A quiet place è uno dei pochi film horror visti negli ultimi anni che mi ha convinto. Ormai rimanere sorpresi è qualcosa di difficile, quindi quello che è preso in considerazione è come viene sviluppata la vicenda. In un futuro prossimo (anzi, si può dire che la storia è ambientata al giorno d’oggi) le cittadine sono praticamente deserte, avvolte dal silenzio; tutto è abbandonato, ma si vede che è successo qualcosa; in un piccolo paese americano, una famiglia composta da genitori e tre figli, raggiunge un piccolo market per fare rifornimenti. Non fanno nessun rumore, camminano scalzi su un piccolo sentiero che hanno creato con la sabbia, non parlano, comunicando con la lingua dei segni che conoscono perché la figlia più grande, Regan, è sorda. Mentre sono nel negozio, il più piccolo dei bambini, Beau, vuole prendere un giocattolo, di quelli che vanno a batteria ed emettono suoni, ma il padre glielo toglie, sfilando via la batteria, spiegandogli che non possono prenderlo perché pericoloso. Beau è deluso e Regan, per rallegrarlo, gli ridà il giocattolo privo di batterie; il piccolo però, senza che nessuno se ne accorga, le prende. Sulla via del ritorno il bambino rimetterà le batterie nel giocattolo, attivandolo. Sul volto del padre, Lee, si dipinge l’orrore e corre per strappare il gioco al figlio, accorgendosi che dalla boscaglia sta giungendo qualcosa; poco prima che riesca a raggiungere il piccolo, Beau viene travolto e portato via. Questo fatto segnerà il rapporto tra Regan e Lee, dato che la figlia pensa che il padre la consideri responsabile della morte del fratello più piccolo.
Passa un anno e la famiglia continua a vivere facendo sempre attenzione a non fare nessun rumore, perché sanno d’essere tenuti sotto osservazione dalle cose che hanno ucciso Beau e anche gli altri abitanti della cittadina. Lee insegna a Marcus, il figlio di mezzo e ora il minore, come fare a sopravvivere nella foresta, facendogli capire che il rumore dell’acqua (fiumi, cascate) copre quegli altri e quindi li protegge. Regan assiste Evelyn, la madre, che è incinta e ormai prossima al parto, il che rende la loro situazione molto pericolosa; naturalmente le cose prendono una brutta piega e anche se il bimbo viene al mondo e messo al sicuro nella cantina insonorizzata, la situazione a un certo punto volge al peggio: per salvare la famiglia, uno dei membri si sacrificherà, ma questo non basterà a metterla al sicuro, visto che le cose presenti nella zona, ormai sicure della loro presenza, attaccano la fattoria. Quando però non sembra essercu più speranza, Regan riesce a capire che il punto di forza delle cose è anche la loro maggiore debolezza, permettendo così di affrontarle.
A quiet place è un film che mantiene sempre alta l’attenzione, tenendo vigile lo spettatore perché fa capire che ogni più piccolo errore può far precipitare la situazione: la famiglia deve essere sempre vigile e aver paura anche dei gesti più banali e quotidiani che aveva fatto per tanto tempo. Il film funziona perché per lunghi tratti non mostra qual è la minaccia, non fa vedere il mostro, un po’ come succede con Lo squalo; allo spettatore non sono date spiegazioni, viene messo davanti ai fatti compiuti, senza sapere da dove vengono le cose che hanno decimato la popolazione umana. Logicamente questa scelta può funzionare solo la prima volta, perché una volta rivelato con cosa si ha a che fare la tensione si allenta, avendo la risoluzione del climax (infatti il secondo film di A quiet place non ha la stessa potenza). Per chi vuole un film horror fatto bene, con questa pellicola si va sul sicuro.
Questo lo devo ancora vedere, l’idea ha qualcosa di interessante. Le idee nuove nell’horror sono piuttosto difficili da partorire, in effetti.
Questo film, per me, merita di essere visto (il secondo un po’ meno, anche se non è da buttare, ma ne parlerò in seguito).