Ormai stiamo andando incontro a una deriva dove sembra che, oltre il danno, si faccia apposta a prendere in giro.
Ce ne sono talmente tante che ormai non si sa più da che parte cominciare.
Si vuole imporre il vino senza l’uva e il formaggio senza il latte.
Ci sarebbero tante cose in cui impegnarsi per migliorare il mondo, ma sembra che far vivere meglio le persone non sia la priorità. Mentre è prioritario far sapere a tutto il mondo che un astronauta italiano ha portato in orbita un fumetto italiano (Rat-man).
Ci si lava la bocca che il Job Act funziona, ma finiti gli incentivi, le assunzioni a tempo indeterminato sono crollate, mentre è aumentato e non poco il lavoro a chiamata. Non bastasse continuare a sentire di sgravi, decontribuzioni, bonus per assumere i giovani (tutti gli altri che non hanno un lavoro allora sono da buttare? chissenefrega di loro?), in Italia da decenni continuano a esserci migliaia di persone con grande professionalità che vengono sfruttate come lavoratori socialmente utili, ovvero vengono fatti lavorare come e quanto le persone assunte regolarmente ma pagate con indennizzo di disoccupazione. E sono anche fortunate, perché c’è gente di cinquant’anni che fa il lavoro per il quale ha maturato molta esperienza ma viene pagato come un tirocinante (quattrocento euro lordi al mese). Questo è un breve sunto della puntata di Report trasmessa lunedì 23 ottobre.
Altro punto affrontato dalla trasmissione di Rai3 è stato quello della cioccolata. Già vedere di gente che fa il bagno nella cioccolata in centri benessere è un insulto che grida vendetta dinanzi a chi non ha nemmeno di che sfamarsi, scoprire che le certificazioni, che asseriscono che non vengono usati bambini per raccogliere le fave di cacao e che non sono usate le foreste protette per produrle, sono false, perché non controllano nulla ma si fanno però pagare profumatamente, fa passare la voglio di mangiare la cioccolata anche se si è degli appassionati.
Dulcis in fundo non poteva mancare il becero comportamento dei tifosi di calcio. Per l’ennesima volta sono i tifosi di una squadra di Roma a far notizia, istigando all’odio e all’antisemitismo, infangando il ricordo di una tragedia spaventosa; non contenti di ciò, si offendono perché la loro è solo una goliardata e li si deve lasciar fare perché si divertono così, perché fa parte dello sport, del gioco. Dinanzi a tali bestialità, le società e le istituzioni sanno fare solo dei bei discorsi, ma in concreto non fanno mai nulla per far smettere a questi “tifosi” (che tifosi non sono, ma solo violenti che vogliono sangue e morte: sì, perché l’immagine di Anna Frank con la maglia della Roma significa “tutti i romanisti sono ebri e come gli ebrei di allora devono morire”): le multe sono irrisorie e chiudere le curve per un paio di turni non fa cambiare nulla. Cambierebbe invece molto se si cominciasse a far perdere le squadre di questi “tifosi” a tavolino, se si cominciassero a togliere dei punti in classifica: se ogni volta che i tifosi fanno di queste bestialità, allo loro squadra venissero tolti 10 punti in classifica, le società interverrebbero prontamente e decisamente per far smettere queste “tifosi”. Motivo? Perdendo molti punti in classifica non raggiungerebbero gli obiettivi prefissati (vittoria del campionato, qualificazione alle competizioni europee) e questo comporterebbe perdite di decine di milioni di euro nel bilancio delle varie società: l’unico modo oramai per far agire le persone è fargli perdere dei soldi, l’unica cosa che per loro ha importanza.
I mezzi per cambiare la realtà ci sarebbero, ma la verità è che non si vuole cambiare la realtà. Si vuole invece continuare a prendere in giro.
Brîsa ciapér pr al cûl!
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