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L'albero magico

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L'albero magico di Stephen R. DonaldsonIn L’albero magico continua il viaggio di Thomas Covenant e Linden Avery attraverso il mondo creato da Stephen R. Donaldson. Dopo aver affrontato la nuova Landa devastata dal potere del Sole Ferito, creato dal potere corrotto dei nuovi Signori della Rocca asserviti allo Spregiatore, i due provenienti dalla Terrra si sono uniti a un gruppo di Giganti e alla loro ricerca; legati da un fine comune, salgono sulla gigantesca nave di pietra Gemma della Rotte per raggiungere i famosi Elohim, coloro che possono indicare la rotta per trovare il Primo Albero, capace di dare il legno per ricreare lo Scettro della Legge. Lo Spregiatore però non si darà per vinto e continuerà a perseguitarli, attaccando Covenant attraverso un Posseduto e avvelenandolo ulteriormente, rendendo il potere dell’anello bianco sempre più fuori controllo.
Giunti sull’isola degli Elohim, scopriranno che questi esseri che possono assumere qualsiasi forma, sono molto di più di quel che appare, essendo profondamente legati al potere della terra, e non sono benevoli come le storie raccontano. Mistreriosi, pragmatici, non danno ai nuovi arrivati il benvenuto che si aspettavano, anzi, risultano essere quasi una minaccia con il loro tentativo di isolare i membri della spedizione e ammaliarli con le loro visioni. Senza contare che proveranno a isolare Vain, la creatura dei Demondim affidata a Covenant dal morto Seguischiuma, e che per dare la rotta per l’Albero Magico, imporrano il silenzio su Covenant, rendendolo praticamente un vegetale, visto che lo considerano una minaccia per l’intera creazione.
Fuggiti dall’isola degli Elohim, ma accompagnati da uno di essi, Flidail l’Incaricato, incapperanno in una tempesta che danneggerà seriamente la nave, costringendoli a cercare rifugio nel porto dei Bhrathair. Anche qui l’accoglienza è solo in apparenza benevola e tutto non è come si vuole credere: dietro la corte e chi comanda c’è in realtà il malvagio e quasi immortale mago Kasreyn, colui che ha imprigionato nel vortice le temibili Gorgoni del Grande Deserto. Come lo Spregiatore, mira a impossessarsi dell’anello di Covenant, ma fallisce nell’impresa, anche se ciò richiederà un prezzo alla compagnia.
Scampati al pericolo delle sirene, con gli Haruchai (il popolo da cui provenivano le Guardie del Sangue incontrate nella prima trilogia) che hanno seguito che Covenant che si dimettono dal suo servizio per quello che hanno provato con l’incontro con le creature marine, arrivano finalmente all’isola dove è custodito l’Albero Magico. Lì, Brinn, uno degli Haruchai, affronta il Guardiano dell’isola e, sacrificandosi, lo sconfigge, prendendo il suo posto e potendo così condurre Covenant alla meta. Quanto temuto da Sognamare (il gigante muto è dotato del potere della Vista, una sorte di chiaroveggenza) si sta per avverare, ma il suo sacrificio nel prendere un ramo dell’Albero Magico, riesce a sventare i piani dello Spregiatore, il cui fine era quello di spingere Covenant, col potere dell’anello bianco, a infrangere l’Arco del Tempo, perttendogli così di essere finalmente libero da quel mondo che lo tiene prigionero.
Con la missione fallita, la speranza sembra ormai perduta.
Così termina L’Albero Magico e non si può non notare come Donaldson si accanisca contro Covenant, come se volesse fargli pagare le mancanze che ha avuto nella prima trilogia: lo stupro di Lena, il non credere che la Landa sia un mondo reale, l’essere restio ad aiutare chi crede in lui e ha bisogno del suo aiuto. Non bastasse la lebbra e l’essere emarginato, prima ha a che fare sulla terra con una moglie impazzita che lo ferisce di continuo e un accoltellamento che lo lascai in fin di vita, poi nella Landa viene avvelenato più volte e più volte imprigionato per prendere possesso della sua fede nuziale, dato che è fatta di oro bianco, materiale rarissimo nel mondo magico in cui è finito.
Covenant non è certo un persoanggio simpatico (non fa neanche niente per esserlo) e non è neppure un eroe (essere il protagonista non rende automatica la cosa), però questo non avere un attimo di pace fa pensare. Per tutto L’albero magico, come anche nel precedente romanzo, c’è un’atmosfera cupa, quasi angosciosa, dove non c’è spazio per la speranza; certo, anche nella precedente trilogia le cose non andavano bene, ma c’era un’epica, un bene che si opponeva al male, che rendeva sopportabile la cupezza della storia. Qui invece non è così, visto che la corruzione dello Spregiatore ha colpito anche quelli che dovevano essere dalla parte della luce, come i Signori della Rocca e i Pietrai; in più, non c’è neanche la Landa con la sua magia, dato che il viaggio intrapreso da Covenant e compagni lo porta lontano da essa, verso terre che hanno ben poco di ospitale e gradevole.
Ecco, forse è proprio questa la cosa di cui si sente più la mancanza in L’albero magico: la figura della Landa. Sì, perché è proprio la Landa la vera protagonista dell’opera di Donaldson. E non bastano l’eroismo e lo stoicismo degli Haruchai Brinn, Cail, Ceer e Hergrom, le storie del gigante Posapece, la guida sicura di sua moglie, la Prima, e di tutti gli altri membri della Gemma delle Rotte per sopperire alla sua assenza. La ricerca, il lungo viaggio per mare che possono ricordare un poco le imprese dei miti greci, sono affascinanti, ma è la Landa che rende il lavoro di Donalson meritevole di essere letto.
Tutto sommato, L’albero magico non è da buttare, però risente del difetto che spesso accomuna i libri di mezzo di una trilogia. Un peccato.

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