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The first Slam Dunk re: source

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The first Slam Dunk re: sourceThe first Slam Dunk re: source di Takehiko Inoue è adatto a chi è un fan di Slam Dunk e vuole approfondire il processo di creazione del film; chi cercasse del materiale che aggiunga qualcosa alle vicende lette sul manga o viste nelle serie tv o nel film uscito di recente, potrebbe rimanerne deluso. Buona parte del volume è focalizzato sul mostrare gli storyboar del mangaka (qui in veste di tuttofare, dato che è intervenuto in ogni parte della realizzazione della pellicola) e le modifiche fatte ai disegni prima di arrivare alal fase finale. Occorre fare notare che il lavoro fatto da Inoue è stato qualcosa di enorme: praticamente si è andati a intervenire su ogni frame del film.
Questo però non basta per mostrare quanto impegno, quanta passione abbia messo Inoue in questo progetto. Come rilasciato nell’intervista pubblicata nel volume, Inoue riteneva, alla conclusione del manga Slam Dunk avvenuta nel 1996, di aver ferito i lettori; aveva sì concluso il manga nella maniera che voleva, ma in qualche modo sentiva di averli delusi, dato che in tantissimi si aspettavano il prosequio delle vicende di Hanmichi e compagni, anche per via del fatto che Slam Dunk nella prima pubblicazione terminava con “fine del primo arco narrativo”. E non c’era da meravigliarsi delle richieste dei lettori: il finale di Slam Dunk era un finale aperto, che lasciava molte cose in sospeso, quali il recupero dall’infortunio di Hanamichi, l’affrontare quel personaggio fortissimo mostrato verso la fine del manga (ispirato a Shaquille O’neal), la cui squadra s’intuisce abbia sconvolto il basket liceale giapponese vincendo il campionato nazionale. C’erano tanti elementi che facevano presagire e sperare in un continuo del manga, che però non c’è mai stato; così per molti la storia è sembrata tronca, priva di una reale conclusione, forse perché si era abituati da altre produzioni su sport ad arrivare bene o male a una conclusione (Tommy la stella dei Giants, Rocky Joe, Capitan Tsubasa). Il finale di Slam Dunk invece sembrava frettoloso dopo la vittoria contro il Shannoh, arrivando a conclusione dopo poche tavole; sorte migliore non era toccata certo alla serie anime realizzata praticamente nello stesso periodo del manga, anzi, si era fermata prima di arrivare al campionato nazionale, dispuntando una partita amichevole (che nel fumetto non c’è) tra lo Shohoku e una squadra che annoverava tra le sue fila giocatori dello Shoyo e del Ryonan.
Per questo Inoue ha ritenuto un dovere fare qualcosa per i lettori che tanto calore ed energie gli avevano dato con le loro lettere mentre lavorava settimanalmente a Slam Dunk e già nel 2009 gli era stata fatta la proposta di realizzare un film; come ammesso da lui stesso nell’intervista presente in The first Slam Dunk re: Source, non riteneva la cosa fattibile: riteneva impossibile realizzare le scene di un incontro di basket come dovrebbero essere. E il video pilota avuto gliene diede conferma.
Ma non ci si arrese e nel 2014 ricevette una seconda proposta; la realizzazione del video pilota non lo convinse, tuttavia il volto di Hanamichi che si voltava verso lo spettatore lo colpì e così decise di partecipare alla lavorazione del film. Tuttavia a Inoue pareva scontato mostrare solo la storia già pubblicata, mentre lui voleva proporre qualcosa di più, di unico, di più sfaccettato. Di più profondo.
Quando realizzò Slam Dunk da giovane, era concentrato solo sulla vittoria e sulla sconfitta, ma c’erano tante altre cose da raccontare, come la consapevolezza del dolore e di come superarlo: questo divenne quindi il tema principale di The first Slam Dunk. E il protagonista doveva essere Ryota Miyagi, personaggio di cui non era riuscito ad approfondire la storia durante la serie manga, cosa che lo aveva rammaricato. Un rimpianto che aveva trovato sfogo nella storia autoconclusiva Pierce, pubblicata per la prima volta nel 1998 su Shonen Jump e riproposta anche in The first Slam Dunk re: source. Per chi non consoceva questa storia si è trattato di qualcosa d’inedito, anche se le basi di Ryota già esistevano all’inizio della pubblicazione settimanale, dato che Inoue era interessato al basket giocato a Okinawa, con giocatori bassi che si muovevano moltissimo e velocemente, proprio come faceva Miyagi (un cognome comune in tale prefettura); un basket fortemente influenzato dall’America, dato che ancora oggi a Okinawa si trovano diverse basi militari americane.
Con la sceneggiatura delineata, il lavoro di realizzazione poteva cominciare e per farlo è stato usato il motion capture per rendere i movimenti dei giocatori durante la partita i più relistici possibili, a cui poi è seguito tutto il lavoro di messa a punto che ha portato a quanto visto su schermo. Un lavoro lungo (c’è da considerare che c’è stata anche la pandemia che ha rallentato il tutto, costringendo a lavorare a distanza), apparentemente senza fine, con Inoue che ha dovuto imparare tante cose, perché era in una situazione e in un ambito che non aveva mai affrontati prima. Una fatica immane, mossa dal desiderio di Inoue di rendere felici i lettori che tanto lo avevano seguito. Conclusa la visione del film e letto The first Slam Dunk re: source, si può asserire tranquillamente che c’è riuscito appieno. E si può capire un po’ di più cosa c’è stato dietro The first Slam Dunk, anche il significato del titolo, soprattutto di quel “The first”. In verità, è un po’ una sorpresa, perché Inoue ha scelto un titolo senza un senso netto, perché i significati possono essere tanti; ognuno potrà vederci quelli che vorrà. Ma forse il più significativo è quello del primo passo dopo il dolore.