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Sistema e condizionamento

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E’ sulla bocca di tutti la trasmissione “Vieni via con me” condotta da Fazio e Saviano; un buon programma culturale, come dovrebbe essere la normalità di ciò che viene fatto trasmettere in televisione. Una boccata d’aria fresca, dato il periodo in cui sembra d’essere in apnea. Non m’addentrerò in una disamina del programma, c’è chi già fa questo (e la fa molto bene, condivido appieno il suo punto di vista).
La trasmissione mi piace e mi fa piacere, ma come dice Valberici, non bisogna farsi cogliere dagli entusiasmi, perché una rondine non fa primavera. Non è un voler togliere speranza, ma un non creare illusioni.
Il cambiamento, se avverrà, richiederà tempo per verificarsi e i segni si manifesteranno con le nuove generazioni, se gli saranno insegnati valori veri e non chimere che non hanno portato nulla; perché nelle vecchie generazioni il condizionamento è fortemente radicato ed è difficilmente scalzabile. Non è pessimismo, solo un dato di fatto della realtà, che è così da sempre; la saggezza antica riporta esempi di tale legge.
Quando Mosé libera il popolo ebraico dalla schiavitù egiziana, è costretto a farlo vivere quarant’anni nel deserto, il tempo necessario perché le vecchie generazioni scomparissero e con esse l’influenza che potevano avere sulle nuove. Non potevano essere cambiate perché, vissute per secoli in un sistema di schiavitù, non sarebbero riuscite a vivere da persone libere, anzi avrebbero perpetrato ancora quel modo di vivere.
A stare nel sistema si diventa come il sistema.
Un esempio di questa legge è il film Matrix, dove le persone inconsapevoli della vita che vivevano, e quindi condizionate e condizionabili, erano usate per dare la caccia a chi si era ribellato: quando i controllori prendevano possesso dei loro corpi, le persone non erano più loro stesse, ma Agenti. Gli individui del film non erano mai state loro stessi, non avevano coscienza della verità; così molto spesso le persone della realtà agiscono non volontariamente ma in base al condizionamento subito dai sistemi che gli sono attorno: famiglia, politica, lavoro, religione. Tutti gruppi, tutti sistemi che hanno influenza se glielo si permette, se non si sta attenti, che spingono ad agire nell stessa maniera conformizzante. Ad andar con lo zoppo s’impara a zoppicare.
Non credo, soprattutto spero, che occorrano quarant’anni per cambiare mentalità, perché il sistema instaurato non dura da secoli, anche se per il breve tempo che c’è stato e c’è, è stato intenso. Ma il condizionamento c’è stato e ha attecchito con forza.
Come?
Un altro esempio, un’altra storia potrà essere d’aiuto.

Sulla sedia era posato il quotidiano della settimana precedente
Alla televisione stava passando l’ultima edizione del telegiornale.
L’uomo s’avviò verso l’elettrodomestico e lo spense, disinteressato alle notizie trasmesse. Anche se parlavano dei fatti recenti, ormai erano storia antica. Il passato era morto e quindi privo d’interesse; contava solo il futuro che poteva nascere dal presente. Un’opportunità che poteva concretizzarsi se fosse stata colta da molti.
Si recò alla finestra e scostò le tende. Sotto la linea della ringhiera del terrazzo brillavano le luci dei palazzi e i fari delle auto. Centinaia d’individui simili a lui: diversi e uguali allo stesso tempo, con lo stesso potenziale di libertà, la voglia sopita di liberarsi dal pesante gioco che gravava sul proprio collo.
“Ribellatevi.” Visualizzò gli invisibili tentacoli della mente fluire verso le vite sottostanti. “Fatelo prima che sia troppo tardi. O presto pagherete un caro prezzo: il tempo sta per finire, la nave sta per salpare. Non perdete questa occasione.”
Ma più che il pensiero contava l’agire, per essere d’esempio a chi sapeva cosa c’era bisogno di fare, ma non aveva il coraggio di metterlo in pratica perché servivano eventi tragici per dare il via al cambiamento.
C’era bisogno di qualcuno che si prendesse la responsabilità di fare il primo passo; di uno che desse il via.
Come era stato fatto per lui.
Il sistema era morto, i poteri che lo sostenevano distrutti: la gente avrebbe cercato il nuovo o avrebbe voluto fare rivivere il vecchio?
L’intelligenza e la saggezza avrebbero scelto la prima opzione, ma erano valori che le persone avevano perso da tempo; per questo c’era da aspettarsi di tutto, anche una risposta che avrebbe portato rovina.
Lasciò che le tende tornassero a posto, permettendo alla stoffa di celare la visuale sul mondo esterno.
Certo, sarebbe stato da pazzi tentare di rimettere in piedi una civiltà basata su valori vertenti su un unico ego smisurato. Eppure era stato da pazzi il solo permetterne la creazione: la gente lo aveva voluto, smaniosa di farsi dominare. Incredibile come la maggioranza della popolazione si fosse rispecchiata, e avesse dato potere, a un solo, misero uomo.
Un unico individuo che aveva rimosso qualsiasi cosa fosse d’intralcio al proprio io, mettendolo sopra ogni cosa. Un egocentrismo che aveva avuto la pretesa di essere riverito e adorato come se fosse una divinità. In effetti la politica di quel periodo era stata molto simile a una religione, con la popolazione che aveva fatto un culto della figura che guidava il paese.
Perché la memoria degli uomini era così labile? Perché il sapere appreso non riusciva a essere trasmesso alle generazioni successive, onde evitare il ripetersi di tragedie già viste?
Nessuno trasmetteva più niente, nessuno si ricordava del tempo trascorso e i figli scontavano gli errori dei padri. Un perpetrarsi d’atteggiamenti e scelte uguali a quelli del passato; tutto a causa della venerazione portata a incapaci capi di stato, ottusi e cinici, che per il proprio tornaconto sacrificavano tutto e tutti. Ma la colpa più grave apparteneva alle persone, ugualmente egocentriche, che li avevano sostenuti, canalizzando in essi energie per farli divenire ciò che loro non avrebbero mai avuto il coraggio di essere. Uno specchio nel quale rimirarsi compiaciuti e sentirsi appagati, un vivere ciò che non si era attraverso altri.
Come avevano potuto concentrare tutto il potere in un’unica persona? Lentamente, senza accorgersene, consciamente o inconsciamente, avevano permesso la nascita e la crescita di un dittatore. Ma all’inizio le cose non erano certo sembrate in quel modo e la gente aveva voluto credere nell’illusione che si era creata.
Tornò a sedersi sulla poltrona.
Se solo avessero studiato la storia: si sarebbero accorti che in passato, poche decine d’anni prima, era esistita un’altra figura che era la copia di quella attuale. Stesse capacità oratorie, stesso tamtam mediatico incentrato sulla propria persona; perché la gente aveva voluto mentire a se stessa? Forse per negare l’ombra che era dentro di lei e che stava dilagando, perché se molti perseguono la stessa direzione significa che si è nel giusto, che non c’è nulla di sbagliato, nulla da temere; un modo per placare la coscienza.
O ucciderla.
Sorrise caustico.
Davvero una cultura di morte, come l’uomo che avevano erto a proprio simbolo. Un individuo che parlava d’amore, ma il cui tono di voce era carico di livore e imposizione, come se in bocca e nelle viscere avesse veleno da far stillare all’esterno. Parole che non facevano altro che creare divisioni, rotture, discriminando qualsiasi diversità che esulasse dall’unico pensiero dominante approvato da chi era al potere.
Scosse il capo.
Un uomo che voleva essere adorato come un dio, ma che non aveva i mezzi per esserlo. Eppure la gente lo aveva venerato e osannato per questo suo ego smodato.
E dire che per arrivare a questo si era partito dal basso, da piccole cose; con un minimo di consapevolezza si sarebbe potuto cogliere quello cui si era andato incontro. Ma era dell’uomo sottovalutare i segni dei tempi.
E la storia si era ripetuta con precisione.
I posteri avrebbero creduto che milioni di persone avevano volutamente permesso di farsi sfruttare e prendere in giro da un individuo di così bassa caratura?
Un uomo che non aveva usato la forza per salire al potere, che quando aveva iniziato la scalata non aveva nessun mezzo, ma vedeva lontano e sapeva dove voleva arrivare. Aveva intuito che utilizzare metodi forti non sarebbe stata la via migliore: dispendiosa, causa di forte critica nell’opinione pubblica, creatrice di nemici potenti. Mosse violente lo avrebbero penalizzato, facendogli perdere punti. Punti pubblicitari. Tutto era business, tutto era imprenditoria e il successo o l’insuccesso di un prodotto si basava sulla riuscita della pubblicità.
Perché farsi rovinare dalla fretta quando presto sarebbe stato acclamato? La gente avrebbe imparato ad amarlo: bastava mettersi sotto la luce migliore. Occorreva della buona pubblicità: un tamtam mediatico che avrebbe convinto un gran numero di persone d’essere la scelta migliore, facendo in modo che non si accorgesse di quanto stava succedendo intorno. Distogliere l’attenzione dalle cose importanti, coprire ciò che non doveva essere visto e ripetere che con lui tutto sarebbe andato bene.
Perché, si sapeva, che anche una menzogna, se ripetuta nel tempo e con insistenza, poteva divenire verità.
Strinse la mascella.
Come era facile illudere le persone, fargli vedere solo quello che volevano vedere. Bastavano pochi specchi per le allodole per ridurre il campo visivo, facendo credere che la vita era solo divertimento e che altri si sarebbero occupati dei problemi.
La gente era ignorante e lo era voluta diventare ancora di più, dando il permesso nell’innescare il meccanismo, arrivando addirittura a stimarsi per quello che aveva fatto, credendosi qualcosa di fenomenale: un popolo che si credeva in gamba, con l’occhio avanti, ma che in realtà era privo d’iniziativa e spessore, capace solo di seguire, andare a traino; una massa di furbetti da quattro soldi in grado di fregare la mela al vicino, ma di perdere casa e lavoro. Un popolo incapace di creare, ma efficiente nel rovinare.
Maledetta ignoranza.
Molte persone si erano fatte manipolare, soggiogare con la tecnica della goccia che cade sulla roccia. Cambiamenti fatti avvenire un passo alla volta, finché non ci si era trovati stravolti, talmente mutati che le persone avrebbero fatto fatica a riconoscersi se si fossero viste con gli occhi posseduti un tempo.
Erano occorsi anni per compiere questo processo, costruendo un sistema basato sull’anticultura. Una guerra invisibile, dove si era preparato con cura il terreno, selezionando le armi e le tattiche giuste.
La prima era l’informazione: il mezzo per promulgare il proprio verbo. Un verbo che perché potesse essere assorbito appieno doveva diventare quotidianità e pensiero comune: un tarlo che lavorava senza fretta, meticoloso e inarrestabile. Per questo si era iniziato con l’acquisizione di piccoli giornali ed emettenti televisive, facendoli ingrandire con il tempo, acquisendo chi era più piccolo e incorporandolo dentro il meccanismo avviato, crescendo fino a diventare un colosso, capace di controllare i quotidiani e le reti d’influenza nazionale.
La qualità di quanto trasmesso e pubblicato con il passare del tempo era stata volutamente fatta calare, la banalità e stupidità erano diventate dominanti, un siero che somministrato in dosi sempre più massicce aveva svuotato la mente delle persone: un piano studiato a tavolino per eliminare quanto era in grado di far pensare.
“Riflettere crea dubbi e conflitti interiori, ansie e patemi, mentre la vita deve scorrere tranquilla, bisogna diffondere serenità e ottimismo.” Era stata la frase che veniva ripetuta nelle interviste.
Per questo, era stato somministrato il falso sport spettacolo, il talk show del basso sentimentalismo, atto a far piangere e commuovere, istigante all’apparenza e alla superficialità per far pensare solo a divertimento e banalità.
Perché la riflessione era in grado di distruggere il potere.
Per questo l’obiettivo successivo era stato il limitare l’accesso alla cultura, porre dei blocchi perché un numero sempre minore di persone vi potesse accedere. L’istruzione era stata la prima a essere colpita, divenendo qualcosa solo per ricchi, la classe destinata a comandare: le scuole pubbliche erano state chiuse, lasciando aperte solo le private, mettendo un filtro che avesse limitato gli accessi: tasse così elevate che solo chi apparteneva all’elite della società, aveva la disponibilità necessaria per frequentarle.
La cultura tuttavia non passava solo attraverso l’istruzione: esisteva la letteratura. La gente poteva sempre leggere e questa era un’azione che non si poteva impedire; in passato c’era chi lo aveva fatto e tale scelta in alcuni casi aveva portato a rivolte. E con l’avvento della tecnologia, censurare era divenuta un’impresa laboriosa e dispendiosa. Molto più facile abbassare il livello della qualità, come già fatto con l’informazione: velocemente, e anche illegalmente (un dettaglio irrisorio, dato che una volta al potere sarebbe bastato fare una legge per rendere legale l’illegale), si erano acquisite una alla volta le case editrici presenti sul territorio nazionale, a partire dalla più grande, per avere la totalità del mercato del libro; dopodiché si era cominciato a commercializzare prodotti di bassa lega, in linea con gli standard preposti per seguire il piano d’abbassamento culturale.
Per completare l’opera tuttavia mancava ancora una pennellata: un dettaglio che rendesse le radici del potere salde e profonde, non solo per il presente, ma anche per il futuro, in modo che le generazioni giovani e quelle ancora da nascere, non incontrassero un’idea capace di farle dubitare della veridicità del fantastico castello di carte campato in aria che i loro padri avevano aiutato a costruire.
Per questo era stata distrutta anche la fantasia, anestetizzando la parte creativa e sognante dei ragazzi, limitandoli a desiderare solo quanto c’era all’interno del recinto approvato dal sistema: erano stati creati romanzi fantastici (il genere che andava per la maggiore nella fascia d’età giovanile) per bambini scemi. Ed era stata permessa la pubblicazione solo di linee corrispondenti a tali requisiti.
“Perché leggere maestri della fantasia degli anni passati, quando esistono mostri di bravura contemporanea?” Era stato il dictat che tanto aveva pubblicizzato i romanzi prodotti della nuova linea editoriale; una linea che aveva acclamato storie che non dicevano niente, ma dove tutti erano felici e contenti, utilizzando un linguaggio scarso ed elementare. Un altro sintomo dell’impoverimento della cultura di una popolazione.
Sintomo che sarebbe stato mostrato dalla lettura dei maestri della fantasia, svelando la natura della società e dando la conoscenza, perciò il potere, per disgregarla: una società narcisista e adolescenziale, vuota e viziata, superficiale e incapace di veri sentimenti, incapace d’amare e vivere veramente.
Un intero paese era crollato per l’egocentrismo di un solo individuo.
Le persone si erano sottomesse, avevano proiettato in quella figura ogni sogno, ideale, aspettativa: erano responsabili in ugual maniera di chi aveva architettato il piano diabolico.

Brîsa ciapér pr al cûl

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ovvero, per chi non fosse originario di Bologna e non conoscesse il suo dialetto, non prendere in giro.
A cosa è rivolto?
A tutto il sistema.
Perché si è stanchi di sentirsi raccontare i soliti copioni scadenti, si è stanchi di essere trattati come dei mentecatti. La gente non è stupida, vede le cose come stanno e sa cosa c’è dietro: inutile continuare uno sceneggiato che non funziona più. Anche chi era in buona fede e si è voluto illudere ormai s’è stancato.
Prendiamo il mondo del lavoro. La crisi c’è stata e c’è, ma molti ci marciano sopra, un’ancòra cui attaccarsi per avere profitto, per avere maggior guadagno e maggior potere. I datori di lavoro pretendono e impongono che le persone sacrifichino tutto per loro perché devono guadagnare sempre di più, dando in cambio poco e togliendo sempre di più. Gli imprenditori sono mostrati come eroi, creatori di benessere, quando invece la realtà afferma e dimostra che sono sfruttatori e opportunisti che non danno valore alla dignità altrui, appoggiati da un governo che vuole eliminare lo statuto dei lavoratori, che vuole sopprimere le organizzazioni sindacali per imporre il suo pugno di ferro. (leggere questo articolo )
Si dice che il paese va bene, ma si minimizzano i dati di disoccupazione, che sono molto più alti di quelli pubblicati, e quelli della cassa integrazione, che sono di un miliardo di ore da inizio anno (e si tenga presente la costante e inarrestabile crescita di quella in deroga). Si conti che chi è in questa situazione perde più del 20% del reddito, quando attorno i consumi non fanno che crescere.
Un governo che dice di far tanto per il popolo, che lo tutela e si prende cura di lui, ma che è capace solo di fare spot pubblicitari (vedi quello sulla sicurezza del lavoro.).
Un governo che afferma che bisogna risparmiare sulla cultura, che fa andare in pezzi il proprio patrimonio storico (vedi l’ultimo caso, Pompei), quando altri paesi non fanno che investire perché sanno che un popolo che non conosce le proprie origini è un popolo destinato a perdersi.
Un governo che fa tagli sulla scuola pubblica, ma che investe in quella privata, aumentando i fondi da destinare a ques’ultima, passando da 150 a 245 milioni di euro.
A prescindere che con i mezzi attuali se uno è ignorante è perché lo vuole e non si fa niente per cambiare, affidandosi agli altri perché dicano quello che si deve sapere (vedi televisione; per questo, è somministrato il falso sport spettacolo, il talk show del basso sentimentalismo, atto a far piangere e commuovere, istigante all’apparenza e alla superficialità per far pensare solo a divertimento e banalità.), questo è un segnale chiaro di dove si vuole andare a parare: limitare l’accesso alla cultura, porre dei blocchi perché un numero sempre minore di persone vi possa accedere. Far divenire l’istruzione qualcosa solo per ricchi, la classe destinata a comandare: portare le scuole pubbliche alla chiusura, lasciando aperte solo le private, mettere un filtro che limiti gli accessi: tasse così elevate che solo chi appartiene all’elite della società, abbia la disponibilità necessaria per frequentarle.
Parliamo poi di certe pubblicazioni dell’editoria spacciate come capolavori, con campagne e proclami esaltati che si basano sull’età dello scrittore o sui titoli che possiede, ma non sul valore dell’opera realizzata. Un abbassare il livello della qualità, come già è avvenuto per l’informazione; prodotti di bassa lega, in linea con gli standard preposti che portano l’abbassamento culturale.
Questi sono solo alcuni esempi delle prese in giro perpetrate (sorvoliamo sulle più grottesche come il tira e molla delle parti politiche e bunga bunga vari). Che si faccia quello che si vuole, ma che non si pretenda che si rimanga in silenzio e non si faccia nulla per contrastare questo modus operandi.
Brîsa ciapér pr al cûl.

L'Archetipo del Vampiro

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i libri…sui vampiri, sono soltanto racconti per suscitare emozioni forti che non si hanno nella vita reale. Opere per gente incapace di vivere, che si rifugia in una fantasia che non vorrebbe mai vedere realizzarsi e che perde di vista il suo messaggio principale: chi ha scritto quelle storie ha percepito la verità e ne ha fatto una metafora perché altri aprissero gli occhi. I mostri non sono quelli inventati, ma quelli in mezzo a noi. Gente che sfrutta gli altri e risucchia ogni energia psichica, che affama le famiglie e le fa vivere negli stenti e nelle umiliazioni…piegando la giustizia con i loro soldi e la loro mentalità, inquinando la mente delle persone e il sistema, portando avanti la propaganda di convincimento che loro e il loro modo di fare sono i migliori. Non hanno niente di valido, sono solo morte, appestatori di vita; dei virus che stanno facendo marcire il nostro mondo. Non si accontentano mai, vogliono succhiare tutto il midollo della vita, senza lasciare nulla agli altri: un cancro dilagante che non lascia nulla, se non miseria e aridità. Esattamente come i famosi non-morti.

Voi credete che il vampiro sia un mostro inventato dalla fantasia di uno scrittore geniale o di qualche storia folcloristica; la vostra ignoranza non ha limiti, come la vostra presunzione. Il vampiro è un archetipo vecchio come l’umanità, un’icona che le civiltà antiche hanno voluto trasmettere per metterci in guardia dal pericolo comportato dagli eccessi. Il vampiro rappresenta la fame smodata di dominio, potere e brama per le cose materiali; rappresenta la strumentalizzazione e la manipolazione assoluta. Tutti gli uomini hanno quest’indole nel loro animo, tutti hanno piccolezze e grettezze con cui fare i conti nella vita quotidiana, in un alternarsi di sgarbi e gesti gentili. I più grandi filosofi e pensatori sanno che persino la persona più saggia e meritevole nasconde delle zone d’ombra. Il problema insorge quando tutto è ombra. Allora accade che per l’ombra di alcuni, tutto cada nella tenebra e nella rovina.

La fabbrica dei suicidi

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Avevo detto che sarei tornato alle origini, parlando di scrittura e come si crea un mondo fantastico, con la storia che si evolve in esso, i personaggi che vivono nelle sue terre, con credenze, miti, leggende: è un piacere parlare di certe cose.
Ma non si può non dare ascolto alla coscienza quando questa richiede attenzione: troppi fanno silenzio e rimangono nel mutismo.
Posto un articolo che m’è capitato sotto mano solo adesso, ma è di qualche mese fa, pubblicato su Gente.

«Conosco la Foxconn, non sfrutta i lavoratori. È una fabbrica, certo, ma è un bel posto, con ristoranti, cinema, piscine e un ospedale interno». Ha fatto scalpore la dichiarazione rilasciata da Steve Jobs, proprietario della Apple. Già, perché la Foxconn, azienda cinese specializzata nella produzione di componenti tecnologici, è da tempo al centro di una sconcertante vicenda: negli ultimi mesi, e a distanza ravvicinata, 11 dei suoi operai si sono tolti la vita.
Nei suoi stabilimenti di Longhua, vicino Shenzhen, le condizioni di lavoro sarebbero infatti proibitive: i dipendenti hanno turni di 12 ore consecutive, non possono parlarsi fra loro, sono soggetti a rimproveri pubblici da parte dei superiori e hanno uno stipendio da fame, 90 yuan al mese, circa 90 euro. Cosa c’entra Steve Jobs? Semplice, alla Foxconn si producono l’iPad e l’iPhone. E si sospetta che i turni più massacranti siano dovuti all’esigenza di star dietro alla grande richiesta sul mercato mondiale dei due prodotti di punta della Apple. A rendere ancora più inquietante la vicenda c’è poi l’incredibile provvedimento preso da Terry Gou, il presidente dell’azienda cinese, che impone un impegno scritto da parte degli operai a non suicidarsi.
«Siamo dispiaciutidi quando è accaduto. Per evitare altri casi drammatici d’ora in poi i lavoratori dovranno promettere formalmente di non farsi del male e di recarsi subito da uno psichiatra qualora soffrissero di problemi mentali», ha dichiarato l’alto dirigente. Resta un dubbio: chi dovrebbe andare a farsi vedere da un medico?
Marco Pagani

La notizia si trova anche in rete: Rainews24 , dallarete.blog.rainews24 , PSICOTERAPEUTICO.COM.
Il caso della Foxcomm non è l’unico: c’è anche quello della France Telecom . Il posto di lavoro diventa una prigione, in senso letterale; non basterebbe cambiare il modo di trattare il personale, invece di fare palazzi anti-suicidi?

Se si credeva che certe storie inventate fossero esagerate, allora non si conosce bene la realtà in cui si vive. Non occore inventare nulla: basta solo osservare. Non sono certi libri a essere dell’orrore: è la vita alle volte a essere il vero orrore.

Manifestazione Roma

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La manifestazione avvenuta a Roma si è svolta senza incidenti.
Non avevo dubbi che così sarebbe stato: le parole del ministro si sono rivelate vuote.
Meglio così, penseranno molti. Da un lato, certamente: il caos, la violenza sono fattori che con la comprensione devono sparire; dall’altro no. Perché questi non sono stati semplici allarmismi, un modo per screditare i manifestanti e gli appartenenti a organizzazioni sindacali; non è stato nemmeno un modo per distogliere l’attenzione da altri problemi. O meglio, non sono solo questo: è stato anche un tentativo per non annullare la manifestazione.
E’ un dato di fatto che la Fiat spinga per eliminare il diritto allo sciopero. Il motivo è semplice: togliere ai lavoratori l’unica arma che hanno a disposizione per ottenere e far valere i diritti. Chi ha fatto la scelta d’essere imprenditore lo fa per il guadagno, è questo il nucleo del suo essere e se si vuole rendere qualcuno sensibile a certi elementi occorre arrivare al suo centro. Scioperando, i lavoratori privano l’imprenditore della sua energia: i soldi. Niente lavoro, niente guadagno. Questo alla classe dirigente non è mai andato giù e ora, con un governo che li appoggia, cercano di eliminare questo importante mezzo di riconoscimento di diritti dei lavoratori.
Questa non è una storia inventata, dove qualcuno verrà a richiedere che sia reso conto delle decisioni prese: questa è la realtà e occorre che ognuno, insieme a tutti gli altri, lotta e resista per ottenere diritti, per non piegarsi alla precarizzazione, con cui governo e padronato intendono controllare (l’importante invito di Nichi Vendola). Perché altrimenti davvero la fantasia diverrà realtà.

Fantascienza e realtà

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Anni fa lessi un racconto di fantascienza ambientato in una società dove ai bambini, raggiunta una certa età, veniva fatto un test attitudinale e nel caso desse un certo esito, venivano eliminati secondo la procedura stillata dal governo.
Che requisito occorreva per incorrere in un simile destino?
L’intelligenza.
Il bambino del racconto era curioso, faceva domande, aveva voglia d’apprendere e imparare cose sempre nuove, non s’accontentava delle semplici risposte limitate del padre (figlio esemplare della società: s’accontentava della vita fatta di lavoro e dei passatempi passati dal sistema, non chiedeva altro).
Un racconto che mi ha sempre colpito, lasciandomi un timore che con il tempo ho visto concretizzarsi. Mettere da parte l’intelligenza perché può far crollare il sistema, un castello di carte campato in aria.
Molti racconti del genere, specie di fantascienza scritti nel passato, lanciavano moniti che allora sembravano solo fantasie, dove nei sistemi immaginati si potevano avere storie d’amore in base a punti da spendere conferiti dalla società, permessi d’avere figli in base al reddito o alla mappatura genetica.
Solo storie, si diceva, ma in realtà mostravano un futuro a cui si stava andando incontro: un futuro asettico, rigido, basato solo sulla produttività e sul far proliferare la società, il tutto per dar fasto al sistema, per dare splendore alla società. Il tutto naturalmente a discapito dell’umanità, dei sentimenti e dei rapporti umani; un processo che porta all’estraniazione dell’individuo.
Rende bene l’idea di questo il film Blade Runner: un mondo cupo, sempre battuto dalla pioggia, dove i protagonisti sono abbandonati a se stessi e non c’è speranza.
Non occorre guardare alla fantascienza del passato: il presente ne è un esempio concreto.
Basta pensare ad Alitalia e a Fiat, che hanno fatto e voluto accordi dove conta solo il lavoro e non si tiene in considerazione il fatto che le persone debbano avere una propria vita. Un esempio è quello che fa riferimento alle donne che hanno figli e che dovevano essere tutelate, aventi diritti che le società hanno ignorato, perchè la produttività e il profitto viene su tutto.
Se si continuerà di questo passo, si tornerà al passato, dove la gente sarà costretta a lavorare più di dieci ore al giorno, sabato e domenica compresi, con stipendi bassi, nessun diritto, solo il dovere di produrre, com’era all’inizio della rivoluzione industriale. Si avrà un futuro dove l’istruzione sarà per pochi, dove la gente non potrà più scegliere di creare la vita che vuole, ma sarà imposta dall’alto, dove avere anche una relazione o un figlio sarà deciso da regole fissate da chi governa.
Un mondo incentrato solo sul lavoro.
Un mondo privo di rapporti sociali e umani.
Privo di sentimenti.
Privo di amore.
Schiavitù.
Detta così sembra un racconto d’umor nero; si diceva così anche dei racconti di fantascienza: ora ci ritroviamo che la realtà li sta superando.
Non ci si crede? Andate a ricercare i racconti di tanti anni fa e vedrete. Non ascoltate chi dice che le produzioni attuali sono il meglio che ci possa essere: tirano solo acqua al loro mulino. Storie che dicono poco o niente, ma dove tutti sono felici e contenti, utilizzando un linguaggio (e tematiche) scarso ed elementare (un altro sintomo dell’impoverimento della cultura di una popolazione). Fate il confronto con le storie scritte nel passato e si avrà svelata la natura della società e il modo per contrastarla.
Perché con le storie si possono toccare tanti argomenti attuali: chi scrive con passione conosce questa realtà.

Nota a margine. Finora ho voluto parlare di mondo del lavoro,di mobbing, morti bianche, diritti, disagi (hichikomori):realtà che spesso non si vogliono sentire, ma che attraverso un racconto possono giungere lontano. Su questo è incentrato Non Siete Intoccabili, una storia che ho voluto scrivere.
Continuerò a parlare di storie, anche se cambierà la loro natura: nei prossimi post ci sarà un ritorno alle origini.

Malattia

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Anche oggi la notizia di una persona che si è suicidata perché non riusciva a trovare lavoro: il numero dei morti spinti dalla disperazione di essere disoccupati è in aumento. E mentre queste tragedie si consumano finendo presto nel dimenticatoio, la classe imprenditoriale si preoccupa solamente di poter pagare meno tasse e i lavoratori, pensa solamente a sé senza comprendere che creando ricchezza anche per gli altri avrebbe anche lei da guadagnarci di più.

E’ triste costatare che senza un lavoro, quindi senza soldi, si è preclusi alla vita: questo è il messaggio e la regola che vige in questo sistema. Se non si hanno i soldi non si può creare una famiglia, non si può vivere insieme a qualcuno e avere figli, perché non si sa come mantenerli, non ci sono i mezzi per portare avanti il progetto di vita insieme: è amaro costatare come amore, sentimenti e rapporti dipendano dal denaro. Non è così per tutti, c’è chi si ribella a questo sistema e anche se a fatica e con tanti sacrifici porta avanti questo progetto; ma ci sono tanti rapporti che di fronte alle difficoltà economiche lasciano andare perché non si riesce ad avere una vita spensierata: questo è il frutto della cultura di questo sistema.
Ma la mancanza di denaro non va ad intaccare solo i rapporti di coppia, ma anche quelli sociali: i punti di aggregazione sono pochi e se si vuole avere a che fare con altre persone occorre pagare: palestre, pub, scuole, università (le ultime due non sono solo luoghi d’istruzione e apprendimento, ma anche di socializzazione: i prezzi elevati di tasse d’iscrizione e il costo dei libri limitano l’accesso a chi è in difficoltà).
Anche il lavoro, per quanto ora sia un inferno, è un luogo dove avere contatti sociali (ci si passa la maggior parte delle ore della giornata).
Senza soldi si è privati del rapporto con gli altri, si è isolati. E la natura insegna che una creatura isolata, solitaria, ha meno possibilità di sopravvivere rispetto a chi è in gruppo. Un ramo se staccato da un albero si secca e muore. Così è anche per l’uomo: l’isolamento può portarlo ad ammalarsi e da qui alle volte anche a morire. Sì, perché ci sono tanti modi di morire, non c’è solo la morte del corpo, ma anche quella interiore.
Stessa cosa è per le malattie: sono sia fisiche sia psichiche. E quando una persona è malata si ha a che fare con reazioni poco piacevoli.
Nel vedere una persona che non sta bene, fisicamente, ma anche psicologicamente, s’avverte un muro, un freno verso di lei. Ci si trova a disagio perché non si sa come comportarsi, come muoversi, temendo d’urtare l’altro con una frase o un atteggiamento poco appropriato: si teme d’indisporlo, mancando di rispetto alla sua condizione. Un eccesso di sensibilità e preoccupazione. Ma spesso ci si attacca a simili ragionamenti per celare l’ipocrisia, per nascondere la voglia di non avere a che fare con i lati meno belli della vita.
Chiunque potendo scegliere preferirebbe aver a che fare solo con i lati piacevoli dell’esistenza, è normale; non è normale invece il rifiuto, sintomo d’egoismo, di durezza d’animo, superficialità. Non si vuole avere a che fare con la persona malata per timore che la malattia che l’ha colpita possa a sua volta afferrarla; ciò che si teme davvero è un giorno di trovarsi in una condizione simile ed essere isolato dagli altri, abbandonato.
Il problema non è la malattia fisica o psichica che colpisce l’individuo: il problema è che è la società la malattia. E’ lei con la sua mentalità traviata ed estraniante a creare patologie e scompensi nelle persone.
Gli individui malati, in numero sempre crescente, sono spia d’allarme di qualcosa di sbagliato nella società. Ossessioni, depressioni, schizofrenie, atteggiamenti di chiusura che portano a pensare che queste persone sono dei disadattati perché non riescono a vivere all’interno della società. Si è davvero sicuri che la società sia sana e normale? Un segnale molto forte arriva dalle persone affette da Hikikomori: un ritirarsi all’interno di se stessi (stanza interiore) chiudendo le porte a ciò che è all’esterno, ritenuto minaccia e pericolo.
Uno dei tanti segnali che va ascoltato.

Il quadro che ci circonda non è confortante. Quando le cose vanno male, da sempre l’uomo alza gli occhi al cielo e desidera avere le ali per volare in alto.
Un desiderio di fuga?
Forse.
Ma anche la volontà di ricercare qualcosa di più elevato nella vita: i valori che rendono importante l’esistenza.

Ali per volare

La prigione del mondo del lavoro

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Mentre si commentano e si fanno dibattiti sulle parole dei politici più in vista, le notizie importanti passano in sordina; una tecnica voluta per non far prendere coscienza dei reali problemi, per non dare vera informazione, perché l’informazione è potere e può abbattere i governi e le loro malefatte.
Così concentrando la maggior parte delle energie sulle esternazioni di certi uomini, si lascia correre l’aumento smodato delle Rc auto (ormai fuori controllo), il mobbing (tanto è un’invenzione, un elemento che non esiste; lo si nega, alla stessa maniera di certi che negano l’esistenza dei campi di concentramento) e le morti bianche.
Senza contare Federmeccanica che firma deroghe per smantellare il contratto nazionale (ed effettuare così contratti a suo favore, dove i lavoratori non hanno certo da guadagnarci). E mentre accade questo in Italia, in Grecia si vara una legge per perseguire penalmente i camionisti che stanno scioperando. Motivo: fanno perdere soldi. Ma il fine dello sciopero serve appunto a questo: colpire nell’unico punto debole degli imprenditori. L’unico modo per difendere e ottenere diritti. E lo si vuole togliere perché si vuole avere il controllo assoluto.
Tutto quello che succede è una coincidenza? Non esistono coincidenze: solo l’illusione delle coincidenze.
Si vogliono togliere i diritti, la libertà, far essere schiavi dell’economia e del profitto. I segnali ci sono, si sta tornando indietro: quanto ancora si vuol lasciare andare avanti questa cosa? Quando sarà troppo tardi, quando non si avrà più niente e si dovrà riconquistare tutto da capo?
Cambiano i tempi e i modi, ma la schiavitù rimane.

Non Siete Intoccabili

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Lo stile di vita e la vita che sono proposti e che con tanti sforzi si vogliono inculcare nelle persone è similare alla linea di pensiero che guida Candido di Voltaire. Ma questo non è il mondo migliore in cui si può vivere. E con mondo non intendo il bellissimo, e tanto angariato e rovinato, pianeta in cui viviamo, bensì il sistema di modi di fare e pensare creato dalla cosiddetta civiltà, che tanti credono l’apice dello sviluppo umano e che tanti hanno contribuito a far crescere.
Questo sistema è sbagliato e va giudicato. Una nuova mentalità deve sorgere e spazzare via la vecchia, ormai cosa morta e causa di morte e rovina.

Su queste fondamenta si basa Non Siete Intoccabili, un romanzo che ho scritto tra gennaio 2008 e febbraio 2009. Non mi piace utilizzare etichette per definire le cose, ma alle volte si rendono necessarie per far comprendere ciò che si ha davanti; possono essere un aiuto, purché non ci si attacchi troppo perché ogni parte della vita (opere d’arte, libri, persone, natura) è molto più di quanto appare e si cerca di classificare.
Non Siete Intoccabili è sia un thriller, sia un horror, ma soprattutto è di carattere sociale, affronta lati e problematiche della società attuale, specialmente del mondo del lavoro: situazione economica, mobbing, morti bianchi. Non solo: è un’osservazione dello stato in cui devono vivere le persone in questa società. Uno stato che non appartiene solo a tale sistema, ma che è un ripetersi di passaggi e meccanismi già incontrati nella storia: è già successo nel periodo precedente la rivoluzione francese, con quella che si poteva definire la classe dirigente che si faceva sempre più ricca e il popolo sempre più povero, chiusa in se stessa e incentrata a guardare solo al proprio tornaconto. Un atteggiamento che alla fine ha condotto a una rottura e a una reazione sintomatica. E’ successo allora e può succedere anche adesso: i segnali, a saperli vedere, ci sono già.
Questo è quanto vuole essere il libro, è così che è diventato scrivendo, non certo come è stato progettato. Anzi non è stato progettato affatto: è sorto senza essere ricercato, ma lo ha fatto con insistenza e con insistenza ha reclamato che la storia venisse scritta, non dando tregua finché questo non è avvenuto. Difficile spiegare: è stata una forza che si è imposta, che ha reclamato spazio. Una forza che potrei definire oscura, perché sorta dalle profondità e che finché non è giunta al suo compimento non è stata chiara; come un viaggio attraverso l’oscurità.
Dico questo perché non sono partito con i presupposti di scrivere un libro del genere, né credevo di ritrovarmi ad affrontare tematiche simili dato che come scrittore nasco nel fantastico (ma questa è una storia di cui si parlerà un’altra volta); allora non comprendevo appieno il processo in cui mi ero avviato. Ora credo di aver raggiunto una consapevolezza che mi permetta di capire quella forza che mi spinto in questa direzione.
“Gli artisti usano le menzogne per dire la verità. Io ho creato una menzogna, ma grazie al fatto di averci creduto hai scoperto una verità su te stessa.” E’ una frase di V per Vendetta. Non Siete Intoccabili è una storia inventata, ma allo stesso tempo reale perché attraverso la finzione mostra verità dell’esistenza e dell’uomo; lo scrivere, così come il leggere, non è solo intrattenimento, ma anche fonte per comprendere meglio la realtà e per giudicarla, quando c’è qualcosa di sbagliato.
Così questo libro può essere considerato anche di denuncia.

Ora che ho cercato di rendere l’idea del romanzo, spiego ciò che mi ha spinto a pubblicarlo sul sito con licenza CC. Come ogni persona che scrive, oltre e innanzitutto per il piacere di creare mondi e storie, il fine è quello di arrivare alla pubblicazione (non a pagamento, verso la quale sono sempre stato contrario, perché è solo sfruttamento: l’impegno e il piacere di scrivere non possono essere svenduti solo per apparire e poter dire d’aver pubblicato), per poter essere letto da quante più persone possibili; come tanti ho inviato lettere di presentazione e sinossi alle case editrici.
C’è stata una cosa che mi ha fatto pensare: Non Siete Intaccabili non è il primo libro che scrivo e che sottopongo a valutazione, ma è stato quello che non ha ricevuto nessun tipo di risposta: le altre opere hanno ottenuto esiti negativi e positivi, in diversi casi sono stati e sono in lettura e valutazione. Questo no, se si esclude la partecipazione a un concorso thriller: qualunque opera rispondesse a tale requisito era accettata. Ma non ho avuto nessun riscontro, se non sapere che non è arrivato a premiazione.
Tolto questo caso, è stato il nulla. Perché? Non ho effettuato invii random, ma ho selezionato gli editori cercando di trovare corrispondenze tra le collane che producono e la mia opera; non posso dire perché l’opera è scritta male, dato che non è mai stata letta.
Penso invece che sia stata l’idea a non farlo prendere in considerazione, perché viviamo in un periodo, e con un sistema, dove non si vuole parlare di certe cose, dove certe classi e figure non debbano venire toccate. Il sistema economico creato vuol venir fatto passare per perfetto, nonostante i riscontri che si hanno ogni giorno; le figure che lo dominano si considerano creatori di benessere, quando invece sono una delle cause dei mali di questa società (la vera imprenditoria, che è investire, fare ricerca e creare cose nuove è una minoranza: la maggioranza è sfruttamento e pensare ad arricchirsi sulle spalle altrui).
Questa è una motivazione, ma non è la sola. C’è stata un’altra spinta, molto più forte a farmi andare nelle direzione delle licenze CC e nella pubblicazione libera sulla rete: la piega sempre più pericolosa presa dal mondo del lavoro, dove si cerca togliere diritti ai lavoratori, sacrificarli in nome della produttività e del tornaconto degli industriali. Il caso più in vista è quello della Fiat e di Marchionne, con il referendum a Pomigliano, ma ce ne sono tanti: ogni giorno si sentono e si vedono attacchi di questo genere, nelle grandi e nelle piccole imprese.
Non mi piace lamentarmi, dato che non serve a nulla, preferisco darmi da fare, cercare di dare un contributo, di dare consapevolezza su una realtà che non vuole essere vista; voglio fare la mia parte. Sarà presunzione e illusione la mia, non so se servirà, ma non voglio restare con le mani in mano, perché chi non fa niente per opporsi a ciò che è sbagliato si rende responsabile alla stessa maniera di chi perpetra l’errore: il lasciar correre non porta mai a niente di buono. E ho la sensazione che questo sia il momento per opporsi a un sistema sbagliato, per ribellarsi e fermarlo.
Ripeto, il tentativo che faccio potrà essere pretestuoso, presuntuoso e illusorio, ma voglio e spero di dare una mano con questa iniziativa, anche se altri più in vista e con maggior capacità d’ascolto fanno già qualcosa (v. Zygmunt Bauman al Festival del Diritto 2010).
E a proposito di dare una mano, se non ne avessi avuta una, probabilmente ora non sarei a questo punto o ci sarei arrivato con in futuro. Conoscevo le licenze CC, ma non avevo mai preso seriamente in considerazione questa eventualità; il cambiamento è avvenuto attraverso il confronto con una persona. Ringrazio Andrea “Negróre” D’Angelo per questo e per il supporto tecnico e non che mi ha dato: non è facile trovare aiuto, specie in certi frangenti; questo a dimostrazione che il mondo non è fatto solo di ombre, ma anche di luci. Grazie Andrea 🙂

Ho scritto tanto, parlando forse troppo, perché l’autore deve restare nell’ombra e lasciare spazio all’opera che ha realizzato, perché è lei la protagonista, lei la portatrice del messaggio: è attraverso di lei che dialoga con le persone. Vi lascio con un estratto del libro, augurando bona lettura e ringraziando quanti vorranno leggerlo. (è possibile scaricarlo dalla sezione download). La tempesta inizia

«Cosa si prova quando il proprio mondo va in frantumi?» Si ritrovò a chiedere, dando voce al pensiero ancor prima che si fosse formato completamente. «Ho provato a riflettere, ma è accaduto tutto così in fretta che riesco a trovare solo vuoto. Non so cosa pensare. Non ho risposte, non so dove cercarle.»
«Si muore. E poi si rinasce. Solo che non si è più se stessi.» Mormorò Mark spegnendo una luce e lasciando accesa solamente l’abat-jour.
«Come si fa a morire e a rimanere in vita?» Masha si sollevò su un braccio guardandolo perplessa.
«Significa che una parte di te muore. Si perdono le proprie illusioni, tutte le falsità che si credevano vere nella propria vita. Ti vengono strappate via, lasciandoti solamente un guscio in un deserto sconfinato, senza direzione, senza identità: non sai più nemmeno chi sei. E allora, o ti perdi per sempre e sei un derelitto, un peso per te e per gli altri, o scocca quella scintilla particolare dalla quale ricomincia una nuova vita, una nuova esistenza. E tutto cambia: scopri cose che non credevi possibili, azioni e pensieri che pensavi non potessero mai appartenerti. E’ un percorso nuovo, sconosciuto. E si è soli. Maledettamente soli.»