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Sui cartoni animati (e non solo)

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Sono nato in anni in cui c’erano cartoni animati decenti. Certo, anche negli anni ’80 e ’90 (quand’ero bambino e adolescente) c’erano delle boiate, non era tutto perfetto; crescendo, ci si accorgeva dei difetti e delle ingenuità di certe serie, soprattutto perché dalle storie si esigeva di più perché si era maturati. È naturale, ripensando a quei cartoni animati, sorridere dei loro limiti e difetti: basti pensare a Holly & Benji, con il campo di calcio che sembrava posizionato sulla cima di una collina, dove occorrevano diverse puntate per raggiungere la porta avversaria, con la palla che diventava oblunga, luminosa e capace di lasciare la sua impronta in un muro di cemento, con gente che faceva mosse strane (la catapulta infernale, lanciarsi da un palo all’altro della porta); come non nominare i Cavalieri dello Zodiaco, con armature che non coprivano i punti vitali, che dopo lunghi voli a causa di un colpo subito si schiantavano sempre di faccia e che ripetevano spesso la frase “lo stesso colpo non funziona due volte” (ma se fosse così, visto il numero limitato di colpi dei personaggi, gli scontri sarebbero dovuti finire sempre in pareggio). I Gem Boy, prendendo in giro i cartoni animati di quel periodo, hanno creato dei veri e propri cavalli di battaglia.
un'immagine con i personaggi e i mezzi di Fortezza Superdimensionale Macross in Robobtech, uno dei cartoni animati degli anni 80In mezzo a loro c’erano però delle belle chicche, basti pensare a Fortezza Superdimensionale Macross (in Italia conosciuto grazie alla serie Robotech, di cui faceva parte), Evangelion, Patlabor, Maison Ikkoku (conosciuta in Italia anche come Cara dolce Kyoko), per non parlare di Gargoyles e di Duck Tales. Quali che fossero i gusti, tutti questi cartoni animati avevano un punto in comune, seppur appartenenti a generi differenti: avevano una storia da raccontare, sapevano emozionare. Che parlassero di quotidianità o di salvare il mondo, sapevano coinvolgere lo spettatore perché erano di spessore, erano fatte per colpire chi le guardava. Parlavano di sentimenti, di problemi da affrontare, scelte difficili da prendere, di avventure, combattimenti; anche se erano prodotti commerciali, atti a creare un guadagno, erano qualcosa di vivo, avevano qualcosa in sé che li rendeva particolari e amati.
In molti cartoni animati di oggi, soprattutto per i più piccoli, tutto questo non c’è più. Oggi ci sono Spongebob, Peppa Pig, adesso hanno fatto anche Trulli Tales, un cartone animato made in Italy ambientato tra i trulli della Puglia, atto a spingere la dieta mediterranea e i prodotti fatti in Italia, tra i quali l’olio di oliva. Oltre che disegnato male, questo cartone è senz’anima perché non è nato per narrare una storia, ma è stato creato con il fine di pubblicizzare e far vendere i prodotti del territorio italiano.
Come si è giunti a questo punto?
Mancanza di idee perché ormai si è visto di tutto e non si può creare nulla di nuovo? Si ritiene inutile impegnarsi nel creare qualcosa di buono perché tanto passato il momento della novità si cercherà altro, nel tipico spirito del consumismo sfrenato attuale? Perché l’unica cosa che conta è il denaro e tutto è in funzione di vendite e guadagni e chissenefrega di tutto il resto?
Una cosa è certa: certi cartoni animati del passato, seppur con difetti, sono diventati icone, mentre quelli di adesso passano senza lasciare traccia.
Perché?
Io penso che chi fa i cartoni animati di adesso si sia rincoglionito di brutto, oltre che a essersi venduto al consumismo. Non solo: tale gente crede anche che le persone sono dei coglioni a cui può essere propinato di tutto perché tanto non è capace distinguere un prodotto buono da uno scarso e quindi non si dà da fare per realizzare qualcosa di meglio perché tanto va bene tutto.
Solitamente sono più diplomatico nel scrivere certe cose, ma alle volte occorre essere brutali e dire chiaramente le cose come stanno.
Purtroppo la cosa non è limitata solo ai cartoni animati ma riguarda anche fumetti (basta vedere come DC Comics e Marvel negli ultimi anni stanno raschiando il fondo del barile riproponendo copioni già usati), film (ne parlava Bruno Bacelli in questo articolo), libri (se in Italia si vendono cose come quelle di Alessandro Di Battista, che ha pubblicato solo perché è un politico, non ci si deve meravigliare se l’editoria poi va in crisi). C’è da pensare che se fino a un certo punto la razza umana è andata verso l’evoluzione, ora sta involvendo, facendo registrare un calo nella sua intelligenza; si ha presente il film Idiocrazia?
Si può sembrare disfattisti, ma non siamo messi bene. E non si creda a chi dice il contrario: sta solo prendendo in giro, cercando di illudere e far star calme le persone. I problemi però restano, sono tanti e sono gravi: prima se ne prende atto, meglio è.

Il mondo sta impazzendo

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Il mondo sta impazzendo: questo è un fatto incontestabile (anche se c’è chi vuol far credere diversamente). Ormai si sta vivendo in un clima esasperato, un clima dove dominano la violenza, la prevaricazione, la paura. Ormai non si è sicuri da nessuna parte, né sulla strada, né nelle piazze, né nei centri commerciali e neppure in casa propria. I politici non fanno che tuonare e ripetere che i paesi, le popolazioni, non si faranno vincere dalla paura; ma quanto più si ripete una cosa, quanto più è vero il contrario: la gente è dominata dalla paura e la porta a chiudersi, a non fidarsi più degli altri. Senza contare la violenza: sì, perché c’è molta violenza nelle persone, anche in quelle che non la manifestano. La violenza non è solo un atto fisico, ma è anche verbale e mentale e si attua tutte le volte che si vuole imporre qualcosa a qualcuno.
Ma non sono gli unici elementi preoccupanti: la gente ormai è esasperata, oltre che piena di ossessioni, e questo porta degli squilibri che conducono a estremismi e intolleranza. In questa situazione non devono sorprendere atteggiamenti razzisti che ricordano tanto quelle dei nazisti verso gli ebrei e non solo: vedere il caso dell’hotel che obbliga gli ebrei a fare la doccia prima di usare la piscina, quando dovrebbe essere invece una norma igienica che dovrebbe essere applicata a chiunque (chi ha fatto nuoto o va in piscina sa che è una norma da seguire sempre e vale per tutti), e di usare il frigorifero solo in determinati orari; oppure quella di esclusione da concorsi canori perché non si è “veri” italiani o dal fare certi lavori perché di colore. Le persecuzioni naziste, le lotte delle persone di colore per avere gli stessi diritti dei “bianchi” come avvenuto in America, non sono tanto lontane, eppure ci si è dimenticati di quegli orrori, si sono dimenticate le lezioni che dovrebbero essere state apprese dagli errori commessi. Invece non lo si è fatto e la storia si sta ripentendo.
Certo, a creare questo clima di conflitto, di tensione, di odio e intolleranza, i politici e i governanti hanno avuto un ruolo molto importante: Trump, Putin, Kim Jong-un (consiglio la lettura di questo articolo di Bruno Bacelli per riflettere un poco) e nel suo piccolo anche l’Italia con tutta la sua classe politica (possono cambiare nome e fazione, ma tutti agiscono alla stessa maniera, alzando sempre i toni, in modo sprezzante, arrogante e offensivo). Sarebbe però limitante pensare che sia solo colpa loro, perché è vero che hanno grande influenza dato il ruolo e la visibilità che hanno, ma se la gente sapesse pensare con la propria testa, queste persone sarebbero nulla, non avrebbero alcun potere e non potrebbero fare niente. Purtroppo le persone si lasciano condizionare e si adeguano a quello che va per la maggiore; in questo caso a un clima di violenza, dove le azioni e le reazioni estremiste e folli sono all’ordine del giorno. Non si guardi solo agli attentatori, a quelli che fanno saltare in aria gli edifici, a quelli che investono con camion e furgoni le folle: si guardi a quelle che dovrebbero essere persone normali (ma che evidentemente tanto normali non sono) che uccidono per un parcheggio, un commento, una sigaretta, per gelosia, per soldi o anche senza un motivo. La vita non ha più valore: uccidere sta diventando come bere un bicchiere d’acqua.
Come si è arrivati a questo punto?
I fattori sono tanti.
Il vivere sempre di corsa. L’essere proiettati verso elementi che allontano da se stessi: il dover far carriera, ottenere una posizione sociale sempre migliore. Il far girare tutto attorno ai soldi, come se fosse l’unica cosa che conta. Il consumismo. L’adeguarsi ai modelli proposti dai media e dai social. L’apparire a tutti i costi. Avere sempre più atteggiamenti stupidi e superficiali. Adeguarsi alle mode. Il bisogno spasmodico di attenzione e visibilità (basti pensare ai social e ai selfie). L’uso di droghe. L’uso eccessivo di alcool. Tutto ciò che porta dipendenza (il gioco, il dover essere sempre connessi alla rete). Vivere in ambienti malati e ossessivi; sì, perché ad andare con lo zoppo s’impara a zoppicare e a stare con i malati ci si ammala, alla lunga: purtroppo le patologie mentali sono sempre più in aumento.
Questi sono solo alcuni degli elementi che hanno portato squilibrio nell’individuo. Il brutto è che la società, il sistema, oltre a creare tutto ciò, ha fatto credere che fosse una cosa normale, quando di normale non c’è nulla. È normale un sistema che martella le persone con la pubblicità a giocare (vedere i tanti giochi online pubblicizzati in tv), creando dipendenza, per poi creare strutture per disintossicarsi dal gioco? È normale un sistema che non fa che spingere in maniera insistente perché la gente beva alcolici e poi crei strutture per disintossicarsi dall’alcool? Lo stesso vale per il fumo. È vero che avvertono che il gioco può causare dipendenza patologica, che il fumo nuoce alla salute, che bisogna bere con moderazione, ma sono ammonimenti fatti per mettere a tacere chi protesta contro di essi, un modo di placare la coscienza, per salvare la faccia, per far sembrare di avere una morale ed essere interessati alle persone, ma a cui non si crede per niente, perché l’unica cosa che conta è fare soldi, mantenere in moto la macchina dell’economia.
Dire che è tutta colpa dei soldi sarebbe limitante (le cause sono tante e ce ne sono altre che non sono state elencate) ma siamo nell’Era dell’Economia e si è sviluppata purtroppo nelle persone la mentalità che tutto possa essere comprato, tutto possa essere ottenuto con il denaro; ma ci sono cose che non possono essere acquisite o recuperate se sono andate perdute. La sanità mentale è una di queste cose e sta divenendo elemento scarseggiante. Il mondo sta impazzendo, ma non è impazzito ancora del tutto: si è ancora in tempo a fermarsi e a salvarlo. E così facendo salvare anche se stessi, perché, se non lo si è capito, se non lo si fa ci si rimetterà tutti.

Hiroshima 6 agosto 1945.

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“…nulla alimenta l’oblio più di una guerra, Daniel. La legge del silenzio prevalse e ci convincemmo che quanto avevamo visto, fatto o saputo non fosse che un incubo. Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato.” (1)

Tutto questo non deve accadere e per questo occorre ricordare orrori come il 6 agosto 1945, quando su Hiroshima fu sganciata la prima bomba atomica. Ricordare e andare a scavare sulle ragioni di questa follia, perché non possa più ripetersi. Perché se è vero che tanti ritennero quest’atto necessario per far terminare il conflitto bellico, va ricordato che fu l’ultima grande follia di una guerra dove tutto fu folle.

Hiroshima dopo lo sgancio della bomba atomica

1. Carlos Ruiz Zafon. L’ombra del vento, pag.386. Oscar Mondadori 2006.

Non è più questione di sport 3

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Ormai si è andati ben oltre l’ambito dello sport, sconfinando nell’assurdo.
Oltre agli scandali sulle scommesse, su partite combinate e altre cose per niente pulite, tocca assistere alle azioni di parti delle tifoserie veramente becere. Scontri con feriti, alle volte con morti, minacce a società e giocatori, auto bruciate, come è capitato al presidente del Pescara. O, cosa di questi giorni, le frasi ingiuriose ai caduti di Superga o i manichini di giocatori della Roma impiccati nei pressi del Colosseo con tanto di minacce al seguito (azione rivendicata dagli Irriducibili laziali; allucinante la loro risposta a quanto fatto: “Meravigliati e stupiti da tanta ottusità, dal sensazionalismo misto all’allarmismo che anima il giornalismo italiano. Il tutto va circoscritto al sano sfottò che genera il derby capitolino. Nessuna minaccia a nessun giocatore della Roma, le bambole gonfiabili rappresentano una metafora che vuole rimarcare lo stato depressivo in cui versano tifosi e giocatori dell’altra sponda del Tevere”. Fa pensare anche la risposta della società Lazio: “Una ferma condanna di ogni forma di violenza, fermo restando che da sempre dopo ogni derby ci sono sfottò ed episodi goliardici”, ovvero il tipico esempio italiano di non prendere posizione e pararsi le spalle). Per non parlare dei cori razzisti rivolti ai giocatori di colore. E qui c’è qualcosa che stride parecchio.
le proteste di Muntari all'arbitro per i "buuuu" razzisti: quando lo sport non è più taleQuesti cori vanno perseguiti sempre e comunque, purtroppo in Italia questo non avviene: si applica il due pesi due misure. Nelle stessa giornata di campionato di calcio, i “buuuuu” rivolti a Koulibaly (giocatore del Napoli) da parte della tifoseria interista sono stati puniti con 10.000 € di multa all’Inter, un turno di chiusura della curva Nord e un anno di sospensione della stessa per cori razzisti; i “buuuuu” rivolti a Muntari (giocatore del Pescara) da parte della tifoseria cagliaritana, non hanno subito nessuna punizione, anzi società e tifosi del Cagliari sono stati assolti. Non bastasse questo, ecco la ciliegina sulla torta. Muntari, giustamente a un certo punto della partita ha detto basta ai continui insulti verso di lui per il colore della pelle e ha protestato; la partita andava sospesa. Invece l’arbitro, prima lo ha ammonito per le proteste, poi lo ha espulso perché si è allontanato dal campo di gioco. Il fatto non è rimasto nei confini nazionali, ma ha fatto il giro del mondo, facendo intervenire anche l’ONU. Di fronte a tutto ciò, il nostro paese non ha potuto esimersi di fare la sua solita magra figura: le istituzioni hanno difeso l’operato dell’arbitro e del giudice sportivo per aver dato al giocatore un turno di squalifica, asserendo che queste sono le regole del calcio italiano e vanno rispettate. Salvo poi annullare la squalifica viste le proteste che giungevano da tante parti del mondo.
La cosa è altamente grottesca, dato che il nostro paese, come dimostrano innumerevoli casi, dal piccolo al grande, è tra quelli che più infrange le regole e meno le rispetta. Aggrapparsi ai regolamenti e dire che vanno seguiti dinanzi a casi di una simile gravità, sono una grossa presa in giro, una totale mancanza di rispetto e un grande schiaffo alla dignità umana. Un simile sistema non fa che dimostrare quanto ormai tutto sia marcio e come le istituzioni non faccio altro che prendersi gioco delle persone, decidendo quando e come applicare le regole.

Calcio e politica: che cosa hanno in comune?

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Calcio e politica: che cosa hanno in comune?
Calcio e politica: cosa hanno in comune (nella foto: Paolo Sollier, figura che unì tifo e politica)In apparenza poco o nulla, ma se ci pensa, più cose di quel che può sembrare.
Innanzitutto, entrambi hanno inflazionato il mercato. Giornali, trasmissioni televisive, social: non fanno che parlare di essi in ogni salsa. Calcio e politica vengono sviscerati da ogni punto di vista, se ne parla per ore, divenendo una cosa ossessiva, esasperando e scaldando gli animi in discussioni accese, che fanno crescere in chi le guarda l’aggressività. Si provi a osservare una discussione vertente su uno di questi due argomenti e si noti come lo stato d’animo muti, cominciando ad avvertire stati di tensione, d’ansia: se non si sta attenti, se non si tengono sotto controllo le emozioni generate, ci si trova con l’animo alterato, suscettibile a certe reazioni; se si è da soli succede poco o niente (si è solo un po’ agitati), ma se ci si trova in luoghi con altre persone, far scoccare la scintilla di cose poco piacevoli è tutt’altro che improbabile. Una cosa è sicura: questo parlare in continuazione di calcio e politica ha stancato, è qualcosa che è diventato nauseante.
In entrambi circolano ingenti quantità di denaro: gli interessi economici legati a questi ambienti sono veramente notevoli. Non è per niente un caso che in tanti cerchino di entrare in questi due mondi e in ancora di più vi gravitano attorno cercando di succhiare da essi il più possibile.
Naturalmente, quando ci sono tanti soldi in ballo, non ci si fa tanti scrupoli e si ricorre a qualsiasi mezzo pur di accaparrarsi un fetta della torta, possibilmente la più grossa possibile (non importa se poi è troppo grossa e fa strozzare). E naturalmente, sia per il calcio, sia per la politica, la trasparenza non è certo un elemento che li contraddistingue. Tutti lo sanno, ma la maggior parte rifiuta di ammetterlo perché ha da difendere degli interessi legati a questi due mondi. Compromessi, omertà, aggirare le regole, il più influente che le piega al proprio volere. Ormai è palese che ci sono troppe cose storte, i fatti sono talmente evidenti che è impossibile non vederli; eppure si continua ad andare avanti come se niente fosse. Calcio e politica sono ormai diventati l’icona del compromesso, del far finta di niente e dell’andare avanti perché si pensa che vada bene così. Invece non va bene per niente e prima o poi ce se ne accorgerà. Ma sarà troppo tardi.

Tormentoni

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Tormentoni. Ogni anno ce n’è uno. Non si riesce a sfuggirgli, sembra qualcosa più forte della legge di gravità. Più forte delle leggi dell’universo. E forse è proprio così: la stupidità umana è una forza dall’energia sconfinata, infinita (Einstein ne era convinto, e non a torto).
Se per malaugurata sorte qualcuno crea qualcosa che prende piede e diventa virale, è la fine: non si riesce a scavarselo più dai piedi. Lo si trova dappertutto: media, giornali, social lo propinano in continuazione. Pubblicità della Tim: un dei tanti tormentoni che impazzano in tv e in reteIn tanti nell’ambito mediatico la copiano, cercando di sfruttare l’onda del momento. Basta vedere per esempio la pubblicità della Tim che tanto va in questi mesi, con il ballerino che danza ovunque, in qualsiasi istante e in qualsiasi circostanza; non bastasse il trovarselo in mezzo alle scatole ogni volta che c’è la pubblicità, si deve avere a che fare poi con tutti i suoi emuli (quello di Mediaworld, per esempio). Nella pubblicità ora si balla per qualsiasi motivo; il brutto è che le persone, vedendo la pubblicità, vanno poi per imitazione e ballano anche loro, nella realtà (mai una volta che si imiti qualcosa d’intelligente…questo non succede neanche per sbaglio…).
Ora, fermiamoci un attimo a ragionare. Uno, se ha voglia di ballare, è liberissimo di farlo, e questo è giusto. Solitamente, se viene voglia di ballare, è perché si ascolta una musica che coinvolge, o perché si è felici. Ecco, fermiamoci su quest’ultima cosa, si ragioni e si pensi a che cosa c’è da essere così felici nella realtà che stiamo vivendo: sta andando tutto a rotoli, la follia dilaga, la violenza impazza, governanti sempre più dittatori non vedono l’ora di far scoppiare un bel conflitto… Non bastasse ciò, chi imbastisce e dirige lo show che è la nostra realtà ritiene le persone dei mentecatti che sono contenti che gli venga propinata qualsiasi boiata.
Non c’è che dire, siamo in una botte di ferro. Non c’è di che preoccuparsi.

Che qualcuno ci salvi. Che qualche buonanima venga in nostro soccorso, siamo messi proprio male, ribaltati come dei copertoni.
Anzi, no, non importa nessun aiuto: ci salviamo da soli. Basta svegliarci un pochino, cominciando a dire no alla deficienza, ai sorrisi idioti e a smettere di guardare certa pubblicità e altra spazzatura che passa per la tv. E chissà che così facendo non ci si tolga di torno un bel po’ di tormentoni e si cominci a sembrare delle persone e non dei burattini.

Limiti e paure

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In L’Ultimo Demone c’è un brano, postato anche su Le Strade dei Mondi sotto forma di racconto con il nome di Il Dio del LimiteMuro, un modo per tenere lontana la paura, che parla di muri, di limiti e confini; è messo sotto forma di favola, ha una connotazione fantastica, ma di fantastico, se ci si pensa, ha solo l’aspetto, perché parla di realtà. La realtà che viviamo ogni giorno. Anche se a tanti non piace ammetterlo, ormai la vita delle persone è dominata dalla paura; anche se assume tanti aspetti (la paura degli altri, la paura di perdere il lavoro, i diritti), essa è sempre la stessa e sta divenendo sempre più forte, si allarga a macchia d’olio. Se si osserva si ha sempre meno fiducia negli altri, si guarda con sospetto chi è diverso, spesso lo si vede come una minaccia. E quando ci si sente minacciati, spesso una delle reazioni che si attuano è quella di aggredire. Emblema sotto gli occhi di tutti di tale realtà è il presidente degli Stati Uniti, Trump (ma si potrebbe dire lo stesso di Erdogan per quanto riguarda la Turchia), con i muri fisici e non (basti pensare al muro con il Messico o ai limiti d’accesso per le persone agli Stati Uniti o ai dazi commerciali per quanto riguarda le merci di altri paesi) che vuole ergere. Trump non è un dio, anche se con il modo che ha di fare si può pensare che lui si ritenga davvero tale, ma di certo è un creatore di limiti, oltre che un creatore di paure, tensioni e anche conflitti; il fatto che non sia l’unico, ma che ci siano altri potenti come lui che fanno alla stessa maniera, non fa presagire a nulla di buono. Arroganza, presunzione, mania di controllo, sete di potere, dimostrare la propria superiorità, disprezzo e mancanza di rispetto per gli altri: tutti questi sono elementi che vanno a spiegare questo modo di fare. Se però ci si pensa, questo agire è dettato dalla paura; una paura di fondo che magari non è neppure riconosciuta, ma che ha il controllo dell’individuo, le cui conseguenze si ripercuotono anche sugli altri. Finché ci sarà paura, non ci sarà modo che si possano creare e sviluppare elementi positivi. Questo contesto ben è rappresentato da una frase presente in L’ombra dello scorpione di Stephen King: “L’amore non cresce bene in un posto dove c’è solo paura, così come la piante non crescono bene in un posto dove c’è sempre buio.”

Tutti vogliono comandare

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Greg Stillson, esempi di chi vuole comandareTutti vogliono comandare e imporre il proprio volere sugli altri: si stanno raggiungendo livelli deliranti e allarmanti. Ci stiamo avvicinando alla follia, se non lo si è già fatto, e con questo il rischio di scatenare una violenza senza controllo e senza ragione; è sotto gli occhi di tutti come questa sia una realtà e non una fantasia.
Nelle cronache di ogni giorno si sentono notizie di atti di bullismo, pestaggi, stupri, omicidi per i più futili motivi (per un drink, un commento, una sigaretta): le persone ritengono di poter dire e fare tutto quello che gli pare, come se fossero i padroni del mondo, come se potessero comandare anche in casa d’altri. Se queste persone non ottengono quello che vogliono, se non possono fare quello che le pare, s’incattiviscono, diventano aggressive, maleducate, insultano, quando va fatta bene, perché quando va fatta male si arrivano a tragedie dove tutti si guardano increduli e si domandano come è potuta accadere una cosa del genere, come si è arrivati a questo punto.
Ma la risposta, se la si ricerca davvero, la si conosce già: la perdita di valori, il permissivismo, un modo di vivere dedito solamente all’apparire, al guadagno, al vivere bene. Un vivere superficiale, senza consapevolezza, senza rendersi conto che la libertà non è mettere in atto tutto quello che passa per la mente e pensare che gli altri accettino tutto come se niente fosse.
La società, il sistema, sono arrivate a far credere che questo sia il modo di fare; un modo di fare che porta solo caos. Ma non solo loro: in questo i governanti delle varie nazioni sono un esempio negativo, che aumenta la sua presa grazie al martellare continuo di media, social. La tecnologia in questo caso ha una connotazione negativa, dato quello che trasmette, ma la colpa, come spesso accade, è dell’uomo e di come la utilizza, non sua.
Basta guardare quello che fanno i politici italiani (di tutti i partiti) e di come, invece di preoccuparsi di come migliorare le condizioni del paese e della gente che vi abita, passino il tempo a litigare e insultarsi, e a fare i propri interessi (alle volte in modo poco limpido). Il fatto che spesso si manchi di rispetto alla popolazione con dichiarazioni opinabili, poi ritrattate per le polemiche che scatenano (vedere le ultime di Poletti sul calcetto come metafora del lavoro, che a tanti ha fatto intendere che in Italia per lavorare non servono i meriti, la professionalità, ma andare avanti a calci), non aiuta certo a rendere il comportamento delle persone migliore, che vedendo questo modo di fare, reputano che sia normale comportarsi in questa maniera.
A livello mondiale le cose non vanno certo meglio. Chi governa Nord Corea, Russia, Turchia, Stati Uniti, vuole in tutti i modi comandare e imporre il suo volere, e se non ci riesce attua ripercussioni verso chi non li asseconda. Tutto ciò è molto allarmante. Uno, perché è palese che si fa tutto in nome del denaro e del profitto, a discapito di cose molto più importanti come la salute, la dignità. Due, perché è ancora più palese che si vuole limitare la libertà degli individui dando un potere spropositato a istituzioni e grandi gruppi e questo, come insegna George Orwell con 1984 e La fattoria degli animali, non è mai una cosa positiva. Non bastassero i danni di queste azioni, l’arroganza, lo spregio e il disprezzo di questi governanti nei confronti degli altri non fa che essere un pessimo esempio per le presone, che lo prendono come modello ritenendolo quello normale. Certo si potrebbe obiettare che le persone potrebbero fare diversamente ragionando con la propria testa, ma il problema è proprio questo: i più non ragionano con la propria testa, si adeguano, seguono ciò che va per la maggiore, senza domandarsi se è la cosa giusta da fare.
Come già detto in altre occasioni, il futuro non appare roseo.

L'importanza della tv nell'educazione dei più piccoli

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«Datemi un bambino nei primi sette anni di vita e io vi mostrerò l’uomo», recita un celebre motto gesuita, a indicare quanto è importante questo periodo della vita per lo sviluppo dell’individuo.
In questa frase c’è molta saggezza, ma quanti nella nostra società riescono a coglierne appieno la potenza e il significato? In un periodo così delicato e importante dello sviluppo, pochi danno peso a come si educano e si crescono i piccoli, comportandosi spesso in maniera superficiale.
Quanto mostrato nella seguente indagine è abbastanza indicativo su come ci si muove per la crescita dei figli; non è proprio recente (risale a cinque anni fa), ma comunque serve per farsi un’idea della situazione.
Nell’indagine si parla di tecnologia e media, ma non di libri e letteratura, a indicare come l’Italia sia un paese dove la maggior parte delle persone legge poco o niente (riferendosi a libri e riviste, non alla lettura di commenti su social o cose simili).
Lettori MP3, iPod, iPad, Tablet, radio, e-book sono i mezzi tecnologici meno utilizzati; meglio i cellulari, i lettori dvd, le console di videogiochi. Le posizioni dominanti appartengono al pc e alla tv, con quest’ultima che occupa il primo posto.
Soffermiamoci proprio sulla tv e vediamo cosa i piccoli guardano: è normale e logico che seguano i canali tematici a loro dedicati (ma non solo quelli). Boing, Italia1, K2, Rai yoyo, Rai Gulp, Cartoonito, Frisbee, Super!, sono i programmi più seguiti con i loro cartoni animati e le serie tv dedicati ai più giovani. Magari un adulto è poco obiettivo nel dare il giudizio su tali programmi, ma vedendoli ci si pone il quesito se quanto fatto vedere è davvero educativo e aiuta lo sviluppo e la crescita dei bambini. Fare un paragone con il passato può risultare poco consono, ma ci si domanda perché si propinano certi cartoni animati. Sì, perché quando si ha a che fare con serie tipo Peppa Pig e Spongebob, sorgono parecchi dubbi sul tipo di educazione che si vuol far passare. Un’educazione limitante, pregiudiziale, che vuole far passare un certo tipo di messaggio; se si dà un occhio ai vari programmi, si nota che quanto proposto è tutto sulla stessa onda, ovvero il non voler far pensare. Perché si passano questi programmi?
I casi sono tre.

1. Ci sono pochi soldi e si acquistano le serie che costano meno.

2. Si pensa che, essendo bambini, vada bene tutto, tanto non sono in grado di distinguere la buona qualità dalla mediocrità.

3. La scelta è voluta perché si vogliono crescere le nuove generazioni limitate e condizionabili: in questo modo, fin da piccoli, non si abitua la gente a pensare.

In tutti e tre i casi risiede una parte della realtà; anche se si rischia di passare per individui che puntano alla malafede, la terza opzione è quella a cui più si propende. La società e il sistema, come tanto dimostra il modo di fare dei politici e degli imprenditori, vogliono persone che obbediscono e non pensano con la propria testa; se ci si pensa è sempre stato così, ma le cose in questi ultimi anni sono decisamente peggiorate.
DuckTalese, serie animata trasmessa in tv negli anni '80Potrà essere il solito “le cose andavano meglio nel passato”, “quelli sì che erano bei tempi”, ma se si fa un paragone a quello che veniva proposto alle generazioni precedenti, quello che viene passato in tv adesso ne esce totalmente sconfitto, sia riguardi i bambini, sia riguardi gli adolescenti. Negli anni ’70 e ’80 c’erano i cartoni animati sui Masters of the Universe, sui robottoni (Mazinga, Ugo Robot, Voltron, Gundam, ma anche perle come Fortezza Superdimensionale Makross, conosciuta in Italia perché facente parte della serie Robotech), quelli di Bim Bum Bam (i famosi Belle e Sebastien, Mila e Shiro, i Puffi, Holly e Benji, Lady Oscar , Candy Candy, Georgie, questi ultime tre adatti a un pubblico più da adolescenti che da bambini), i Ducktales. Negli anni ’90 si hanno poi avuto serie del calibro di Patlabor, Gargoyles-Il risveglio degli eroi, I pirati dell’Acqua Nera.
Viene naturale, avendo vissuto nei periodi citati e vivendo in quello presente, farsi certi quesiti e domandarsi dove si vuole arrivare.