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La forma della voce

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La forma della voceLa forma della voce è davvero un bel film. In rete si possono leggere delle critiche secondo le quali, per quanto Naoko Yamada abbia fatto un buon lavoro, non sia riuscito a mettere tutto quello che il manga di Yoshitoki Ōima ha raccontato in sette volumi, rendendo non del tutto chiara la storia. Sicuramente il manga potrà dare un quadro più completo della storia come spesso succede, ma anche se non ho letto l’opera di Oima posso dire con certezza che La forma della voce di Naoko Yamada è perfettamente comprensibile ed è qualcosa di toccante e meraviglioso.
Certo, in un paio di occasioni ci si chiede se certe situazioni potevano essere affrontate e mostrate in modo differente (quando la madre di Ishida s’arrabbia con il figlio per l’aver provato a suicidarsi, minacciando di bruciare i soldi che lui ha racimolato per rimborsarla della cifra che lei ha dovuto restituire per i danni che ha fatto ai tempi delle elementari; o come la sorella minore di Nishimiya cambiare voce facendosi passare per ragazzo), ma la pellicola non ne risente per niente.
Shoya Ishida è un bambino esuberante e scalmanato, che va sempre in giro con i suoi amici Hirose e Shimada; vive con la madre che fa la parrucchiera e una sorella maggiore, e ha una esistenza tutto sommato tranquilla. La sua vita cambia quando in sesta elementare arriva una nuova bambina, Shouko Nishimiya, che è sorda e per comunicare inizialmente usa un quaderno, visto che nessuno dei compagni conosce il linguaggio dei segni; solo Sahara, sua compagna di classe, cerca d’imparare tale linguaggio, mentre tutti gli altri non ne vogliono sapere, a partire da Ueno, che è la prima a opporsi quando la maestra di musica propone di dedicare qualche minuto della lezione a imparare il nuovo modo di comunicare con Nishimiya.
Dopo un iniziale periodo in cui si cerca di accettare la nuova arrivata, le cose prendono una piega sbagliata e tutto comincia da Ishida, che comincia a prendere sempre più in giro Nishimiya e a farle scherzi sempre più pesanti, specie quando le strappa dalle orecchie i costosi apparecchi acustici e li rompe, gettandoli lontano.
Benché sia Ishida a dare il via alla bullizzazione di Nishimiya, nessuno si è opposto al suo modo di agire: spesso si è lasciato correre (anche il maestro della classe ha chiuso gli occhi), alle volte si è stati partecipi degli scherzi e delle prese in giro. L’unica che è stata vicina alla nuova arrivata è Sahara e per questo anche lei è stata presa di mira, al punto che ha cambiato scuola. Rimasta sola, a Nishimiya non è rimasto altro da fare che rivolgersi alla madre che ha denunciato la cosa alla scuola; invece di prendersi ognuno le proprie responsabilità, a partire dal maestro della classe, tutto è stato gettato sulle spalle di Ishida, che viene scelto come capro espiatorio. Anche i suoi due più cari amici gli voltano le spalle e anzi, gli si rivoltano contro, cominciando a bullizzarlo.
Nonostante quanto subito, Nishimiya non porta rancore e cerca di essere dalla parte di Ishida, rimediando per come può agli scherzi dei compagni a suo danno (pulisce il banco del ragazzo imbrattato dagli insulti lasciati dagli altri), ma Ishida non riesce a comprendere il suo modo di fare e prova repulsione nei suoi riguardi e i due finiscono per accapigliarsi.
Nishimiya non finisce l’anno nella scuola elementare e si trasferisce in un altro istituto. Ishida invece patisce quello che ha fatto patire e la cosa continua anche alle medie, al punto che si chiude sempre più in se stesso, non riuscendo a guardare negli occhi gli altri. Arrivato al liceo, pensa e va vicino al suicidio gettandosi da un ponte, ma mente sta per gettarsi, sulla riva del fiume alcune persone fanno scoppiare dei petardi e quel semplice rumore lo fa fermare.
Divenuto consapevole di ciò che ha fatto passare alla ragazza per via anche di quello che ha passato (essere isolato da tutti, non avere amicizie che lo sostengono nei momenti difficili), decide di rimediare ai suoi errori e la va a cercare, cercando di divenire suo amico, proprio come lei aveva fatto con lui; proprio per questo prima impara il linguaggio dei segni ed è nel centro dove viene insegnato che reincontra Nishimiya.
Superata la diffidenza di Yuzuru (la sorella minore di Shouko, che inizialmente scambia per un ragazzo), che funge un po’ da sua guardia del corpo, Ishida si avvicina sempre più a lei. Nel mentre comincia a uscire dal guscio depressivo in cui era caduto e fa amicizia con un suo compagno di classe, Tomohiro Nagatsuka, dopo averlo aiutato con un bullo. Questo fa avvicinare altre persone, come Miki Kawai, che è stata in classe con lui anche alle elementari, e Satoshi Mashiba, che frequenta Kawai.
Per un po’ le cose sembrano andare bene, ma il ritorno nella sua vita di Ueno, compagna delle elementari che odiava Nishimiya accusandola di essere responsabile di quanto accaduto a Ishida, rompe l’equilibrio che si era andato creando, facendo litigare il piccolo gruppo formato da Ishida, Nishimiya, Sahara, Kawai, Mashiba e Nagatsuka.
Ishida si allontana da loro, rimanendo vicino soltanto a Nishimiya e Yuzuru, riuscendo perfino a farsi accettare dalla loro madre, che non l’aveva perdonato per quanto fatto alla figlia maggiore. Ma le parole di Ueno rivolte a Nishimiya fanno ricadere la ragazza in un forte stato depressivo (dopo gli atti di bullismo, era andata vicino al suicidio), al punto che prova a togliersi la vita gettandosi dal terrazzo di casa sua; solo l’intervento tempestivo di Ishida la salva, ma nel farlo il ragazzo rimane ferito e finisce in coma.
Al suo risveglio, lui e Nishimiya finalmente si chiariscono completamente e decidono di rimediare a ciò che è rotto, parlando con gli altri membri del gruppo e riappacificandosi, andando insieme al festival scolastico.
La forma della voce non è solo un film che denuncia il bullismo e quanto male può fare, ma mostra anche altri aspetti negativi dell’infanzia, come la crudeltà di cui possono essere capaci i bambini, perché non sono solo quelle creature innocenti e candide che spesso certe produzioni fanno passare. Ishida sicuramente è la figura che più mostra questo aspetto, ma gli altri compagni di classe non sono da meno. C’è Ueno, con i suoi commenti sprezzanti e il suo cinismo atto sempre a prendere in giro. Kawai, apparentemente gentile, ma che per non incorrere nella disapprovazione altrui, tace davanti ai soprusi, e anzi ride di essi, salvo poi fare la vittima quando viene tirata in ballo. Shimada, miglior amico di Ishida alle elementari, che non fa nulla per fermarlo e anzi, lui come tutti gli altri sorride delle angherie che commette, salvo poi colpirlo alle spalle davanti ai professori e dire che era colpa sua di quello che era successo a Nishimiya; non contento di ciò, comincia poi a perseguitare l’amico proprio come lui faceva con la ragazza, rivelandosi un individuo freddo, opportunista e doppiogiochista.
Anche gli adulti non ne escono ben rappresentati. Il maestro delle elementari è un menefreghista, infastidito dalla presenza di Nishimiya, che la vede come un peso e un intralcio per le sue lezioni; anche lui, come tanti alunni, lascia correre sugli scherzi feroci che fa Ishida. La madre di Nishimiya, troppo fredda, dura e iperprotettiva verso la figlia. In questo film i “grandi” o sono assenti o non agiscono, lasciando i giovani a cavarsela da soli; si salvano solo la mamma di Ishida e la nonna di Nishimya.
Bisogna parlare anche di un altro aspetto che il film mette in mostra: il suicidio. Il Giappone è un paese con un alto numero di suicidi tra gli adolescenti (anche se c’è da dire che è in aumento pure in altri paesi); il bullismo fa certamente la sua parte, ma lo è anche il sistema di vita del paese nipponico, che spinge a primeggiare, a ottenere buone posizioni, che alle volte fa ricadere troppa pressione sulle spalle dei ragazzi, divenendo insostenibile e spingendo a fare gesti estremi. E quando ci si trova vicini a questi fatti, ci sono sempre delle domande che tormentano chi resta. Perché è stato fatto questo gesto? Perché non ci si è accorti che qualcosa non andava? Si poteva fare qualcosa per evitarlo? Se solo gli si fosse parlato, gli si fosse rivolto un sorriso, un incoraggiamento, forse, allora, le cose sarebbero andate diversamente… E se…
Domande a cui non c’è risposta, che lasciano solo rimpianto e senso di colpa.
Fortunatamente, La forma della voce non è solo questo, anzi si può dire che più che altro è una storia di redenzione, della ricerca di una catarsi che liberi dal senso di colpa; certe azioni non possono essere cancellate e dimenticate, ma si può capire da esse gli errori che si sono commessi e più non commetterli. Le conseguenze del passato sono pesanti, e possono perseguitare e condizionare il presente e il futuro se non si riesce a comprenderlo e a superarlo. La cosa più pesante da affrontare però è accettare se stessi e non odiarsi per quello che si è o si è fatto: in questo Ishida e Nishimiya sono uguali. Lui odia se stesso per quello che ha fatto; lei per quello che è, anche se non ha alcuna colpa (nel film non viene mostrata l’origine della sua disabilità, cosa che fa invece il manga).
Questi però non sono gli unici punti in comune tra i due: entrambi non hanno padre (non viene spiegato se sono morti o se ne sono andati, ma questo non ha importanza: quello che ha importanza è la loro assenza), entrambi sono stati bullizzati e attraverso questa esperienza hanno sviluppato un modo di fare più compassionevole, che a un certo punto li farà avvicinare (è meglio dire che sarà Ishida a cercare di riavvicinarsi, perché Nishimiya aveva cercato di farlo da subito). E se si vuole, La forma della voce mostra anche come alle volte è difficile comprendere il confine che c’è tra odio e amore, al punto che si possono confondere i due sentimenti: Ishida è troppo piccolo per comprendere questo stato delle cose e nella confusione che si crea dentro di lui, finisce per credere di odiare e non sopportare Nishimiya, accorgendosi solo anni dopo che la questione era invece diversa.
Un film che tutti dovrebbero vedere e che soprattutto dovrebbe essere fatto vedere nelle scuole ai più giovani.

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