Messia di Dune se fosse proposto oggi a una casa editrice troverebbe pubblicazione? In Italia, molto probabilmente no: il secondo romanzo scritto da Frank Herbert ambientato nel mondo di Dune verrebbe scartato senza tanto pensarci su. Motivo? Troppo complesso, troppo riflessivo, introspettivo, con Herbert spesso a mostrare i processi mentali dei personaggi a discapito dell’azione. Questo è Messia di Dune: un romanzo con finestre aperte sulla mente dei protagonisti. Qualcuno (o più di uno) potrebbe ritenere questo romanzo troppo filosofico, troppo impegnato, troppo pieno di elucabrazioni, troppo difficile da leggere. E da un certo punto di vista, si può anche dargli ragione vista la qualità media degli italiani: non c’è affatto da sorprendersi di tale qualità, dato che una buona parte delle persone è impegnata a perdersi nel guardare video di Tiktok con una soglia di attenzione veramente bassa (soglia che passa da qualche minuto a qualche secondo) e si ha una scarsa padronanza della lingua italiana (già con frasi più lunghe di due righe si va in difficoltà), solo per citare un paio di problemi. Tutto ciò non meraviglia affatto, visto poi il livello di preparazione e di cultura che si ha a tutti i livelli: se si pensa a certe uscite che fanno certi ministri (su tutti quello alla cultura), si capisce perché per i più Messia di Dune sia una lettura di categoria troppo elevata, di una caratura superiore la norma (ma molto superiore).
Dopo questa breve disamina sul livello di una parte dei lettori italiani (e c’è da ringraziare se leggono qualcosa che non sia solo i commenti sui social), veniamo a parlare del romanzo di Herbert. Sono passati dodici anni da quando Paul Atreides ha sconfitto gli Harkonnen (anche se occorre notare che, benché lo sappiano in pochissimi, anche nelle vene di Paul scorre in parte sangue Harkonnen) ed è diventato lo Kwisatz Haderach, la figura tanto ricercata e programmata dalle Bene Gesserit; tuttavia non è lo Kwisatz Haderach che si aspettavano (sottoposto al loro controllo): Paul, alla guida dei Fremen, scatena una jihad che lo porta a conquistare un mondo dopo l’altro, facendolo divenire il capo dell’universo conosciuto.
Nonostante la posizione acquisita e il grande potere che possiede (la prescienza, la capacità di vedere i futuri possibili), Paul non è al sicuro: gli Harkonnen sono stati sconfitti, l’Imperatore piegato, ma altri tramano alle sue spalle: le Bene Gesserit, la Gilda, i Tleilaxu e persino la sua consorte, la principessa Irulan, figlia dell’Imperatore. Tutti mirano per un motivo o per l’altro a controllarlo, a trovare un punto per renderlo debole e soggetto al loro potere: chi attenta alla salute di Chani, la sua amata, rendendola sterile perché non possa dargli degli eredi, chi invece cerca di colpirlo nei suoi affetti facendo ritornare in vita, sotto forma di ghola (una sorta di clone), Duncan Idaho, suo amico e protettore fin da quando viveva su Caladan.
A tutto ciò si aggiunge che Paul è schiavo delle visioni che ha del futuro e non può sfuggirgli, pena scatenare degli scenari ancora peggiori; così, è costretto a scegliere tra tutti i mali quello minore, ma lo stesso per lui sarà un prezzo alto da pagare.
Ogni personaggio (da Paul, a Duncan/ghola, Irulan, Stilgar, Alia) affronta i suoi conflitti interiori, i propri demoni e Herbert lo mostra con lunghi monologhi interiori, dove le questioni sono sviscerate con profondità e intensità. Così è per buona parte del romanzo, dove tutto è una preparazione per il finale; macchinazioni, complotti, ogni cosa fa parte di una partita a scacchi fra i vari contendenti, dove ognuno cerca di avere la meglio sull’altro. L’azione vera e propria è concentrata praticamente tutta nel finale e questo è una cosa che ai lettori moderni potrebbe non piacere, dato che per buona parte del libro non succede nulla; se a questo ci si aggiunge la bassa soglia di attenzione che in diversi hanno adesso e la difficoltà a seguire trame che non siano lineari (ci si può immaginare cosa ne potrebbero pensare della saga Malazan, molto più complessa e articolata di quella di Dune), si può capire come Messia di Dune sia un romanzo che attualmente non riscuoterebbe grande successo.
Sinceramente, questi elementi che seguono i più per me non hanno valore e posso dire che Messia di Dune è una lettura interessante; non siamo al livello del primo romanzo, Dune, tuttavia mostra bene i limiti del potere, i dubbi e le debolezze di chi sta in certe posizioni di guida o comando, evidenziando come spesso determinate figure vengono idolatrate e idealizzate. Paul, nonostante i poteri che ha acquisito, è un uomo e come ogni uomo ha dei limiti che non possono essere superati; purtroppo, avendo creato un sistema di governo dove la religione ha una parte importante (si può dire fondamentale) è quasi giocoforza che i sudditi, di cui molti sono anche fedeli, lo venerino come un profeta o un dio, aspettandosi da lui sempre qualcosa di eclatante, che possa risolvere ogni problema o richiesta.
C’è però un’altra cosa da tenere conto: l’arrivo o la nascita di certe figure porta cambiamenti e non sempre questi piacciono, perché c’è chi vuole rimanere ancorato alle tradizioni. Allora dallo scontento nasce il tradimento, la scissione, anche tra quelli che dovrebbero essere grati per quello che è stato fatto. Da tempo i Fremen sognavano che su Dune ci fosse più acqua, ma quando questo è cominciato ad accadere, ad alcuni la cosa non è piaciuta perché andava a cambiare il loro modo di vivere e di vedere la vita; a questo punto il tanto decantato messia non è più stato tale e Paul oltre ai nemici esterni si è trovato ad avere a che fare anche con il fuoco amico.
Non si rivela altro di Messia di Dune perché raccontare di più sarebbe fare uno spoiler troppo grande (anche se c’è chi potrebbe suggerire che essendo ormai passati più di cinquant’anni dalla sua uscita non lo sarebbe), ma è una lettura consigliata per chi cerca qualcosa che non dà la pappa pronta e fa pensare. Un romanzo non per tutti, ma un libro che tanti avrebbero bisogno di leggere.
Non ho letto i seguiti di Dune, quindi non potrei valutare, ma penso che lo stesso primo libro della saga potrebbe avere delle difficoltà ad essere pubblicato, oggi come oggi.
Anche se non è detto… Il Problema dei Tre Corpi ha avuto successo pur essendo una lettura tutt’altro che facile. Ma le prime cento pagine di Dune sono tutta preparazione di quello che deve succedere. Io ho fatto fatica, e altri che conosco hanno mollato lì la lettura.
Pensa che se per Dune le prime cento pagine sono di preparazione, per Messia di Dune l’azione si riduce praticamenente alle ultime quaranta/cinquanta pagine, tutto il resto è preparazione. Considera che si è di fronte a un libro di trecentoventi pagine (parlo dell’edizione che ho io, che è quella postata nell’articolo)
[…] ucciso durante un attacco nemico, e due perché i gemelli (un maschio e una femmina) li avrà in Messia di Dune, morendo subito dopo il parto; forse non è tutta colpa sua, forse sono stati fatti troppi tagli, […]