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La fabbrica dei suicidi

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Avevo detto che sarei tornato alle origini, parlando di scrittura e come si crea un mondo fantastico, con la storia che si evolve in esso, i personaggi che vivono nelle sue terre, con credenze, miti, leggende: è un piacere parlare di certe cose.
Ma non si può non dare ascolto alla coscienza quando questa richiede attenzione: troppi fanno silenzio e rimangono nel mutismo.
Posto un articolo che m’è capitato sotto mano solo adesso, ma è di qualche mese fa, pubblicato su Gente.

«Conosco la Foxconn, non sfrutta i lavoratori. È una fabbrica, certo, ma è un bel posto, con ristoranti, cinema, piscine e un ospedale interno». Ha fatto scalpore la dichiarazione rilasciata da Steve Jobs, proprietario della Apple. Già, perché la Foxconn, azienda cinese specializzata nella produzione di componenti tecnologici, è da tempo al centro di una sconcertante vicenda: negli ultimi mesi, e a distanza ravvicinata, 11 dei suoi operai si sono tolti la vita.
Nei suoi stabilimenti di Longhua, vicino Shenzhen, le condizioni di lavoro sarebbero infatti proibitive: i dipendenti hanno turni di 12 ore consecutive, non possono parlarsi fra loro, sono soggetti a rimproveri pubblici da parte dei superiori e hanno uno stipendio da fame, 90 yuan al mese, circa 90 euro. Cosa c’entra Steve Jobs? Semplice, alla Foxconn si producono l’iPad e l’iPhone. E si sospetta che i turni più massacranti siano dovuti all’esigenza di star dietro alla grande richiesta sul mercato mondiale dei due prodotti di punta della Apple. A rendere ancora più inquietante la vicenda c’è poi l’incredibile provvedimento preso da Terry Gou, il presidente dell’azienda cinese, che impone un impegno scritto da parte degli operai a non suicidarsi.
«Siamo dispiaciutidi quando è accaduto. Per evitare altri casi drammatici d’ora in poi i lavoratori dovranno promettere formalmente di non farsi del male e di recarsi subito da uno psichiatra qualora soffrissero di problemi mentali», ha dichiarato l’alto dirigente. Resta un dubbio: chi dovrebbe andare a farsi vedere da un medico?
Marco Pagani

La notizia si trova anche in rete: Rainews24 , dallarete.blog.rainews24 , PSICOTERAPEUTICO.COM.
Il caso della Foxcomm non è l’unico: c’è anche quello della France Telecom . Il posto di lavoro diventa una prigione, in senso letterale; non basterebbe cambiare il modo di trattare il personale, invece di fare palazzi anti-suicidi?

Se si credeva che certe storie inventate fossero esagerate, allora non si conosce bene la realtà in cui si vive. Non occore inventare nulla: basta solo osservare. Non sono certi libri a essere dell’orrore: è la vita alle volte a essere il vero orrore.

4 comments to La fabbrica dei suicidi

  • Non mi stupisce. Ben due dei colleghi che ho conosciuto nei 7 anni di lavoro della mia vita si sono suicidati.
    Certo, non tanto per le condizioni di lavoro che non sono in alcun modo riconducibili a quelle cinesi…ma se uno si è suicidato in ufficio e l’altro dopo un trasferimento professionale un motivo ci sarà.

  • Questi sono segnali, rihieste d’aiuto che non sono giunte in tempo, non lasciando altra scelta che un gesto estremo. Purtroppo in questi casi non si può tornare indietro e rimediare; ciò che invece fa pensare è che dopo tali eventi la vita continua ad andare avanti come se niente fosse. Dopo certi fatti invece tutto dovrebbe cambiare, ma la vita umana ormai ha perso valore.

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