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Ci si può fidare della tecnologia?

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O meglio, ci si può fidare dei gruppi, delle persone che la creano?
Un dilemma di non facile soluzione, specie quando si vive nell’Era del Grande Fratello (come scritto anni fa da George Orwell in 1984) e dell’Economia, dove per far soldi si è capaci di accantonare qualsiasi valore etico e morale, oltrepassare quei limiti che sarebbe meglio non varcare.
Fin dove ci si può spingere in nome della sicurezza, della comodità?
Certo la tecnologia offre molti benefici, ma ci si è mai soffermati a pensare cosa si nasconde dietro, se il prezzo che richiede vale davvero la pena di essere pagato? Un avere che come dare consegna un potere notevole in mano ad altre persone? Un potere che nasce dalla conoscenza di sapere tutto su di noi, dai nostri gusti, dalle nostre preferenze, perfino dove ci troviamo in una precisa ora? Controllati in maniera totale, senza più avere un posto nostro, conosciuti da altri meglio ancora di come conosciamo noi stessi?
Come dice Morgan Freeman in un contesto simile presente in Batman – Il Cavaliere Oscuro nel ruolo di Lucius Fox, è troppo potere in una sola persona. Immorale. Spaventoso.
Da dove nasce tale riflessione?
Proprio nel giorno della morte di Steve Jobs m’è capitato di leggere su un giornale un articolo dove due ricercatori Usa lanciavano un allarme secondo il quale cellulari e tablet di Apple tengono traccia degli spostamenti delle persone. Secondo i ricercatori, Iphone e Ipad conservano i dati sensibili dei loro possessori come posizione geografica e siti più visitati in un file chiamato consolidated.db, inviandoli ciclicamente alla casa madre, dove sono inseriti quando sono attivate alcune funzioni dall’apparecchio (es. quelle GPS) che servono a semplificare la vita delle persone, ma che lasciano traccia delle abitudini possedute.
Steve Jobs ha sempre negato questa eventualità, ma al momento non esiste chiarezza, non si ha modo di sapere con certezza che fine fanno le informazioni ottenute con tali tecnologie e come vengono utilizzate.
E’ un modo per sviluppare il merchandaising, per creare un mercato mirato e sempre vivo o si tratta di un sistema per tenere monitorate le persone, travalicando i principi di privacy e libertà? Fino ad allora il dubbio e restare attenti a osservare (magari con un pò di diffidenza per quegli oggetti così utili, ma che non conosciamo completamente) è lecito: l’ignoranza ha sempre qualche sorpresa da mettere in atto e non è mai piacevole.

3 comments to Ci si può fidare della tecnologia?

  • Oddio… il fatto che iPhone e iPad tengano traccia della nostra posizione è noto da più di un anno. Così come la stessa cosa fanno tutti gli altri smartphone. Lo scandalo esplose quando qualcuno scoprì che il file contenuto nell’iPhone non era criptato… e che rimaneva nella memoria del telefono per un tempo piuttosto lungo rispetto alla concorrenza.
    Ma son dettagli. Tutti gli smartphone tengono traccia della nostra posizione per poi velocizzare gli eventuali servizi che possono essere loro richiesti dall’utente. Ma non fa così anche il browser che usiamo per navigare? Non ha una cache dove viene tutto incamerato in modo tale da rendere l’accesso ai siti più rapido? E a cosa servono i cookies, sempre su internet, se non a memorizzare i dati che inseriamo nei siti così da proporceli istantaneamente quando torniamo sulle stesse pagine?
    E’ normale… è noto… e non c’è da scandalizzarsi.
    Sarebbe come lamentarsi che la nostra agenda non cancella ciò che vi scriviamo sopra non appena la chiudiamo. Gli smartphone sono l’evoluzione delle vecchie agende. I dati devono essere conservati in esse.
    E se li perdiamo?
    Se li perdiamo, è possibile disattivare i dispositivi via web, trasformarli in semplici mattonelle di plastica e chip, che non potranno più accendersi e rivelare a sconosciuti i nostri dati sensibili (questo accade, se non ricordo male, per iPhone e gli smartphone di Motorola – non so per gli altri).

    Se stringessimo troppo le cinghie sulla questione Privacy non potrebbe esistere neppure internet… e questo blog… visto che per commentare devo indicare (per forza) il mio indirizzo mail!

  • E’ una notizia nota, che m’è tornata in mente rileggendola in questi giorni. Nessuna novità e nessuno scandalo, solo una riflessione su cosa può essere fatto con i dati raccolti.
    Certo occorrono regole e tutele, come avviene ad esempio nei blog dove per postare occorre mettere un indirizzo email, onde evitare insulti o attacchi lesivi alle persone perché altrimenti perseguibili (cosa che si può ovviare mettendone uno falso, ma si può risalire all’utente che ha postato tramite l’IP), perché la libertà non è liberismo e rispetto ed educazione devono essere sempre condotte da attuare per non rendere i rapporti qualcosa d’invivibile.
    Ma la riflessione più che puntare il dito sulla tecnologia in sé e sull’utilità che ha (se si smarrisce o viene rubato un i-phone c’è la possibilità di ritrovarlo) è su come vengono utilizzate certe funzioni, come a esempio una moglie che controlla tramite l’apparecchio sempre dov’è il marito, uno “spiare” si può dire. Il controllo è un bene, ma se portato all’eccesso va al suo opposto.
    E poi c’è la questione non ancora chiara di cosa fanno le aziende con i dati raccolti: è indubbio che una conoscenza così ampia conceda un potere non indifferente. Perché è vero come dici che se si perde l’apparecchio si può disattivare il dispositivo, ma i dati davvero vengono cancellati o succede come su facebook, che anche se si cancella un profilo, le informazioni dell’utente rimangono a chi gestisce tale network?
    Sono domande che uno si pone e sulle quali riflette.

  • […] per un proprio tornaconto. Ma non sono solo loro a dover far pensare: ci sono anche i governi. Come ci si può fidare di chi vuol tenere tutto sotto controllo, gestire la vita degli altri, sapere tutto di loro, quando […]

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