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Il fallimento del boom del fantasy

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Qualche anno fa c’è stato il boom del fantasy in Italia.
Fu un periodo, per il settore, di grande esaltazione: in tanti ci si sono buttati, in tanti hanno scritto romanzi appartenenti a questa categoria. Le case editrici sfornavano fantasy a tutto spiano. In tanti inneggiavano a una ribalta del genere. A chi faceva notare che le cose non sarebbero durate se non si fosse cercata maggiore qualità, veniva detto di stare zitto, di non fare il menagramo, di smettere di voler male all’editoria vedendola come un male.
Un estratto di Il mestiere dello scrittore che spiega il fallimento del boom del fantasyL’editoria non era il male, ma la mentalità che l’aveva pervasa sì, perché si mancava di conoscenza, di preparazione, s’improvvisava e si agiva senza pensare; si è seguita la moda, si è cavalcata l’onda del momento, poi tutto è finito e il mercato del fantasy è stato bruciato, tornando qualcosa di nicchia. Le cause sono state tante, ma uno degli errori più grossi è stato il voler seguire la moda, scrivendo seguendo indagini di mercato.
Il fantasy vende? Allora bisogna scrivere fantasy, non importa come.
Naturalmente questa è stata la scelta sbagliata. Il motivo lo spiega chiaramente Haruki Murakami in Il mestiere dello scrittore.

Un romanzo è qualcosa che scaturisce spontaneamente dall’animo dell’autore, non si può cambiare strategia con tanta disinvoltura. Non lo si può scrivere con un obiettivo in mente, dopo aver fatto delle ricerche di mercato. Ammettendo che qualcuno ci riesca, un’opera nata in modo così superficiale non riuscirà a conquistare un gran numero di lettori. E anche se avesse successo per un certo periodo, né l’opera né l’autore resisterebbero a lungo, verrebbero presto dimenticati. Abraham Lincoln ha lasciato queste parole: «Si possono ingannare molte persone per breve tempo. Si possono anche ingannare poche persone a lungo. Ma non è possibile ingannare molte persone per molto tempo». Credo che la stessa cosa si possa dire del romanzo. Ci sono tante cose a questo mondo che trovano conferma col tempo, soltanto col tempo. (1)

1. Il mestiere dello scrittore. Haruki Murakami. Einaudi Super Et, pag. 174-175.

6 comments to Il fallimento del boom del fantasy

  • A parte la quantità di dilettanti allo sbaraglio che si sono cimentati, qualcuno dei quali però ha anche con un successo notevole (anche se non so quanto duraturo), per un certo periodo il fantasy è stato la cosa da fessi, facile facile, in cui chiunque “dell’ambiente” si poteva cimentare, sporcandosi un po’ le mani, per cercare un poco di successo.

    Un po’ come scrivere romanzi rosa. Molte case editrici hanno cercato di entrare nel filone senza amarlo per niente, e spesso anche disprezzandolo (apertamente, per quanto riguarda alcuni personaggi).

    Non mi stupisco dei risultati discontinui, non è che “in inglese” ci siano soltanto capolavori. Però di autori italiani validi ne son nati pochini, e forse poteva nascerne qualcuno di più. E soprattutto, il mercato dopo il “boom” è quello che è.

    • Già. Non che all’estero tutto ciò che è pubblicato sia capolavoro, ma ci sono un approccio e un’organizzazione diversa: basta pensare che l’opera più mediocre di Terry Brooks è superiore al meglio pubblicato in Italia.
      Degli autori/autrici italiani tanto in voga tempo fa, che riempivano gli scaffali nelle librerie, delle loro opere ora non se ne vede più nemmeno una (e sono stati di quelli duraturi). Con una mentalità diversa, forse poteva saltare fuori qualcosa di diversa, ma si è dato spazio a chi non se lo meritava: impietoso è il confronto con autori esteri come Murakami, King, Sanderson.
      Si sbaglia a fare il confronto con questi autori?
      No, perché ci si deve confrontare con il meglio e puntare al meglio. Invece in Italia si è fatto il contrario.

  • Personalmente credo che Francesco Dimitri (fra quelli che hanno trovato spazio fra gli editori) e vari autoprodotti (Girola, Greco, ecc…) in realtà non abbiano niente da invidiare agli autori stranieri, se non il numero di copie vendute e quattrini incassati.

  • Ho paura che tu abbia letto il Dimitri più loffio… avresti dovuto leggere Pan, ahimé.

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