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L'abbrutimento di un popolo

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Il popolo italiano è un popolo abbrutito. Questo è un dato di fatto e gli elementi che dimostrano tale affermazione sono molteplici.
Innanzitutto la classe politica: i governanti sono specchio della maggioranza della popolazione. Questo rivela individui concentrati solo su loro stessi, che pensano esclusivamente al proprio interesse, dove l’unica cosa che conta è il raggiungimento di ciò che vogliono in barba alle leggi, alle correttezza, alla morale: ogni mezzo, ogni scelta è giustificata dal fine che si vuole raggiungere. Per questo si hanno così tanti casi di corruzione, di scandali, di truffe: è questo che è stata la politica e chi ha avuto il potere.
La gente di tutto ciò in parte si è scandalizzata, ma è stata ipocrisia, dato che a stare nel sistema si diventa come il sistema: molti fanno favori per ottenere vantaggi e ricercano favori per avere degli aiuti. Non si cerca più di valorizzare, di dare risalto alle proprie capacità, di meritarsi un obiettivo perché si è fatto un buon lavoro, si è dimostrato di avere i mezzi per portarlo a termine nel migliore dei modi: no, si ricerca l’appoggio di chi è in posizioni di potere cercando d’ingraziarselo attraverso la simpatia, le moine, i sorrisi, quando non si arriva a dare altro in cambio (prestazioni particolari e come già detto favori e soldi).
Chi è in posizioni di potere, anche se piccole, sfrutta al massimo il ruolo che ha, perché avere potere di vita e di morte (anche se va inteso come essere quelli che scelgono, che concedono qualcosa) fa sentire superiori, gratifica il proprio ego.
Invece di criticare e contestare questo modo di fare, di cercare di cambiarlo, i più si adeguano, si prostituiscono, soprattutto i giovani, che hanno buttato sogni, speranze, ideali nella toilet e si adattano a seconda del vincitore: i valori che hanno sono soldi, divertimento e apparire, i loro dei sono televisione e social network. Non si sbilanciano mai in giudizi, non prendono una posizione, ma rimangono a guardare, pronti a seguire la corrente del momento.
Loro sono responsabili di quanto fanno, ma una responsabilità l’hanno anche i genitori che con il loro esempio hanno dato un certo indirizzo: il fatto che non abbiano fatto nulla per difendere i propri diritti sul lavoro e se li siano fatti togliere un pezzo alla volta senza fare nulla, restando in silenzio, dimostra quale modello hanno trasmesso ai figli. Questo modo di fare ha insegnato che la dignità dell’individuo non ha alcun valore, che non si deve avere rispetto per niente e per nessuno, neppure per se stessi, conta solo l’adeguarsi, l’asservirsi al sistema imperante.
Lo dimostrano i beceri striscioni juventini che allo stadio irridevano la tragedia la Superga, usandola come sfottò, come se fosse una barzelletta, giocando sulle morti del passato, mostrando spregio e disprezzo per la vita altrui. Come facevano i nazisti con i prigionieri dei campi di concentramento, divertendosi della morte altrui.
Oppure, sempre restando calcio, le proteste dei tifosi di tutelare il diritto all’insulto verso l’avversario, perché devono essere liberi di poter dire agli altri tutto quello che gli passa per la testa. Ma della libertà non conoscono assolutamente nulla.
Senza andare nel grande e parlare del fatto che al governo sale gente che tiene la parte dei più ricchi e fa leggi a favore di imprenditori e affini, di chi lavora nelle istituzioni che bada solo a tirare lo stipendio senza pensare a fare davvero il proprio lavoro, basta guardarsi attorno nel piccolo per capire dove si è arrivati.
Auto che si fermano ai margini della strada scaricando sacchetti di rifiuti.
Bottiglie di birra vuote gettate dai finestrini di auto in corsa.
Persone che appena vedono succedere un incidente invece di chiamare i soccorsi e magari dare i primi aiuti tirano dritto o si fermano a filmare la scena per metterla in rete.
Bambini che ai supermercati gettano a terra la roba degli scaffali e i genitori che non gli dicono nulla, che lasciano fare e nemmeno rimettono a posto “perché tanto le persone che lavorano nei supermercati sono pagate proprio per mettere a posto.”
I dipendenti dei supermercati che vedono, lasciano fare e non rimettono a posto perché hanno contratti di un mese o poco più presso società interinali che non verranno rinnovati, e quindi che lavorino bene o male non farà nessuna differenza, pertanto tirano fino a sera senza darsi tanto da fare.
Gente che prende cani da tenere in giardino e poi lascia il cancello aperto perché possano andare a girare liberamente, senza considerare che possono farsi male e fare male, essere un pericolo per il traffico, causando incidenti, perché “tanto sono assicurati”, dimostrando grandi irresponsabilità e menefreghismo, dimostrando la convinzione che basta pagare e si è esentati da qualsiasi dovere e responsabilità, si è al di sopra di tutto, come purtroppo è stato esempio un ventennio di governo di destra.
Un modo di fare che ha seguito la cultura del soldo e della non-cultura, facendo dell’ignoranza la propria bandiera, come spiegato in questo articolo.
Se si pensa che il quadro di quanto mostrato sia fosco, si consideri che è solo un piccolo accenno di una situazione molto più tragica, resa ancora più drammatica dal fatto che non se ne vuole essere consapevoli.

In viaggio con la testa (Deadpool)

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Nel 1999 la Black Isle faceva uscire Planescape: Torment, un videogioco di ruolo sviluppato per computer basato sulle regole di Ad&D (Advenced Dungeon & Dragons) con ambientazione il multiverso di Planescape. Uno dei migliori videogiochi realizzati di sempre per quanto riguarda trama, storia e dialoghi (in questo articolo se ne parla approfonditamente): proprio questi elementi sono stati il punto di forza del gioco più dei combattimenti. Ottima è stata la caratterizzazione dei personaggi rendendoli caratteristici e indimenticabili: un cadavere condannato alle fiamme eterne che continua a esistere, una sboccata ladra tiefling, una bellissima dama spettrale, una stupenda succuba che ha scelto la via della castità, un drone (unico tra i suoi simili) ad avere una personalità, un’armatura infestata dal fantasma di chi un tempo l’ha indossata. Senza contare il fantastico due che si ha all’inizio del gioco composto dal protagonista Nameless One (individuo dall’aspetto pieno di cicatrici con la mente che gli gioca strani scherzi che a seguito di un rituale grazie al quale non può morire, ma si “rigenera” ogni volta che sembra essere deceduto) e il fido compagno Morte, un teschio fluttuante dalla parlantina sciolta e sempre pronta che proviene da un’altra dimensione, il piano infernale di Baator, dove era parte dalla colonna di teschi.
Un duo che fa venire in mente uno più recente, quello composto da Deadpool e Headpool nella storia creata da Victor Gischler per il volume della Marvel In viaggio con la testa. Una storia stravagante, alle volte quasi geniale, che riprende fatti narrati nella saga Marvel Zombi, capace di far ridere per le sue bizzarrie e per il protagonista sopra le righe. Per chi volesse scoprire di più, in questo articolo si possono scoprire maggiori elementi sia sul volume citato, sia sul suo protagonista.

La Battaglia di Tull

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La Torre Nera di Stephen King è una saga iniziata nel 1982 con L’ultimo Cavaliere, l’opera omnia dello scrittore statunitense che ha allacciamenti a molte sue altre opere (Le notti di Salem, Cuori in Atlantide, L’ombra dello Scorpione, Gli Occhi del Drago, Il Talismano per citarne alcune): composta di sette volumi più uno spin off (Il canto del vento), ha trovato nella serie a fumetti iniziata nel 2007 dalla Marvel un modo per raccontare degli eventi di cui nei romanzi spesso si è solo accennato; in questo modo si è avuto modo di conoscere il passato di Roland Deschain, il pistolero, il protagonista della saga. Fumetti si sono sempre tenuti su livelli più che buoni, mostrando cura e attenzioni particolari, sia a livello di trama, sia di grafica, dove a figure sempre presenti (King, Robin Furth, Richard Isanove, Peter David), se ne sono alternate altre, specie per quanto riguarda i disegni (Jae Lee, Sean Phillips, Luke Ross, Michael Lark).
Come per la serie dei romanzi, si è arrivati all’ottavo volume e proprio l’ultimo volume uscito, La Battaglia di Tull, è la delusione di tale produzione: non c’è assolutamente nulla di nuovo, vengono riproposti fatti di cui si è già a conoscenza se si sono è letto il primo libro. E’ vero che questo succedeva anche con La nascita del pistolero, ma tale volume riproponeva i fatti di La sfera del buio: un volume corposo e ricco di eventi, a differenza di questo che risulta essere quasi la metà, ma con un prezzo superiore (19.50 E contro i 16.50 E del primo).
Un prodotto ben confezionato, questo sia chiaro. Ma, come ho scritto nella
recensione per FM, di fronte a uno dei volumi a fumetti più brevi pubblicati finora sulla Torre Nera e più cari, considerando che appena alla prima lettura i vari fascicoli si sono già scollati, non si può certo essere soddisfatti. Se a questo si aggiunge che se le pubblicazioni continueranno a non immettere nulla di nuovo del Nuovo Mondo, ma a limitarsi a riproporre quanto già conosciuto, divenendo solamente un’operazione commerciale per continuare a sfruttare un prodotto che ormai ha già dato tutto, la delusione non può che aumentare.

L'eccezione che conferma la regola

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In tempi di crisi come questi, i modi per riuscire a vendere, a creare mercato sono o la realizzazione di prodotti di qualità o l’abbassamento dei prezzi di vendita: questo vale per tutti i settori.
Ma c’è chi decide di andare controcorrente, di percorrere la strada opposta.
E’ il caso dell’editore Fanucci, che dopo aver proposto il romanzo Elantris di Brandon Sanderson in versione economica al prezzo di 30 E, adesso ha deciso di proseguire su questa strada anche su altri libri. La nuova edizione economica di La Ruota del Tempo di Robert Jordan è stata rincarata del 70%, riportando i prezzi attuali (9.90 E) a quelli della precedente (16.90 E). Alle proteste dei lettori, la casa editrice ha risposto così sulla sua pagina facebook: “Cari lettori che si sono lamentati del ritorno al prezzo originale dei romanzi che compongono il ciclo della Ruota del Tempo di Robert Jordan, dico loro: ma come potete pensare che volumi di una foliazione minima di 800 pagine e massima di 1200 pagine possano costare per l’eternità da 6,90 a 9,90 euro?
Ma ci sono libri di formato analogo in Italia con prezzi così bassi?
Ecco, la risposta che chiedete è la risposta che vi date.”

Una pessima scelta quella di Fanucci che genera una pubblicità negativa nei suoi riguardi, come se non bastassero altre scelte sbagliate fatte in precedenza. Se si sapeva che non si potevano mantenere simili prezzi per questa edizione, perché proporli? Quella che doveva essere una mossa intelligente per attirare lettori si è rivelata controproducente, dato che si è dovuto cambiare politica, portando un rialzo; mezzi per promuovere diversamente la nuova ristampa dei romanzi di tale saga c’erano.
Questo dimostra come la case editrice non abbia una gran organizzazione, non abbia idee chiare e una rotta precisa, ma vada avanti senza una gestione precisa e studiata, che valuti bene prima di agire, come purtroppo molta dell’imprenditoria del nostro paese fa.
Non ci si meravigli di come le cose stiano andando: senza preparazione, intelligenza, organizzazione e professionalità non si va da nessuna parte.

L’Italia è un paese innovativo

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L’Italia è un paese innovativo, va sempre dietro al nuovo. Peccato che il nuovo sia sempre qualcosa di vecchio. E’ così con le mode, è così con la tecnologia, è così con la politica: è un copione che sempre si ripete. Berlusconi, Veltroni, Grillo: persone che si sono date da fare per ottenere una poltrona, per avere potere, non certo per fare il bene della popolazione italiana, di cui non importa nulla. Ora c’è Renzi (un altro individuo dello stesso stampo di Berlusconi), che ha tanto lavorato per la sua scalata e che è responsabile dell’ennesima crisi di governo che porta nuova instabilità. Non che quello che si stava facendo stesse migliorando le cose, si sapeva che non si sarebbe andati avanti a lungo, non con equilibri così sottili dove bastava un niente per mandare in fumo varie proposte e lavori, ma è l’ennesima dimostrazione che ai politici (o presunti tali) interessa solo ottenere potere sempre e comunque e questo a discapito della gente comune, che è quella che sostiene tutto questo baraccone. Da notare come, se mai andasse al governo, Renzi abbia intenzione di mettere nei ruoli di ministri degli industriali: questo la dice lunga su che parte verrà favorita e dove si andrà a parare.
La questione è dolente e preoccupante, ma lo è ancora di più un altro fatto: le persone non hanno imparato a riconoscere questo genere d’individui e continuano ad andargli dietro tutte le volte che se ne presenta uno. Se poi ci si trova in certe situazioni e periodi, non ci si chieda perché.

A proposito d’industriali. In un periodo e in una situazione come questi sono dimostrazione di sprezzo e presa in giro le parole di John Elkann riguardo il lavoro: “Il lavoro c’è ma i giovani non sono molto determinati a cercarlo”. Fa riflettere sulla gravità di tali affermazioni il fatto che sia stato un altro imprenditore, Diego Della Valle, a giudicare e criticare queste affermazioni. “E’ una vergogna che uno degli Agnelli dica che oggi i giovani hanno un posto di lavoro. Lui appartiene a una famiglia che ha distrutto una quantità industriale di posti di lavoro e di conseguenze le speranze di molti giovani. Uno che si permette di dire che i giovani se ne stanno a casa perché non hanno voglia di lavorare, perché il lavoro c’è, è un imbecille.”

Tentativi di peggioramento

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Il caso Electrolux che tanto in questi giorni sta tenendo banco è allarmante e non solo per il fatto che centinaia di lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro (lavoratori degli impianti Electrolux, ma anche dell’indotto che lavora per tale ditta): il tentativo da parte della dirigenza di colpire il contratto e i diritti dei dipendenti è stato molto grave e pesante. Dimezzamento degli stipendi, riduzione dell’orario a 6 ore lavorative, taglio dei 2.700 euro di premio aziendale dell’80%, blocchi dei pagamenti delle festività e degli scatti di anzianità, riduzione di pause e permessi sindacali (-50%): una proposta che subito ha fatto levare la protesta, ad agire contro di essa. Di fronte a ciò, la dirigenza ha subito ritirato la proposta giustificandosi con un tipicamente italiano “avete capito male” e modificando la linea di condotta.
Ma rimane il fatto che il tentativo è stato fatto e se fosse stato accettato e attuato, avrebbe creato un pesante precedente, al quale poi tante altre ditte sarebbero andate dietro (Fiat docet), peggiorando ancora di più la condizione dei lavoratori e di conseguenza il mercato, i consumi, l’economia, rendendo tutto ancora più drastico.
Ancora più gravi sono state le opinioni e i “consigli” dei cosiddetti esperti e della gente legata alla politica che indicavano come l’unica soluzione possibile l’accettazione di quanto proposto dalla dirigenza, asserendo che era meglio lavorare per poco che non lavorare, che bisogna adattarsi, fare sacrifici. Ma i sacrifici li devono fare sempre e solo i lavoratori dipendenti, gli operai, la gente comune, sempre a stringere la cinghia, sempre ad accettare di tutto e a sottomettersi: la gente che dà simili consigli non ha problemi, ha sicurezza economica perché ha stipendi elevati che un lavoratore normale si sogna e non sanno cosa significhi tirare avanti, fare i conti con un sistema sempre più schiacciante che grave sempre sulle loro spalle. Accettare simili proposte significa solo dare il via a un continuo peggioramento delle condizioni di vita, a perdere sempre più diritti, arrivando a lavorare in condizioni di poco migliori della schiavitù, se non uguali.
Finora si è sempre fatto così, da quando sono state immesse le società di lavoro interinale, le decine di tipologie di contratto e la cosiddetta flessibilità: il risultato è stato un peggioramento continuo.
Quanto tempo ancora ci vuole per imparare la lezione?

Il tempo delle fiabe

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Andare alla ventura oltre un confine, protagonisti di una storia ancora sconosciuta, senza più paura di essere se stessi: è ciò che tutti hanno desiderato da bambini; da adulti ci sembra un desiderio troppo grande, e perciò pericoloso. Tipico degli adulti è infatti pensarlo in forme, al contempo, ridotte e riprovevoli, così che vi si esprima il timore che ne hanno: non «Che bello sarebbe andare via», come dice un bambino, bensì: «Mi andrebbe di ubriacarmi, di tradire, di drogarmi, così da dimenticare ciò che ho intorno, almeno per un po’, e poi sia quel che sia»…
Sia allora, sia oggi vediamo prevalere, in forme diverse, la convinzione che la mente dell’individuo non possa legittimamente estendersi oltre un certo limite, riconosciuto come tale dalla maggioranza – e non possa perciò percepire nulla al di là di esso. A stabilire tale limite, è sempre la fase che una civiltà sta attraversando: è inevitabile che così sia, poiché una civiltà, per continuare a esistere, ha bisogno che le sue popolazioni adoperino soltanto alcune facoltà della mente, e non altre. Se intuissero di più, pensassero di più, e se provassero sentimenti più profondi, la civiltà nella quale vivono apparirebbe loro arretrata e oppressiva, e si disgregherebbe per lasciar posto a una civiltà più evoluta.
Il vero scopo del limite che una determinata civiltà pone a una mente di chi ci vive sia superarlo, scoprendo direzioni ulteriori. Ma…la sua civiltà non lo tollererebbe. Verrebbe emarginato, osteggiato dai moltissimi che a quella civiltà si sono adeguati, e in particolar modo da chi in quella civiltà esercita un qualche potere o gode di una qualche autorevolezza. Costoro, infatti, sono pronti a battersi per ribadire quel limite della mente, e difendere con esso la civiltà che lo impone – perché tengono ai vantaggi di cui godono all’interno di quella civiltà. E con costoro non va cercato alcun dialogo. Non vanno ascoltati, perché se li ascolta è soltanto per venir ascoltati da loro: e chi vuol essere ascoltato da loro, deve per forza rimanere al di qua di quel limite, se vuole che le sue frasi siano comprensibili a chi appartiene alla sua civiltà. È un giro vizioso, dinanzi al quale non si ha altra scelta sensata se non quella di andarsene via.

Il libro dell’abbondanza, pag.74-75. Igor Sibaldi.

Questa è la realtà attuale dell’Italia: un paese retrogrado, becero, dove tutto è truffa, raggiri, speculazioni e sfruttamento. Dove non si investe, non c’è sviluppo perché si dice che i soldi mancano; la verità è che i soldi ci sono, solo che se li intascano corrotti e truffatori per accumulare sempre più soldi e potere, per avere sempre maggiori benefici.
Ma il problema non sono solo questi individui: il problema sono le persone che si sono adattate e hanno accettato questa realtà, ritenendo che visto che questo è il sistema imperante, allora bisogna adeguarsi, fare come fanno gli altri perché la verità e la ragione sta dalla parte della maggioranza, di chi è al potere. Niente di più falso e sbagliato, ma il problema è che milioni di italiani perpetrano questo modo di fare e vivere facendo allargare la palude che è il nostro paese. Non contenti di questo, osteggiano, emarginano e cercano di far tacere chi mette in guardia, cerca di dare una scossa, spinge per andare oltre questa stagnazione.
La verità è che perché le cose cambino, queste generazioni che attualmente imperano tanto facciano la stessa fine di quegli ebrei lasciati nel deserto da Dio per quarant’anni: solo allora potrà esserci la possibilità di costruire qualcosa di nuovo.

Andare via

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In un periodo così basso, cupo, becero dove si scivola sempre più basso, c’è una canzone che esprime bene quanto si prova.

C’era un tipo che viveva in un abbaino
per avere il cielo sempre vicino
voleva passare sulla vita come un aeroplano
perché a lui non importava niente
di quello che faceva la gente
solo una cosa per lui era importante
e si esercitava continuamente
per sviluppare quel talento latente
che è nascosto tra le pieghe della mente
e la notte sdraiato sul letto, guardando le stelle
dalla finestra nel tetto con un messaggio
voleva prendere contatto, diceva:

“Extraterrestre portami via
voglio una stella che sia tutta mia
extraterrestre vienimi a cercare
voglio un pianeta su cui ricominciare

Una notte il suo messaggio fu ricevuto
ed in un istante é stato trasportato
senza dolore su un pianeta sconosciuto
il cielo un po’ più viola del normale
un po’ più caldo il sole, ma nell’aria un buon sapore
terra da esplorare, e dopo la terra il mare
un pianeta intero con cui giocare
e lentamente la consapevolezza
mista ad una dolce sicurezza
“l’universo é la mia fortezza!”

“Extraterrestre portami via
voglio una stella che sia tutta mia
extraterrestre vienimi a pigliare
voglio un pianeta su cui ricominciare!”

Ma dopo un po’ di tempo la sua sicurezza
comincia a dare segni di incertezza
si sente crescere dentro l’amarezza
perché adesso che il suo scopo é stato realizzato
si sente ancora vuoto
si accorge che in lui niente é cambiato
che le sue paure non se ne sono andate
anzi che semmai sono aumentate
dalla solitudine amplificate
e adesso passa la vita a cercare
ancora di comunicare
con qualcuno che lo possa far tornare, dice:

“Extraterrestre portami via
voglio tornare indietro a casa mia
extraterrestre vienimi a cercare
voglio tornare per ricominciare!
Extraterrestre portami via
voglio tornare indietro a casa mia
extraterrestre non mi abbandonare
voglio tornare per ricominciare!”

Extraterrestre di Eugenio Finardi

Di Grandi Fratelli 2

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Che 1984 di George Orwell abbia molto da insegnare è fuori discussione. Nell’articolo precedente si è visto come attraverso la tecnologia l’individuo che vive nella società attuale non sia libero, ma continuamente studiato, monitorato, la sua sfera privata invasa. Già di per sé questa situazione è allarmante, ma ugualmente preoccupante è il fatto come la memoria sia labile, ci si dimentichi di quanto è stato, come se nulla fosse successo e quelli che un tempo erano nemici e rivali ora siano alleati. Come si sa, questo è il gioco della politica, attuato da chi è al potere per cercare il maggior numero di consensi e appoggi e consolidare la propria posizione, ma a tutto c’è un limite: un contesto assurdo se si pensa per esempio a quello italiano dove la sinistra, la destra e il centro non si differenziano più, non hanno più idee proprie, ma s’incrociano per fare alleanze traballanti ed equivoche pur restare al potere (si veda quanto ha fatto Renzi, che è andato a fare un accordo con Berlusconi, facendo rientrare dalla finestra chi è stato condannato per i suoi reati e che invece non dovrebbe più avere a che fare con il mondo politico).
In tutto questo è allarmante come la popolazione lasci fare, si adatti, si sottometta rassegnata a poteri che volendo potrebbe annullare: ci si dimentica che le persone che sono al potere sono state votate dalla popolazione e che come sono state messe in certi ruoli possono essere anche tolte. Ma l’appiattimento di pensiero impedisce il cercare di cambiare la situazione, in modo molto simile a quello che succede in 1984 dove l’unica forma di pensiero ammissibile è il Bipensiero, con i suoi famosi slogan “la menzogna diventa verità e passa alla storia”, “chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”: non è un caso che ci sia stato negli anni passati il tentativo dei governi di destra di revisionare e riscrivere i testi di storia, stravolgendone la realtà con menzogne atte a tirar acqua al proprio mulino e a modificare la realtà a proprio favore. Proprio come fatto in 1984 dove i testi vengono riscritti continuamente espellendo tutto quanto non sia in linea con le idee del momento del Socing: tutti i fatti che rivelino contraddizione o fallibilità del partito vengono periodicamente e sistematicamente cancellati e sostituiti, la storia non esiste più, se non per dare ragione al Partito (stessa cosa avviene in un’altra opera di Orwell, La fattoria degli animali, dove i comandamenti sulla parete del granaio cambiano in base al pensiero di chi le crea e tutti li accettano a causa della propria ignoranza e passività).
Va preso in considerazione anche l’appiattimento del linguaggio realizzato attraverso le trasmissioni televisive che culturalmente e intellettualmente sono sempre andate al ribasso, trattando temi sempre più poveri e superficiali; stessa cosa è accaduta con le produzioni di quotidiani, riviste e libri, dove in prevalenza le tematiche girano attorno a pettegolezzi, cotte, avventure amorose e sesso (libri di successo come quelle legati alle serie di Twilight e alle varie Sfumature ne sono la dimostrazione). Non è un caso che con un’ignoranza così dilagante chi è al potere si rafforzi sempre più, perché non si hanno i mezzi per ribellarsi al sistema: davvero, come inneggia il Grande Fratello, “l’ignoranza è forza”, perché permette di controllare una popolazione intera. Con l’impoverimento del linguaggio, dove non si hanno più tante sfumature dovute alle conoscenze di un gran numero di parole risulta difficile concepire un pensiero critico individuale.
Se poi si pensa alle attuali produzioni in campo letterario e musicale realizzate in Italia che sono tutte dello stesso stampo, non ci si meraviglia di trovare somiglianze con quello che veniva realizzato nel romanzo di Orwell, dove produrre letteratura, ossia la scrittura a mano, è stata di fatto abolita: poesie, canzoni e romanzi vengono realizzati automaticamente da complessi macchinari elettromeccanici detti versificatori, in base a schemi predefiniti.
Orwell non è stato certo l’unico a mostrare sistemi del genere: basta pensare a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury dove i pompieri non spengono incendi ma li appiccano, bruciando i libri come decreta la legge, alienati da schermi televisivi grandi come pareti pieni di slogan che appiattiscono e condizionano la mente della popolazione. Ma anche Alan Moore e David Lloyd con V per Vendetta hanno raccontato della perdita di libertà e d’identità in un mondo totalitario, la cronaca di un mondo in cui regnano la disperazione e un’opprimente tirannia. I due autori s’ispirano molto ai lavori di Orwell e Bradbury: criticano i sistemi totalitaristici e narrano di un personaggio che si ribella al sistema, che vuole vedere oltre la realtà come appare, vuole scoprire la verità. Ma se in 1984 il protagonista Winston Smith è destinato a fallire nel suo intento e ad adattarsi al sistema e in Fahrenheit Montag fugge dal sistema per non farne più parte e avere la speranza in futuro di cambiare lo stato delle cose, nel fumetto di Moore e Lloyd il protagonista V (di cui non si conosce l’identità perché indossa sempre una maschera di Guy Fawkes) attua il processo di distruzione del sistema totalitaristico minandolo con colpi mirati alle persone di potere e agli organi di controllo, attuando nello stesso tempo l’insegnamento di consapevolezza di cui l’individuo deve essere cosciente per poter essere creatore di qualcosa di nuovo. V è l’uomo attivo che non più subisce, ma agisce per cambiare le cose, proprio come fece il personaggio storico da cui la maschera trae ispirazione: nell’immaginario inglese Guy Fawkes è un terrorista cattolico che provò a far esplodere il Parlamento nel tentativo di uccidere il re Giacomo I con tutta la sua famiglia e gran parte dell’aristocrazia protestante; esecutore del piano ideato da Robert Catesby, venne tradito e catturato e poi giustiziato. Il tentativo di cambiare il sistema fallì, ma l’idea di ribellarsi e agire contro un potere ingiusto rimase nei secoli: “Ricorda per sempre il cinque novembre e la congiura contro lo stato. Ricorda e sta’ attento che quel tradimento mai e poi mai sia dimenticato”, è la filastrocca nata in memoria di quel giorno che ogni anno viene festeggiato in Inghilterra bruciando fantocci a immagine dell’attentatore. Naturalmente Moore e Lloyd nella loro opera hanno rivoltato l’idea di questa festa, facendo di Guy Fawkes un eroe, un’icona cui ispirarsi, creando un piccolo grande capolavoro che non ha nulla da invidiare alla migliore letteratura dei migliori scrittori esistiti.

Allo stesso modo fa Guy Gavriel Kay con Il paese delle due lune, mostrando come la divisione e l’ignoranza siano una debolezza e possano spezzare un’intera nazione, frammentandola in tante parti divise tra loro: questo è lo scenario dell’Italia attuale, ma anche quello che tante volte si è visto in passato nella sua storia. Oggi come allora la nazione è divisa, non geograficamente, ma nello spirito. Più che nazione sarebbe corretto parlare di persone che abitano nello stesso luogo, perché gli italiani non sono individui che formano un paese coeso, ma individualisti che pensano al proprio interesse e nient’altro, ben rappresentati dalla classe politica e dirigenziale, specchio di ciò che gli italiani sono realmente. Kay con la sua opera fantastica mostra sì la storia del nostro paese, ispirandosi a un tempo (quello rinascimentale) dove si era soggetti all’egemonia di potenze straniere (a nord il regno austro ungarico a sud il regno borbonico), vessato e spezzato in tanti stati che litigavano tra loro, ma anche e soprattutto la sua anima, il suo spirito privo di forza e unità. Non è un caso che l’autore canadese chiami la penisola in cui è ambientata la vicenda il Palmo, utilizzando questa immagine per dare forma al dialogo che meglio mostra il pensiero di cui il suo romanzo è permeato:
«Che cosa c’è di tanto divertente, vecchio mio?» chiese l’uomo dagli occhi grigi.
«Voi », rispose il guerriero. «Tutti voi. Non ho mai visto tanti ciechi in una sola stanza.»
«Che intendi dire?» chiese con sospetto il mercante di lana.
«Occorre spiegarlo?» mormorò l’uomo di Khardhun, fingendosi stupito. «Va bene, allora. Perché mai dovrebbe prendersi il disturbo di rendervi schiavi?» Indicò il mercante che aveva dato inizio alla discussione. «Se cercasse di farlo, quel poco di virilità che rimane ancora nella penisola potrebbe giungere a ribellarsi.»
Ettorcio tornò a guardare nervosamente la porta.
«Viceversa», proseguì l’uomo di Khardhun, «se si limita a spremervi con tasse e pedaggi e confische, può ottenere lo stesso risultato senza far infuriare nessuno. Alberico», terminò, bevendo un sorso di birra, «non è uno stupido.»
«E tu», disse l’uomo dagli occhi grigi, «sei uno straniero insolente e arrogante! »
L’uomo di Khardhun smise di sorridere. Fissò minacciosamente il mercante, ed Ettorcio ringraziò gli dei di avergli fatto togliere la spada, quando era entrato.
«Sono qui da trent’anni», disse l’uomo dalla pelle nera.
«Da prima che tu nascessi, scommetto. Proteggevo le carovane su questa strada quando tu bagnavi ancora il letto. E per il fatto di essere uno straniero, be’, l’ultima volta che ho chiesto informazioni, mi hanno detto che Khardhun era un paese libero. Noi siamo riusciti a ricacciare indietro gli invasori, e questo è più di quanto possa dire qualsiasi uomo della penisola!»
«Voi avevate la magia! » esclamò il ragazzo che faceva colazione appoggiato al banco. «Noi no! È il solo motivo!»
L’uomo di Khardhun si girò verso il ragazzo e gli rivolse una smorfia sprezzante. «e pensi di poter dormire meglio, credilo pure. Forse sarai più contento di pagare le tue tasse, o di patire la fame perché non c’è grano. Se invece vuoi sapere la verità, te la posso dire gratis.
Diversi uomini si erano alzati in piedi e fissavano con ira l’uomo di Khardhun.
Guardandosi attorno, questi disse chiaramente: «Noi abbiamo ricacciato indietro Brandin di Ygrath, quando ci ha invaso, perché il Khardhun ha combattuto come una sola nazione. Voi siete stati sconfitti da Alberico e da Brandin perché vi preoccupavate troppo delle piccole dispute di confine tra voi, o di che duca o che principe dovevano condurre l’esercito, che prete o che sacerdotessa doveva benedirlo, chi doveva stare al centro e chi alle ali, dove si doveva trovare il campo di battaglia, o chi era maggiormente amato dagli dei. Le vostre nove province sono state inghiottite dai due maghi una alla volta, un dito alla volta. Io ho sempre pensato», terminò, fra il silenzio degli avventori, «che la mano combatte meglio quando è stretta a pugno.»
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Un insegnamento da ricordare, perché la memoria serve a rammentare il passato con le sue lezioni da assimilare e comprendere; un bene che va difeso perché se dalla conoscenza viene potere, dall’ignoranza viene sottomissione e un popolo senza memoria, senza coscienza di sé è un popolo spezzato, come succede con quello di Tigana, il cui nome è stato gettato nell’oblio da una maledizione.

1. Il paese delle due lune, pag. 197,198. Guy Gavriel Kay. Sperling&Kupfer 1992