto è stato creato (e per chi ha amato la saga Mistborn di Brandon Sanderson, è facile cogliere la somiglianza con il dualismo che c’è tra Rovina e Preservazione).
Il Cavaliere Oscuro è come le opere teatrali dei greci: fa accorgere attraverso una finzione di un certo aspetto della realtà. Certo Batman è un personaggio dell’immaginazione, ma la sua storia inventata può insegnare quanto una storia reale. Anche se può sembrare un accostamento inappropriato, il suo resistere, sopportare incomprensioni, perdite, l’essere isolato, è quello di Nelson Mandela, che ha lottato tutta una vita, subendo anche il carcere, per creare un sistema più giusto, equo, senza divisioni interne, dove ci fosse unione, non separazione. E pure se è solo un frammento di ciò che è stata la sua vita, Clint Eastwood con Invictus è riuscito a cogliere in maniera abbastanza appropriata lo spirito di un grande uomo che è rimasto fedele a quanto ha creduto, che ha lottato per i propri ideali e grazie ai quali è stato d’ispirazione e aiuto per molti.

Occasione

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“Se c’è una magia nella boxe, è la magia di combattere battaglie al di là di ogni sopportazione, al di là di costole incrinate e reni fatti a pezzi e retine distaccate.
E’ la magia di rischiare tutto per un sogno che nessuno vede, tranne te.”

Queste sono le profonde parole di The Million Dollar Baby, il bellissimo film diretto da Clint Eastwood: in poche frasi si racchiude il significato di cosa significa avere un sogno, inseguirlo, darsi da fare per realizzarlo. Sacrifici, sudore, fatica, incassare colpi capaci di stendere un toro e nonostante questo non mollare mai, tenere duro, continuare per la propria strada, anche se questo significa camminare da soli, essere incompresi, isolati, perché all’orizzonte si riesce a scorgere qualcosa che spinge ad andare avanti per rendere concreto ciò che si sente nella propria anima, nel proprio cuore.
E’ così per qualsiasi individuo che ha un sogno o che prova amore per un’altra persona: tutto il resto del mondo perde importanza, conta solo l’essere protesi verso la meta.
Ma c’è una cosa ancora più importante di realizzare quanto si tiene di più.

“La gente muore ogni giorno Frank, mentre lucida il pavimento o lava i piatti. Sai qual è il loro ultimo pensiero? Non ho mai avuto un’occasione. Invece grazie a te Meggy ce l’ha avuta. E se morisse oggi sai quale sarebbe il suo ultimo pensiero? Ho avuto l’occasione che volevo.”

Un’occasione.
Ecco quello che si vuole più di tutto con un sogno, un desiderio, un amore: avere un’opportunità. Una sola, unica opportunità, avere la possibilità di rendere concreto quello che rende la vita meritevole d’essere vissuta e non una miseria che è solo un trascinarsi avanti giorno per giorno.
Una sola, piccola possibilità da giocarsi per far sì che il sogno diventi realtà, che l’amore sbocci e sia contraccambiato perché è qualcosa di prezioso, di meraviglioso, anche se è piccolo, ma non va svenduto, in nessuna maniera; non bisogna cedere a nessun compromesso, perché altrimenti lo si fa appassire e morire.
Per questo mi sono sempre trovato sulla stessa lunghezza d’onda con Francesco Falconi (e altri come lui) quando afferma di non accettare mai contratti editoriali in cui si chiede di sborsare 1 solo cent. Perché scrivere è un sogno e non bisogna permettere che sia infangato da un mondo che pensa solo ai soldi.

Invictus

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Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dei qualunque essi siano
per l’indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Invictus, William Ernest Henley

Questa poesia ha acquisito maggiore popolarità grazie al film Invictus – L’invincibile di Clint Eastwood. Un film che narra la storia di Nelson Mandela, dalla sua liberazione alla vittoria ai mondiali di rugby in Sudafrica della propria nazionale.
Certo, la storia raccontata nella pellicola può essere edulcorata rispetto a quanto realmente accaduto, ma il suo spirito è quello di far cogliere un messaggio importante, che tutti gli uomini dovrebbero ricordare: l’unità rende forti, la divisione indebolisce.
Ma per unità non s’intende aderire meccanicamente o obbligatoriamente (nel senso che si è obbligati) a un’idea, a uno stare tutti dalla stessa parte, perché altrimenti non si fa altro che seguire la linea dei regimi, dove importa solo obbedire, senza capire quello che si sta facendo. Perché si raggiunga un’unità che renda le cose migliori per tutti occorre essere consapevoli della strada da intraprendere, occorre comprendere che gli odi, i pregiudizi e tutti quei pesi inutili che causano sofferenze e limitatezze vanno lasciati indietro perché qualcosa di nuovo possa essere creato.
Occorre che ognuno faccia la sua parte, sia responsabile della parte di mondo con cui entra in contatto, perché gli uomini sono specchi, facce della stessa essenza, abitanti dello stesso mondo. Non occorre essere eroi per cambiare il sistema, ma essere saldi nelle proprie convinzioni, anche se questo può costare fatica, sacrifici, rendere soli e abbandonati dagli altri. Le grandi persone conosciute dalla storia e dalle moltitudini non hanno fatto altro che non mollare, continuare per una strada che ritenevano giusta, che solo loro riuscivano a volere. Certo, con il tempo l’idealizzazione ha accresciuto la dimensione di tali figure, ma la loro grandezza è centrata su un’unica cosa: l’essere consapevoli che nessuno può togliere la capacità di scegliere.

Eroi

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“Arrivai finalmente alla conclusione che forse aveva ragione lui: forse gli eroi non esistono.
Forse esistono solo persone come il mio papà.
E finalmente capii perché loro si sentivano tanto a disagio a essere chiamati eroi: gli eroi sono una cosa che creiamo noi, una cosa di cui abbiamo bisogno.
E’ un modo per capire ciò che è quasi incomprensibile, come alcune persone possano sacrificarsi tanto per noi. Ma se mio padre e i suoi amici corsero quei rischi e sopportarono quelle ferite, lo fecero unicamente per i loro compagni; avranno anche combattuto per la patria, certo, ma morirono per i loro amici, per l’uomo davanti a loro, per quello al loro fianco. E se vogliamo onorare veramente questi uomini, dovremmo ricordarli com’erano realmente, così come li ricordava mio padre.”

Flags of our Fathers, di Clint Eastwood

La gente ha bisogno di credere che esistono persone capaci di cambiare il destino, di modificare lo stato delle cose: individui capaci di elevarsi al di sopra della massa, di compiere grandi cose, d’essere d’esempio, pronti a intervenire e risolvere le situazioni difficili.
Questa è l’idealizzazione, un proiettare all’esterno una parte di sé che non si riesce, o si vuole vedere, perché intimoriti dal riconoscere che già si possiede qualcosa di grande e magnifico, senza doverlo ricercare all’esterno. Ma la mancanza di fiducia, la pigrizia, l’inerzia possono atrofizzare questo meccanismo e far perdere qualcosa di bello, caricando altre persone di pesi e fardelli che sono gravosi, perché non esistono eroi, ma tutti possono esserlo: perché gli eroi sono persone come chiunque altro.

American History X - Mystic River

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Ieri sera mi è capitato di rivedere American History X e ho fatto un’analogia con il film di Clint Eastwood, Mistic River.
Cosa hanno in comune questi due film?
Il fatto che la vita reclama sempre un prezzo per le proprie scelte e che, oltre a non sapere quando verrà a riscuotere, arriva a farlo in una maniera che non ci si aspetta. Tutti sanno che chi sbaglia paga, ma pochi sono consapevoli che le scelte personali non sono circoscritte solo alla propria persona, ma influenzano l’ambiente e le persone che sono attorno e a cui si è legate.
Per questo occorre comprendere ed essere coscenti di come ci si comporta e delle scelte che si fanno, perché anche la decisione più insignificante contribuisce a creare il mondo in cui si vive e a seconda del tipo di scelta può aggiungere nella vita un pezzo di pace o di guerra, d’inferno o paradiso.
Ciò che si semina, si raccoglie; la vita rende quello che si dà.
Si è pronti a sopportarne il peso, sapendo che per le decisioni personali possono rimetterci persone che si hanno vicino e a cui si tiene? L’esistenza non si sofferma a riflettere su quali mezzi utilizzare: ciò che per lei conta è arrivare a colpire la causa dell’azione scatenante, equilibrando l’equazione per trovare compensazione.
Così succede a Derek in American History X e a Sean in Mistic River.

«Noi non siamo nemici, ma amici. Noi non dobbiamo essere nemici. Possiamo essere stati tesi dalle nostre passioni, ma ciò non deve rompere i nostri legami d’affetto. Le corde mistiche della memoria suoneranno se toccate ancora, come sicuramente saranno, dai migliori angeli della nostra natura. » E’ la frase finale di American History X, una citazione di Abraham Lincoln: parole che dovrebbero far riflettere quando si è tentati a lasciarsi trascinare da reazioni, emozioni e passioni, stando attendi a far sì che non diventino padrone delle nostre azioni, facendoci ritrovare un giorno a rimpiangere scelte che non si sono ponderate.