E’ sulla bocca di tutti la trasmissione “Vieni via con me” condotta da Fazio e Saviano; un buon programma culturale, come dovrebbe essere la normalità di ciò che viene fatto trasmettere in televisione. Una boccata d’aria fresca, dato il periodo in cui sembra d’essere in apnea. Non m’addentrerò in una disamina del programma, c’è chi già fa questo (e la fa molto bene, condivido appieno il suo punto di vista).
La trasmissione mi piace e mi fa piacere, ma come dice Valberici, non bisogna farsi cogliere dagli entusiasmi, perché una rondine non fa primavera. Non è un voler togliere speranza, ma un non creare illusioni.
Il cambiamento, se avverrà, richiederà tempo per verificarsi e i segni si manifesteranno con le nuove generazioni, se gli saranno insegnati valori veri e non chimere che non hanno portato nulla; perché nelle vecchie generazioni il condizionamento è fortemente radicato ed è difficilmente scalzabile. Non è pessimismo, solo un dato di fatto della realtà, che è così da sempre; la saggezza antica riporta esempi di tale legge.
Quando Mosé libera il popolo ebraico dalla schiavitù egiziana, è costretto a farlo vivere quarant’anni nel deserto, il tempo necessario perché le vecchie generazioni scomparissero e con esse l’influenza che potevano avere sulle nuove. Non potevano essere cambiate perché, vissute per secoli in un sistema di schiavitù, non sarebbero riuscite a vivere da persone libere, anzi avrebbero perpetrato ancora quel modo di vivere.
A stare nel sistema si diventa come il sistema.
Un esempio di questa legge è il film Matrix, dove le persone inconsapevoli della vita che vivevano, e quindi condizionate e condizionabili, erano usate per dare la caccia a chi si era ribellato: quando i controllori prendevano possesso dei loro corpi, le persone non erano più loro stesse, ma Agenti. Gli individui del film non erano mai state loro stessi, non avevano coscienza della verità; così molto spesso le persone della realtà agiscono non volontariamente ma in base al condizionamento subito dai sistemi che gli sono attorno: famiglia, politica, lavoro, religione. Tutti gruppi, tutti sistemi che hanno influenza se glielo si permette, se non si sta attenti, che spingono ad agire nell stessa maniera conformizzante. Ad andar con lo zoppo s’impara a zoppicare.
Non credo, soprattutto spero, che occorrano quarant’anni per cambiare mentalità, perché il sistema instaurato non dura da secoli, anche se per il breve tempo che c’è stato e c’è, è stato intenso. Ma il condizionamento c’è stato e ha attecchito con forza.
Come?
Un altro esempio, un’altra storia potrà essere d’aiuto.
Sulla sedia era posato il quotidiano della settimana precedente
Alla televisione stava passando l’ultima edizione del telegiornale.
L’uomo s’avviò verso l’elettrodomestico e lo spense, disinteressato alle notizie trasmesse. Anche se parlavano dei fatti recenti, ormai erano storia antica. Il passato era morto e quindi privo d’interesse; contava solo il futuro che poteva nascere dal presente. Un’opportunità che poteva concretizzarsi se fosse stata colta da molti.
Si recò alla finestra e scostò le tende. Sotto la linea della ringhiera del terrazzo brillavano le luci dei palazzi e i fari delle auto. Centinaia d’individui simili a lui: diversi e uguali allo stesso tempo, con lo stesso potenziale di libertà, la voglia sopita di liberarsi dal pesante gioco che gravava sul proprio collo.
“Ribellatevi.” Visualizzò gli invisibili tentacoli della mente fluire verso le vite sottostanti. “Fatelo prima che sia troppo tardi. O presto pagherete un caro prezzo: il tempo sta per finire, la nave sta per salpare. Non perdete questa occasione.”
Ma più che il pensiero contava l’agire, per essere d’esempio a chi sapeva cosa c’era bisogno di fare, ma non aveva il coraggio di metterlo in pratica perché servivano eventi tragici per dare il via al cambiamento.
C’era bisogno di qualcuno che si prendesse la responsabilità di fare il primo passo; di uno che desse il via.
Come era stato fatto per lui.
Il sistema era morto, i poteri che lo sostenevano distrutti: la gente avrebbe cercato il nuovo o avrebbe voluto fare rivivere il vecchio?
L’intelligenza e la saggezza avrebbero scelto la prima opzione, ma erano valori che le persone avevano perso da tempo; per questo c’era da aspettarsi di tutto, anche una risposta che avrebbe portato rovina.
Lasciò che le tende tornassero a posto, permettendo alla stoffa di celare la visuale sul mondo esterno.
Certo, sarebbe stato da pazzi tentare di rimettere in piedi una civiltà basata su valori vertenti su un unico ego smisurato. Eppure era stato da pazzi il solo permetterne la creazione: la gente lo aveva voluto, smaniosa di farsi dominare. Incredibile come la maggioranza della popolazione si fosse rispecchiata, e avesse dato potere, a un solo, misero uomo.
Un unico individuo che aveva rimosso qualsiasi cosa fosse d’intralcio al proprio io, mettendolo sopra ogni cosa. Un egocentrismo che aveva avuto la pretesa di essere riverito e adorato come se fosse una divinità. In effetti la politica di quel periodo era stata molto simile a una religione, con la popolazione che aveva fatto un culto della figura che guidava il paese.
Perché la memoria degli uomini era così labile? Perché il sapere appreso non riusciva a essere trasmesso alle generazioni successive, onde evitare il ripetersi di tragedie già viste?
Nessuno trasmetteva più niente, nessuno si ricordava del tempo trascorso e i figli scontavano gli errori dei padri. Un perpetrarsi d’atteggiamenti e scelte uguali a quelli del passato; tutto a causa della venerazione portata a incapaci capi di stato, ottusi e cinici, che per il proprio tornaconto sacrificavano tutto e tutti. Ma la colpa più grave apparteneva alle persone, ugualmente egocentriche, che li avevano sostenuti, canalizzando in essi energie per farli divenire ciò che loro non avrebbero mai avuto il coraggio di essere. Uno specchio nel quale rimirarsi compiaciuti e sentirsi appagati, un vivere ciò che non si era attraverso altri.
Come avevano potuto concentrare tutto il potere in un’unica persona? Lentamente, senza accorgersene, consciamente o inconsciamente, avevano permesso la nascita e la crescita di un dittatore. Ma all’inizio le cose non erano certo sembrate in quel modo e la gente aveva voluto credere nell’illusione che si era creata.
Tornò a sedersi sulla poltrona.
Se solo avessero studiato la storia: si sarebbero accorti che in passato, poche decine d’anni prima, era esistita un’altra figura che era la copia di quella attuale. Stesse capacità oratorie, stesso tamtam mediatico incentrato sulla propria persona; perché la gente aveva voluto mentire a se stessa? Forse per negare l’ombra che era dentro di lei e che stava dilagando, perché se molti perseguono la stessa direzione significa che si è nel giusto, che non c’è nulla di sbagliato, nulla da temere; un modo per placare la coscienza.
O ucciderla.
Sorrise caustico.
Davvero una cultura di morte, come l’uomo che avevano erto a proprio simbolo. Un individuo che parlava d’amore, ma il cui tono di voce era carico di livore e imposizione, come se in bocca e nelle viscere avesse veleno da far stillare all’esterno. Parole che non facevano altro che creare divisioni, rotture, discriminando qualsiasi diversità che esulasse dall’unico pensiero dominante approvato da chi era al potere.
Scosse il capo.
Un uomo che voleva essere adorato come un dio, ma che non aveva i mezzi per esserlo. Eppure la gente lo aveva venerato e osannato per questo suo ego smodato.
E dire che per arrivare a questo si era partito dal basso, da piccole cose; con un minimo di consapevolezza si sarebbe potuto cogliere quello cui si era andato incontro. Ma era dell’uomo sottovalutare i segni dei tempi.
E la storia si era ripetuta con precisione.
I posteri avrebbero creduto che milioni di persone avevano volutamente permesso di farsi sfruttare e prendere in giro da un individuo di così bassa caratura?
Un uomo che non aveva usato la forza per salire al potere, che quando aveva iniziato la scalata non aveva nessun mezzo, ma vedeva lontano e sapeva dove voleva arrivare. Aveva intuito che utilizzare metodi forti non sarebbe stata la via migliore: dispendiosa, causa di forte critica nell’opinione pubblica, creatrice di nemici potenti. Mosse violente lo avrebbero penalizzato, facendogli perdere punti. Punti pubblicitari. Tutto era business, tutto era imprenditoria e il successo o l’insuccesso di un prodotto si basava sulla riuscita della pubblicità.
Perché farsi rovinare dalla fretta quando presto sarebbe stato acclamato? La gente avrebbe imparato ad amarlo: bastava mettersi sotto la luce migliore. Occorreva della buona pubblicità: un tamtam mediatico che avrebbe convinto un gran numero di persone d’essere la scelta migliore, facendo in modo che non si accorgesse di quanto stava succedendo intorno. Distogliere l’attenzione dalle cose importanti, coprire ciò che non doveva essere visto e ripetere che con lui tutto sarebbe andato bene.
Perché, si sapeva, che anche una menzogna, se ripetuta nel tempo e con insistenza, poteva divenire verità.
Strinse la mascella.
Come era facile illudere le persone, fargli vedere solo quello che volevano vedere. Bastavano pochi specchi per le allodole per ridurre il campo visivo, facendo credere che la vita era solo divertimento e che altri si sarebbero occupati dei problemi.
La gente era ignorante e lo era voluta diventare ancora di più, dando il permesso nell’innescare il meccanismo, arrivando addirittura a stimarsi per quello che aveva fatto, credendosi qualcosa di fenomenale: un popolo che si credeva in gamba, con l’occhio avanti, ma che in realtà era privo d’iniziativa e spessore, capace solo di seguire, andare a traino; una massa di furbetti da quattro soldi in grado di fregare la mela al vicino, ma di perdere casa e lavoro. Un popolo incapace di creare, ma efficiente nel rovinare.
Maledetta ignoranza.
Molte persone si erano fatte manipolare, soggiogare con la tecnica della goccia che cade sulla roccia. Cambiamenti fatti avvenire un passo alla volta, finché non ci si era trovati stravolti, talmente mutati che le persone avrebbero fatto fatica a riconoscersi se si fossero viste con gli occhi posseduti un tempo.
Erano occorsi anni per compiere questo processo, costruendo un sistema basato sull’anticultura. Una guerra invisibile, dove si era preparato con cura il terreno, selezionando le armi e le tattiche giuste.
La prima era l’informazione: il mezzo per promulgare il proprio verbo. Un verbo che perché potesse essere assorbito appieno doveva diventare quotidianità e pensiero comune: un tarlo che lavorava senza fretta, meticoloso e inarrestabile. Per questo si era iniziato con l’acquisizione di piccoli giornali ed emettenti televisive, facendoli ingrandire con il tempo, acquisendo chi era più piccolo e incorporandolo dentro il meccanismo avviato, crescendo fino a diventare un colosso, capace di controllare i quotidiani e le reti d’influenza nazionale.
La qualità di quanto trasmesso e pubblicato con il passare del tempo era stata volutamente fatta calare, la banalità e stupidità erano diventate dominanti, un siero che somministrato in dosi sempre più massicce aveva svuotato la mente delle persone: un piano studiato a tavolino per eliminare quanto era in grado di far pensare.
“Riflettere crea dubbi e conflitti interiori, ansie e patemi, mentre la vita deve scorrere tranquilla, bisogna diffondere serenità e ottimismo.” Era stata la frase che veniva ripetuta nelle interviste.
Per questo, era stato somministrato il falso sport spettacolo, il talk show del basso sentimentalismo, atto a far piangere e commuovere, istigante all’apparenza e alla superficialità per far pensare solo a divertimento e banalità.
Perché la riflessione era in grado di distruggere il potere.
Per questo l’obiettivo successivo era stato il limitare l’accesso alla cultura, porre dei blocchi perché un numero sempre minore di persone vi potesse accedere. L’istruzione era stata la prima a essere colpita, divenendo qualcosa solo per ricchi, la classe destinata a comandare: le scuole pubbliche erano state chiuse, lasciando aperte solo le private, mettendo un filtro che avesse limitato gli accessi: tasse così elevate che solo chi apparteneva all’elite della società, aveva la disponibilità necessaria per frequentarle.
La cultura tuttavia non passava solo attraverso l’istruzione: esisteva la letteratura. La gente poteva sempre leggere e questa era un’azione che non si poteva impedire; in passato c’era chi lo aveva fatto e tale scelta in alcuni casi aveva portato a rivolte. E con l’avvento della tecnologia, censurare era divenuta un’impresa laboriosa e dispendiosa. Molto più facile abbassare il livello della qualità, come già fatto con l’informazione: velocemente, e anche illegalmente (un dettaglio irrisorio, dato che una volta al potere sarebbe bastato fare una legge per rendere legale l’illegale), si erano acquisite una alla volta le case editrici presenti sul territorio nazionale, a partire dalla più grande, per avere la totalità del mercato del libro; dopodiché si era cominciato a commercializzare prodotti di bassa lega, in linea con gli standard preposti per seguire il piano d’abbassamento culturale.
Per completare l’opera tuttavia mancava ancora una pennellata: un dettaglio che rendesse le radici del potere salde e profonde, non solo per il presente, ma anche per il futuro, in modo che le generazioni giovani e quelle ancora da nascere, non incontrassero un’idea capace di farle dubitare della veridicità del fantastico castello di carte campato in aria che i loro padri avevano aiutato a costruire.
Per questo era stata distrutta anche la fantasia, anestetizzando la parte creativa e sognante dei ragazzi, limitandoli a desiderare solo quanto c’era all’interno del recinto approvato dal sistema: erano stati creati romanzi fantastici (il genere che andava per la maggiore nella fascia d’età giovanile) per bambini scemi. Ed era stata permessa la pubblicazione solo di linee corrispondenti a tali requisiti.
“Perché leggere maestri della fantasia degli anni passati, quando esistono mostri di bravura contemporanea?” Era stato il dictat che tanto aveva pubblicizzato i romanzi prodotti della nuova linea editoriale; una linea che aveva acclamato storie che non dicevano niente, ma dove tutti erano felici e contenti, utilizzando un linguaggio scarso ed elementare. Un altro sintomo dell’impoverimento della cultura di una popolazione.
Sintomo che sarebbe stato mostrato dalla lettura dei maestri della fantasia, svelando la natura della società e dando la conoscenza, perciò il potere, per disgregarla: una società narcisista e adolescenziale, vuota e viziata, superficiale e incapace di veri sentimenti, incapace d’amare e vivere veramente.
Un intero paese era crollato per l’egocentrismo di un solo individuo.
Le persone si erano sottomesse, avevano proiettato in quella figura ogni sogno, ideale, aspettativa: erano responsabili in ugual maniera di chi aveva architettato il piano diabolico.
Siamo schiavi, e la cosa terribile è che quelli che dicono di volerci liberare non fanno che rafforzare la posizione di forza dei padroni, diventando schiavi a loro volta.
Credo che sia il tempo di ribellarsi, decidendo d’essere liberi e mettendo dei paletti (magari di frassino 😉 ) a chi vuole imporre qualcosa di diverso.