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Brîsa ciapér pr al cûl

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ovvero, per chi non fosse originario di Bologna e non conoscesse il suo dialetto, non prendere in giro.
A cosa è rivolto?
A tutto il sistema.
Perché si è stanchi di sentirsi raccontare i soliti copioni scadenti, si è stanchi di essere trattati come dei mentecatti. La gente non è stupida, vede le cose come stanno e sa cosa c’è dietro: inutile continuare uno sceneggiato che non funziona più. Anche chi era in buona fede e si è voluto illudere ormai s’è stancato.
Prendiamo il mondo del lavoro. La crisi c’è stata e c’è, ma molti ci marciano sopra, un’ancòra cui attaccarsi per avere profitto, per avere maggior guadagno e maggior potere. I datori di lavoro pretendono e impongono che le persone sacrifichino tutto per loro perché devono guadagnare sempre di più, dando in cambio poco e togliendo sempre di più. Gli imprenditori sono mostrati come eroi, creatori di benessere, quando invece la realtà afferma e dimostra che sono sfruttatori e opportunisti che non danno valore alla dignità altrui, appoggiati da un governo che vuole eliminare lo statuto dei lavoratori, che vuole sopprimere le organizzazioni sindacali per imporre il suo pugno di ferro. (leggere questo articolo )
Si dice che il paese va bene, ma si minimizzano i dati di disoccupazione, che sono molto più alti di quelli pubblicati, e quelli della cassa integrazione, che sono di un miliardo di ore da inizio anno (e si tenga presente la costante e inarrestabile crescita di quella in deroga). Si conti che chi è in questa situazione perde più del 20% del reddito, quando attorno i consumi non fanno che crescere.
Un governo che dice di far tanto per il popolo, che lo tutela e si prende cura di lui, ma che è capace solo di fare spot pubblicitari (vedi quello sulla sicurezza del lavoro.).
Un governo che afferma che bisogna risparmiare sulla cultura, che fa andare in pezzi il proprio patrimonio storico (vedi l’ultimo caso, Pompei), quando altri paesi non fanno che investire perché sanno che un popolo che non conosce le proprie origini è un popolo destinato a perdersi.
Un governo che fa tagli sulla scuola pubblica, ma che investe in quella privata, aumentando i fondi da destinare a ques’ultima, passando da 150 a 245 milioni di euro.
A prescindere che con i mezzi attuali se uno è ignorante è perché lo vuole e non si fa niente per cambiare, affidandosi agli altri perché dicano quello che si deve sapere (vedi televisione; per questo, è somministrato il falso sport spettacolo, il talk show del basso sentimentalismo, atto a far piangere e commuovere, istigante all’apparenza e alla superficialità per far pensare solo a divertimento e banalità.), questo è un segnale chiaro di dove si vuole andare a parare: limitare l’accesso alla cultura, porre dei blocchi perché un numero sempre minore di persone vi possa accedere. Far divenire l’istruzione qualcosa solo per ricchi, la classe destinata a comandare: portare le scuole pubbliche alla chiusura, lasciando aperte solo le private, mettere un filtro che limiti gli accessi: tasse così elevate che solo chi appartiene all’elite della società, abbia la disponibilità necessaria per frequentarle.
Parliamo poi di certe pubblicazioni dell’editoria spacciate come capolavori, con campagne e proclami esaltati che si basano sull’età dello scrittore o sui titoli che possiede, ma non sul valore dell’opera realizzata. Un abbassare il livello della qualità, come già è avvenuto per l’informazione; prodotti di bassa lega, in linea con gli standard preposti che portano l’abbassamento culturale.
Questi sono solo alcuni esempi delle prese in giro perpetrate (sorvoliamo sulle più grottesche come il tira e molla delle parti politiche e bunga bunga vari). Che si faccia quello che si vuole, ma che non si pretenda che si rimanga in silenzio e non si faccia nulla per contrastare questo modus operandi.
Brîsa ciapér pr al cûl.

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