
Nel 1968 Il pianeta delle scimmie ha lasciato un segno nell’ambito della fantascienza; derivato dal romanzo del 1963 di Pierre Boulle La Planète des Singes, il film ha dato il via a un filone vivo ancora oggi e non soltanto per quanto riguarda le pellicole cinematografiche. Devo ammettere che ancora oggi Il pianeta delle scimmie conserva un certo fascino e seppur siano passati quasi sessant’anni dalla sua uscita si mantiene ancora interessante anche sotto l’aspetto visivo; rivisto poco tempo fa (mi ricordavo davvero poco della prima visione, ero bambino), mi ha preso più degli ultimi film (quelli usciti dopo il remake del 2001, compreso).
Perché ho voluto riverderlo?
Avevo dei ricordi frammentari della serie televisiva uscita negli anni 70 ma la memoria che avevo di essa era positiva e ho voluto vedere se il giudizio rimaneva positivo rivedendo il primo film da adulto; devo dire che il riscontro è stato buono, benché la storia abbia qualche ingenuità ed errore. Un gruppo di quattro astronauti nel 1972 viene mandato nello spazio su un’astronave alla ricerca di un nuovo pianeta da popolare; essendo il viaggio lungo, vengono ibernati. Le cose però non vanno come dovrebbero: l’ibernazione che avrebbe dovuto durare settecento anni, in realtà, stando al calendario di bordo, è durata più di duemila anni. Ma i guai non finiscono qui: l’astronave, attratta da un pianeta desolato, precipita in un lago, finendo inabissata, senza contare che che uno dei membri dell’equipaggio, l’unica donna del gruppo, è morta durante l’ibernazione per un problema della sua cabina.
I tre sopravvissuti iniziano a esplorare il pianeta, che dapprima sembra inspitale, ma poi scoprono essere abitabile; mentre fanno un bagno i loro vestiti vengono rubati da un gruppo di uomini selvaggi e poco dopo sono attaccati da un gruppo armato di gorilla a cavallo. Uno viene ucciso, uno stordito e il terzo, Taylor, viene ferito alla gola da un colpo di fucile, perdendo per qualche tempo la voce. Scambiato per uno dei tanti selvaggi, viene rinchiuso in una delle celle di uno specie di zoo all’interno di una città abitata da scimmie capaci di parlare e con una tecnologia pre industriale.
Con il suo modo di fare attira l’attenzione della veterinaria Zira e del suo compagno, l’archeologo Cornelius, venendo chiamato Occhi Vivi perché dimostra di avere un’intelligenza evoluta, a differenza degli altri umani che sono considerati poco più di animali da cacciare o su cui fare esperimenti. Riuscito a scappare una prima volta, scopre con orrore che il compagno morto è stato imbalsamato e usato come attrazione in un museo; ritrova la voce quando viene ricatturato destando grande scalpore tra le scimmie, attirando soprattutto l’attenzione del professor Zaius, che ha molta paura di lui e per questo vuole lobotomizzarlo, come ha già fato con l’altro suo compagno sopravvissuto. Sottoposto a processo, viene difeso da Zira e Cornelius che vogliono dimostrare che è l’anello mancante della loro teoria, ovvero che le scimmie discendono da un’antica specie umana intelligente. Assieme al nipote Lucius, Zira e Cornelius liberano Taylor e Nova, una donna primitiva che aveva condiviso la cella con lui, e si recano nella Zona Proibita, un posto dove ci sono grotte con resti della civiltà umana.
Zaius, a capo di un manipolo di soldati, li raggiunge, ma viene catturato. Zira e Cornelius, portandolo dentro la grotta, gli mostrano degli oggetti (occhiali, dentiera e una bambola parlante che, piccola nota, dopo duemila anni non dovrebbe neppure più esistere, figurarsi parlare, dato che le batterie dovrebbero essere belle che andate) che Taylor riconosce. Con loro sorpresa, Zaius rivela che già sapeva la verità e che un tempo era davvero esistita una civiltà umana evoluta: fu lei a rendere la Zona Proibita il deserto che è tutt’ora. Taylor non crede alle sue parole ma viene lasciato andare via assieme a Nova. Il finale di Il pianeta delle scimmie è per me una degna conclusione della storia: cavalcando sulla spiaggia arriva a ciò che resta della Statua della Libertà e comprende il significato delle parole di Cornelius e perché teme tanto la razza umana, oltre a capire che il pianeta in cui si trova è la Terra dopo duemila anni, distrutta da un conflitto nucleare capace di distruggere la civiltà facendo regredire gli uomini a bestie ed evolvere le scimmie.
A parte alcune sciocchezze (la bambola che esiste e funziona ancora dopo duemila anni, il perché dopo duemila anni le scimmie abbiano scoperto le armi da fuoco ma non il motore (almeno quello a vapore) o l’elettricità), Il pianeta delle scimmie è un film interessante con il ribaltamento dei ruoli (l’uomo usato come cavia e gli animali che si comportano come persone) e un messaggio per niente banale contro la stupidità umana, la sua arragonza e l’essere l’unica specie capace di distruggere tutto. Bella la citazione durante il processo di una frase, parafrasata, di La fattoria degli animali di Gearge Orwell “Some apes, it seems, are more equal than others” (“Certe scimmie, a quanto pare, sono più uguali delle altre”).
Ho visto il film oggi per la prima volta, incuriosito dal tuo post! Be’, non l’ho trovato un gran che… a parte la mancanza di effetti speciali, e il trucco delle scimmie un po’ così, che magari sono fattori scusabili, trovo un po’ assurdo che le scimmie parlino inglese in maniera perfettamente comprensibile per il protagonista (dopo 1.200 anni che hanno la propria civiltà).
Quanto alla “prova” della bambola parlante, ai tempi del film questi giocattoli erano generalmente privi di batteria (col il filo si riavvolgeva un dischetto con incisi i suoni), tuttavia il problema che hai evidenziato rimane: come può funzionare dopo un millennio?
Insomma, ci sono un po’ di cose che mi fan cadere le braccia.
Di ingenuità ce ne sono e alcune mica da poco (non avevo pensato come potevano funzionare le bambole negli anni 60, devo ammetterlo, il pensiero è andato subito alle batterie); devo ammettere che però mi è piaciuto più di quanto immaginassi, forse è stato l’effetto nostalgia per quanto mi aveva lasciato la serie tv vista da piccolo (di cui ricordo pochissimo, ma mi sono rimaste delle buone sensazioni). Le braccia mi sono cadute invece con il seguito: poteva essere interessante, ma hanno avuto troppa fretta di farlo dopo il successo avuto con Il pianeta delle scimmie e hanno fatto un pasticcio.
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