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L'Ultima Ragione dei Re

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Niente è mai come sembra.
Niente va mai nella maniera in cui si pensa.
Nessun desiderio che diventa realtà si realizza nel modo in cui si era sognato.
Questi sono i pilastri su cui si basa L’Ultima Ragione dei Re (il titolo del romanzo riporta la stessa frase incisa sui cannoni di Luigi XIV) di Joe Abercrombie, terzo capitolo di La Prima Legge e degna conclusione della trilogia. In questo volume viene mostrato il vero volto dei personaggi, delle trame nascoste, del passato: le carte vengono scoperte e si fa i conti su come stanno le cose. Naturalmente la verità non è mai come ce la si aspetta e soprattutto è qualcosa che non è per niente piacevole.
Con un realismo duro, cupo, crudo, senza nessuna pietà e abbellimento, Abercrombie fa fare al lettore i conti con che cosa sia il potere: qualcosa di brutale, nascosto, un burattinaio che tira le fila dietro le quinte senza mai farsi vedere, ma sempre presente. Una presenza pericolosa che usa chi gli fa più comodo quando gli conviene ed è pronto a sostituirlo appena perde utilità o c’è qualcuno di più utile: una manipolazione continua che calpesta gli individui e i loro sentimenti, le loro aspettative.
Un mondo spietato dove più che il come si vive conta il sopravvivere e il non essere schiacciati, non subire ferite (non troppe per lo meno): non esiste onore, non esiste dignità, solo cercare di andare avanti senza non prenderne troppe, piegandosi alle leggi del più forte e del compromesso. Se non si seguono queste leggi, si ritorna alla terra nella maniera più sanguinosa, sporca e violenta possibile. Nessuno è risparmiato da questo gioco, nessuno si salva da questo meccanismo, tranne i morti.
Non ci sono personaggi positivi in questo romanzo, nessun eroe, anche se nei libri precedenti può esserci stata una piccola illusione. Di alcuni già lo si sapeva. L’Inquisitore e poi Superiore Glokta era il perfetto esempio di tale icona: aveva passato e visto troppe cose quando era prigioniero dai Gurkish perché il suo animo, non ché il suo fisico, non fosse stravolto dalla sofferenza e ne venisse cambiato, divenendo quell’oscura figura che tanto incute timore in chi lo incontra perché sempre con le mani sporche di sangue (in tutti i sensi). I generali Kroy e Poulder sempre in conflitto tra loro per ottenere la supremazia l’uno sull’altro. L’arcilettore Sult sempre alla ricerca di ottenere maggiore potere. Dow il Nero, che non risparmia niente e nessuno e trova un certo piacere nell’uccidere.
Ma per alcuni c’era il barlume, se non di una redenzione totale, di un cambiamento che potesse rendere migliore la loro vita, nonché loro stessi: Logen Novedita, Ferro, Jezal, West. Nessun di loro riesce a dare una svolta che possa cambiare in meglio la propria vita. Chi non impara dagli errori del proprio passato e continua a ripeterli, chi continua a perseguire i propri propositi di vendetta e si ritrova ad avere solo questo dalla vita; chi avendo ottenuto posizioni di potere insperate, nonostante i buoni propositi, si deve inchinare lo stesso a qualcosa di più grande di lui, soprattutto a causa della propria codardia. Compromessi, squallore, violenza, ipocrisie, menzogne sia verso gli altri sia verso se stessi: nessuno ne è escluso, tutti ne sono colpiti.
Quelli che i bardi cantano come atti eroici, momenti epici sono solo falsità, abbellimenti per incantare le masse e gli sciocchi: non c’è nulla di eroico, di epico, nella guerra, nel potere. Le figure dei grandi tanto osannati e ammirati non sono altro che una costruzione realizzata ad arte per perseguire fini personali e mascherare la verità. Perché la verità è che non esiste imparzialità, non esiste giustizia come spesso ci si illude, perché elementi come la storia, la giustizia sono qualcosa creato dai vincitori e piegato ai loro voleri perché li servano nel miglior modo possibile per mantenere il loro potere.
Potere. E’ questo tutto quello che conta. E’ questo tutto quello che cercano gli uomini: arrivare a essere un dio che manipola tutto e tutti, che costruisce e distrugge a proprio piacimento, latore di vita e di morte. Ma più che un dio, simili figure sono solo una cosa: i più grandi bastardi che la razza umana abbia mai conosciuto.

Le Dominazioni di Brandon Sanderson

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Perché il nuovo possa nascere, il vecchio deve morire.
E’ una legge che la sapienza trasmessa dalla saggezza da sempre insegna, il principio che sta alla base del cambiamento e dell’esistenza.
Così è per l’uomo (che dopo ogni esperienza, anche se in apparenza rimane uguale, muta perché ciò che era stato scompare e viene sostituito da ciò che è divenuto), così è per i mondi.
Spesso si parte dall’idea che il nuovo sia qualcosa di positivo e migliorativo rispetto a quanto è stato; un’evoluzione che abbia rafforzato gli aspetti buoni e sia andata a correggere o eliminare i lati negativi.
Una linea di pensiero corretta, basta avere una conoscenza e una consapevolezza tali da permettere di muoversi in maniera costruttiva e mirata. Se vengono a mancare queste condizioni, l’esito può non essere quello preventivato, ponendo in una condizione peggiore di quella che si era conosciuta.
E’ da tale punto che prende inizio la saga Mistborn di Brandon Sanderson. Un mondo scaturito dalle convinzioni e dai modi di agire di molti.
Possono davvero le scelte dei singoli individui andare a condizionare e modificare la struttura e il destino di un pianeta?
Una domanda retorica, la cui risposta è certamente.
Sanderson lo fa in maniera figurativa, ma mostra come le scelte degli uomini possano influenzarlo. Certo, nella realtà non esistono poteri superiori tali da far avvicinare gli uomini a divinità distruttive o creative, ma ogni scelta ha potere ed effetto sulla realtà circostante di chi la effettua. E la somma di tali scelte produce un risultato significativo. Un risultato che, nel bene e nel male, dimostra la forza e l’importanza del libero arbitrio concesso agli esseri umani e per il quale si è arrivati a correre il rischio di perdere tutto, come già l’autore scrive nelle prime pagine della sua storia attraverso i pensieri del Campione delle Ere “Le profezie di Terris dicono che io avrò il potere di salvare il mondo. D’altra parte lasciano intendere che avrò anche il potere di distruggerlo.”(1). Un modo perché nel lettore si instauri il sospetto che gli uomini, essendo creature materiali (e pertanto fallibili), possano far prendere una piega sbagliata alle cose, dando un risultato diverso da quello che ci si aspettava.
E il quadro di un mondo in cui ci sono piogge di cenere, le foglie degli alberi non sono verdi e la nebbia è una presenza costante, rende fin da subito l’idea della piega che può aver preso il passato.
Come già altre storie e miti hanno narrato, il mondo è stato vicino alla sua fine: una profezia antica l’ha rivelato. E una profezia altrettanto antica ha mostrato che c’era un modo per salvarlo.
Ma le profezie spesso sono nebulose, traviate da traduzioni erronee o manipolate perché si raggiungano certi scopi. Proprio quest’ultimo è il punto più pericoloso perché è difficile capire chi sta agendo nell’ombra e dello scopo che si è prefisso di raggiungere. Senza la sua conoscenza gli uomini non sono che pedine usate e il mondo, anch’esso una parte viva dell’esistenza, non è altro che un tavolo, una scacchiera su cui altri si muovono. Almeno fino a quando non si arriva al punto di rottura dell’equilibrio: a quel punto diventa una forza vendicatrice fuori controllo perché ci si è spinti oltre certi limiti.
Così gli uomini, sicuri di essere padroni del mondo e di disporre a proprio piacimento delle sue risorse, si ritrovano a essere in lotta con poteri di cui sono stati all’oscuro per secoli, la cui conoscenza è stata tenuta segreta da colui che avevano considerato un dio, il Lord Reggente. Un uomo che sì ha acquisito un grande potere, ma che è stato grazie a un’abile artefatto che è riuscito a mantenere per secoli la vita e il potere; un’azione in apparenza mossa da uno smisurato ego e da avidità, ma che in realtà cela una grande paura e il tentativo disperato di salvare il mondo da una mente ancora peggiore di quella che ha creato una società basata su nobili e schiavi, suddividendo in maniera squilibrata la ricchezza del pianeta tra pochi scelti, lasciando a molti soltanto le briciole per sopravvivere.
Una società gerarchica con lui a capo di tutto, aiutato da Inquisitori e Stipulatori per tenere sotto controllo la nobiltà e assicurarsi che le rigide regole dettate fossero rispettate: perfino le nascite erano controllate e soltanto quelle tra simili erano permesse, perché non potesse esserci niente in grado di mettere in pericolo il potere di quello che da molti era considerato un dio.
Certo, questo può sembrare la tipica paranoia dei tiranni e dei potenti che hanno paura di perdere il proprio trono e regno, che temono la morte. E il Lord Reggente teme la propria morte, ma non per se stesso, che ormai sente la propria vita come un pesante fardello che a fatica porta sulle spalle, quanto per gli altri, dato che vede la propria scomparsa come la rimozione dell’unico ostacolo capace di fermare quella forza che in ogni modo vuole uscire dalla prigione in cui è stata confinata. La cessazione della sua esistenza renderebbe vera la legge che ciò che ha un inizio ha anche una fine; perché, anche se agli occhi di molti il suo regno è stato un dominio di sopraffazione, schiavitù, limitazione, è anche vero che ha salvato tutto da una fine definitiva: le sue azioni erano per la salvezza. Solamente che nel momento della scelta non ha avuto altro modo per attuare il suo intento: la mancanza di conoscenza, l’ignoranza che stava alla base delle sue origini, non gli ha permesso di fare di più. Avendo tra le mani un potere divino, ma non il modo di gestirlo a dovere, ha potuto solo attuare soluzioni che tamponassero i danni.
Il pianeta troppo vicino al sole avrebbe bruciato sì le nebbie, ma anche ogni altra cosa, perciò fece sorgere i Monti Cenere, così che eruttando i fiocchi scuri creassero un velo capace di proteggere dai violenti raggi solari; a seguito di ciò dovette modificare la vegetazione del mondo perché potesse sopravvivere alle nuove condizioni climatiche e allo stesso modo anche gli uomini. E perché non ci fosse qualcuno che malauguratamente potesse trovare il luogo capace di liberare il pericoloso potere e la coscienza che vi era legata, modificò l’intera geografia del pianeta.
Come nel passato la mancanza di conoscenza fu causa di problemi e sofferenze che avrebbero pagato in molti (come le crociate per estirpare ogni religione e culto fino a farne perdere ogni ricordo), di nuovo essa risulta essere fonte di problemi quando le azioni mosse dal gruppo di ribelli guidati da Kelsier portano alla caduta del Lord Reggente: tutti si aspettavano che si aprisse una nuova era.
E così s’è verificato, ma di nuovo l’ignoranza ha portato conseguenze da fronteggiare senza esserne preparati (non è un caso che Sanderson abbia scelto come ambientazione un mondo in stile medievale. E’ proprio l’uso di fortificazioni, castelli, merli, guglie, simboli di uno dei periodi più bui e chiusi della storia qual è stato il Medioevo, che rende al meglio un periodo permeato da paura, mancanza d’apertura, rappresentato anche dalla ristrettezza di vie di comunicazioni e possibilità di scambi con altre società, mantenendo per secoli nella civiltà delle Dominazioni praticamente fermo lo stato d’avanzamento dell’evoluzione e dello sviluppo tecnologico). Questo è avvenuto perché la conoscenza non è soltanto una questione d’accumulo culturale, come fanno i Custodi, che seguono una tradizione secolare il cui scopo credono essere quello di dare una speranza, una ragione per gli uomini per vivere meglio; depositari di un grande sapere, sono privi di quell’unico tassello che darebbe una visione nuova e completa a tutto l’insieme, permettendo di trovare la chiave della storia del mondo. Infatti, per secoli si sono mossi ignorando che ogni religione aveva un frammento per creare questa chiave capace d’aprire la porta a una conoscenza in grado di sistemare ogni cosa, rimetterla al proprio posto.
Quante volte si sono ascoltate storie del genere, storie di culture che hanno perso il sapere del passato e sono andate in rovina o scomparse. Quante volte ascoltando i credo di diverse religioni ci si è accorti di cogliere delle sfumature simili, rendendosi conto che nessuno di essi possiede la verità assoluta, ma ognuno racchiude frammenti di verità che permettono di raggiungere una comprensione maggiore dell’esistenza.
Ma perché questo avvenga occorre una ricerca tenace come quella intrapresa da Vin, convinta che le nebbie che scivolano sul pianeta non siano soltanto un elemento atmosferico e che ci sia qualcosa d’importante nascosto dai Kandra (creature che si scoprirà essere nate dal potere e dalla manipolazione, non certo dall’evoluzione naturale), e un lavoro di tutta una vita come quello portato avanti da Sazed.
E’ proprio l’unione di questi due fattori che non solo porta alla luce il fatto che il mondo conosciuto non è che un’ombra, una brutta copia di quello originale, ma che permette di raggiungere una salvezza insperata e poter dare vita a un nuovo mondo, un mondo che sarà come quello che era un tempo e anche molto di più, perché ha avuto la possibilità di andare avanti.
Privo delle restrizioni del passato che aveva mantenuto un sistema statico, si è sviluppato un nuovo stile di vita, basato sul progresso, su una tecnologia simile a quella dei primi anni del nostro ventesimo secolo: ferrovie, macchine a vapore, strade e case illuminate dall’elettricità.
Il mondo cambia e così anche il modo di vedere le conoscenze passate: quello che un tempo era considerato realtà, ora è visto come racconti, tradizioni appartenenti a miti e religioni, fatti che sono considerati storie lontane e distanti dalla realtà.
Così accade sempre per ogni cosa che diventa passato, lasciando posto al nuovo. Ma se si sa cercare, si scopre che c’è sempre la verità sotto strati di dimenticanza: aspetta solo d’essere riscoperta.

(1) L’ultimo impero, pag 41. 2009 Fanucci Editore

Il ciclo dei Mistborn: L’Ultimo Impero, Il Pozzo dell’Ascensione, Il Campione delle Ere, La Legge delle Lande

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero 5 della rivista Effemme)

Primavera

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Macchine Fangoformanti

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Un modello, un esempio, può essere fonte di forte influenza sui singoli e sulle masse, specie se esso occupa un grosso spazio nella vita di un individuo: è attraverso quanto vede fare che l’uomo impara, riesce a cavarsela, soprattutto da piccolo, perché se non viene accudito, non gli viene insegnato, è destinato a morire, a differenza degli animali che hanno l’istinto che li guida, sapendo già in che modo devono muoversi. Per questo l’uomo nei suoi primi anni di vita va per imitazione e con il sopraggiungere della sua maturità, dello sviluppare una propria consapevolezza, acquisisce una propria autonomia.
Questo in teoria. Perché l’andare per imitazione mantiene radici forti, fa parte di quell’adattarsi all’ambiente per poter sopravvivere che non l’ha mai abbandonato; a questo va poi aggiunto che il potere del condizionamento, specie in questa società dove si ha una diffusione dei media enorme, fa agire gli uomini non in maniera libera: un processo inconscio che fa adeguare al modello imperante. Ad andare con lo zoppo s’impara a zoppicare, a stare nel sistema si diventa come il sistema: si scelga il motto che si preferisca, ma il risultato non cambia. E in Italia purtroppo se ne ha un esempio che ha imperato per anni e le cui conseguenze ancora si stanno avendo; di questo si deve ringraziare Berlusconi e il Berlusconismo da lui derivato.
Anche se aderire, far parte di sistemi come il nostro, porta ad avere una sorta di cancellazione della memoria e dimenticare quello che è stato, non ci si può dimenticare di un periodo che ha avuto grande influenza sulla vita del paese, dove tutto doveva essere a favore di una sola persona al governo, che proprio perché era al suo interno faceva leggi a suo favore, sia per proteggersi dai reati commessi, sia per guadagnare il più possibile a livello economico. Una persona che si è ritenuta intoccabile, sopra di tutti, sopra della legge, che di essa se ne faceva e continua a farsene beffe, che perché occupava una certa posizione e aveva soldi le doveva essere concesso fare di tutto.
Proprio questo modo di fare è stato preso a modello, anche da chi non era dalla sua parte, anche chi si dichiarava contro di lui e la sua politica. Chiunque in questa società si sente in diritto di dire e fare quello che vuole, ritenendo di non dover patire nessuna conseguenza (vedasi i beceri striscioni di juventini e fiorentini). Le regole ci sono, ma non vengono rispettate perché non c’è nessuno che le fa rispettare e nessuno che abbia la voglia di farlo, creando legioni di Ponzi Pilati che se ne lavano le mani. Chiunque abbia un minimo di potere, ricopra un certo ruolo, ne approfitta al massimo per far pesare la posizione che ha, per dimostrare la sua superiorità, per dare soddisfazione al proprio ego. Vere e proprie Macchine Fangoformanti atte allo spregio, alla prevaricazione, all’appropriazione indebita, alle piaghe diffuse della raccomandazione e del “cane non mangia cane”, dove, anche se si sbaglia, si prevarica, s’insulta, si lede la dignità umana, la si passa liscia. I più di fronte a queste cose sono indifferenti, lasciano correre, provando fastidio per chi le fa notare, lamentandosi che invece dovrebbero starsene zitti e accettare le cose come stanno perché non ci si può fare nulla; i pochi che rinnegano questo lassismo si ritrovano a lottare contro mulini a vento, perché se si denuncia cosa non va ci si ritrova a osservare che le denunce vengono lasciate cadere perché il potere difende sempre il potere e per questo c’è la divisione tra esseri umani si serie A e di serie B. Gli individui, dinanzi a tali modi di fare, sono solo oggetti da usare per soddisfare i fini personali di altri, che vengono buttati quando non sono più utili oppure quando non agiscono secondo le linee guida di chi comanda.
E così è in tutti i luoghi, in tutti i posti organizzati da umani. Nessuno escluso. L’uomo non ha più un valore, è solo uno strumento da usare.

Incontri serali

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Il Battesimo del Fuoco

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Quinto volume pubblicato in Italia, dove i primi due sono antologie di racconti, Il Battesimo del Fuoco è il terzo capitolo della esalogia di romanzi di Andrzej Sapkowski dedicati allo strigo Geralt di Rivia. Come spesso accade ai volumi di mezzo di una saga è quello che risulta più lento, dove accadono meno eventi salienti e le vicende si svolgono con più calma, aggiungendo alla trama meno di quanto è accaduto nei volumi precedenti e di quanto il lettore desidera.
L’attenzione in questo romanzo è centrata prevalentemente su Geralt con qualche scorcio dedicato a Ciri (ora unitasi alla banda dei Ratti con il nome di Falka, dove, senza più una guida si ritrova a dare libero spazio a lati di sé oscuri e inaspettati), a Yennifer (sparita dalla scena all’improvviso nel romanzo precedente e ricomparsa magicamente in questo) e agli intrighi politici delle varie nazioni coinvolte in un conflitto dove molto pare girare attorno alla Bambina Sorpresa salvata anni prima dallo strigo. Regnanti, maghi: davvero in tanti sono interessati a ritrovare quella che è l’erede di Cintra e utilizzarla per i propri fini.
Anche Geralt è alla sua ricerca, legato a lei da un legame che era stato ben mostrato in La Spada del Destino, qualcosa di così potente che non può essere ignorato, che rende lui e la ragazza vicini anche se sono lontani, seguendoli con sogni che lasciano da pensare. Dopo essere rimasto per qualche tempo a Brokilon, dove è stato curato dalle driadi per le gravi ferite subite a Thanedd a causa dello scontro con il mago Vilgefortz, lo strigo si è rimesso in marcia in compagnia di Ranuncolo e di Milva, una giovane arciera, e ha visto il proprio gruppo aumentare strada facendo. Un viaggio pericoloso attraverso regioni solcate dalla guerra, segnate dalla crudeltà e brutalità dei soldati, dagli orrori delle carneficine perpetrate, dove però è possibile incontrare anche piccoli miracoli e gesti gentili da chi meno ce lo si aspetta, facendo domandare quale sia la vera origine del male, se esso sia insito nella natura degli esseri viventi, se dipenda dalla necessità del momento o da ciò che uno decide di essere. Un viaggio se si vuole disperato, visti gli ostacoli con cui ha a che fare e soprattutto il non sapere dove possa trovarsi la giovane Ciri. Geralt avanza mosso dall’incrollabile volontà di trovarla, non importa come e con quali sacrifici (ma solo all’apparenza), deciso a farcela da solo, come se si trattasse di una sorta di espiazione, ma costretto ad accettare suo malgrado la necessità di dover ricevere aiuto da altri per riuscire nella sua impresa, trovandosi a sorridere amaramente per gli scherzi che alla volte la vita ha da riservare.
Il Battesimo del Fuoco risulta essere una lettura piacevole, che scorre veloce, senza mai annoiare, ma meno d’impatto come è stato La spada del destino. Andrzrej Sapkowski si dimostra essere uno scrittore capace di coinvolgere il lettore con storie semplici (questo però non significa semplicistiche), anche quando tende a raccontare più che a mostrare: altri autori sono stati stroncati per aver fatto tale scelta. Sarà il fatto di narrare storie che vedono protagonisti creature del mito e delle favole, di mostrarle per quelle che sono, ma anche di porle sotto una luce diversa, di non rendere così definito il confine tra luce e tenebre, di giocare con i luoghi comuni, ma i romanzi dell’autore polacco non risultano mai noiosi o banali, adempiendo bene al compito d’intrattenere con una buona lettura.

Germogli

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Words of Radiance

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Negli Stati Uniti è uscito in questi giorni Words of Radiance, secondo volume della saga Stormlight Archive di Brandon Sanderson.
Visto che per il momento non si può parlare di qualcosa che non si è letto, ecco un paio d’immagini evocative realizzate da Michael Walen sul mondo di Roshar.

Shallan

Words of Radiance

Vette montane

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