Il compito di un genitore è quello di rendere un figlio un individuo indipendente, con la capacità di pensare, giudicare e fare liberamente le proprie scelte. Un compito non certo facile, in cui si può fallire e se si fallisce è perché tanti sono i fattori che influiscono nella crescita di un individuo.
Non è mai stato facile crescere un figlio: è sempre stato così in ogni tempo. Un genitore ha sempre avuto le sue difficoltà nel crescere i propri figli perché ci sono sempre differenze tra una generazione e l’altra e non è facile riuscire a comunicare, a farsi comprendere: occorre pazienza, conoscere l’altro, valutare in base al carattere su come muoversi, comprendendo le situazioni per riuscire a dare un insegnamento utile per crescere e acquisire sapienza ed equilibrio.
Questo è un compito che non si è sempre riuscito a compiere a dovere nei secoli, per tanti motivi: perché troppo impegnati a lavorare per avere di che sopravvivere per occuparsi dei piccoli, perché si è perpetrato lo stesso modello con il quale si era stati cresciuti, anche se non era stato dei migliori. Ma se non è stato dei migliori, perché allora trasmettere un insegnamento limitato, con delle lacune?
Molto semplicemente perché una volta non c’era la possibilità di confronto con altre culture, apprendendo nuovi insegnamenti: si viveva in piccoli mondi, spesso realtà contadine, limitati dal non avere cultura e da credenze superstiziose e religiose. Pochi avevano la possibilità di avere una cultura e ancora meno avevano una mentalità aperta e “illuminata” da trasmettere ai propri discendenti. Così, i figli crescevano con quel che veniva dato, spesso imparando facendo esperienza, apprendendo gli usi e i costumi dei loro simili e dell’ambiente in cui crescevano.
Per secoli tale modello è rimasto invariato, con qualche piccola variazione che però si è verificata molto gradualmente, andante di pari passo con la storia e i mutamenti a essa legati. Questo fino al XIX secolo, periodo che ha avuto una forte spinta al cambiamento dei costumi della società e del modo di vivere: con l’avvento dell’era industriale molte cose sono cambiate, tutto è divenuto più veloce (quasi si volesse andare di pari passo con i mezzi a vapore che tanto stavano prendendo piede, come a esempio i treni). E si è accelerato ancora di più nel XX secolo con lo sviluppo e la sempre più massiccia diffusione della tecnologia e dei suoi mezzi, quali tv, pc, cellulari, smartphone, tablet. Se per i genitori già era difficile educare prima, avere dialogo con i figli, tutto lo è divenuto ancora di più negli ultimi decenni del 1900 e negli anni che sono l’inizio di quelli 2000, perché si ritrovano a dover stare al passo con un mondo che va sempre più avanti e nel quale i loro figli crescono, acquisendo pertanto una maggiore dimestichezza con esso e dei suoi mezzi di chi li ha preceduti. Con bombardamenti d’informazioni e sollecitazioni di ogni genere da tutte le parti, diventa difficile educare i propri figli, soprattutto perché si deve “lottare” con giganti come i media, che, con i modelli che fanno passare, condizionano pesantemente le menti dei giovani. Risulta quindi difficile crescere degli individui maturi e consapevoli, specialmente se si considera che molti dei genitori sono cresciuti proprio con la mentalità creata dai media e che pertanto l’hanno trasmessa ai figli (ognuno trasmette ciò che conosce, impossibile trasmettere quello che non si conosce).
Se a questo si aggiunge il seguire insegnamenti errati (vedasi quelli di Spook, incentrati sul permissivismo), affidarsi a consigli che giungono da tutte le parti (che non sono spassionati, ma puntano solo al tornaconto di chi li dà, fatti per condizionare le persone a farsi seguire e all’ottenere da loro guadagno), si può capire quanto possa essere difficile nel nostro tempo crescere ed educare dei figli. Un tempo che non vuole far soffermare a riflettere, che è sempre di fretta, che spinge a correre, ad agire e reagire senza prendersi pause, perché le pause di riflessione sono viste come una perdita, qualcosa d’inutile. Un tempo dove i valori che contano sono quelli dell’apparire, del possedere e non dell’essere.
In un tempo così, i genitori non possono che essere in difficoltà, perché in primis hanno dimenticato una cosa importante: per educare i figli a essere individui liberi, responsabili, consapevoli, occorre esserlo in prima persona.
Personalmente, non sono un gran difensore del diritto dei genitori di avere l’esclusiva sull’educazione da dare i figli, non essendo un gran difensore della famiglia tradizionale (qualche fregola progressista ce l’h anche io? No, è un discorso più complesso). E’ vero che un genitore ha sempre meno priorità nell’educazione dei propri pargoli e questo in linea di principio potrebbe anche lasciarmi indifferente. La cosa che mi fa spavento è che questo ruolo non lo prendano delle istituzioni ufficiali, bensì le aziende che fanno pubblicità e spettacoli mirati ai ragazzi e ai bambini.
Ecco, la cosa preoccupante sono aziende che fanno pubblicità e spettacoli mirati ai ragazzi e ai bambini e che li condizionano per i loro interessi (che non sono certo quelli dei piccoli).
I genitori non hanno l’esclusiva di educare i figli, ma dovrebbero essere i primi da cui l’educazione deve partire; poi ci sono le varie istituzioni (scuola, chiesa), sport che dovrebbero contribuire nella crescita del giovane. Purtroppo invece si vede tra queste parti uno scaricare la responsabilità l’un con l’altro, con il giovane che si deve barcamenare in una selva di input nei quali spesso non sa distinguere cosa prendere e cosa lasciare.