Starship Troopers è un film di Paul Verhoeven del 1997, molto liberamente ispirato all’omonimo romanzo di fantascienza di Robert A. Heinlein pubblicato per la prima volta nel 1959. Entrambi i lavori sono space opera militare, ma a parte questo e qualche piccolo dettaglio, non hanno nient’altro in comune. Seppur spettacolare come pellicola, manca di uno degli elementi principali dell’opera di Heinlein, la tuta potenziata, ma questo non influisce sul film, dato che percorre un’altra strada; anche della filosofia del libro sono stati presi solo alcuni elementi appena accennati, come la meritocrazia e la libera scelta di arruolarsi. Mancano le critiche al Comunismo e alla tecnocrazia (“il governo dei cervelloni”), come manca la condanna al militarismo tipico delle ideologie totalitaristiche del XX secolo e la critica alle “democrazie del XX secolo” che, secondo il romanzo, hanno fallito perché “la gente è stata illusa di poter semplicemente votare per qualsiasi cosa volesse… e di poterlo ottenere senza fatica, né sudore, né lacrime”.
Chi avesse letto Starship Troopers e si apprestasse a vedere il film che porta lo stesso nome, non si aspetti una storia di formazione come lo è quella di Heinlein, perché Paul Verhoeven ha creato una pellicola molto più cinica e spietata, seppur sempre critica.
In un futuro non troppo lontano, gli uomini hanno preso a colonizzare nuovi pianeti, ma nella loro conquista incontrano una razza aliena d’insettoidi anche lei dedita all’espansione: il conflitto bellico è inevitabile. La storia viene mostrata dal punto di vista di Johnny Rico, un giovane che si arruola nella fanteria mobile per seguire la ragazza che ama, Carmen Ibañez, entrata nell’aeronautica; anche due loro amici dei tempi della scuola, Carl Jenkins e Dizzy Flores, entrano nell’esercito, il primo nell’intelligence, la seconda nella fanteria. Johnny prima dovrà avere a che fare con la dura vita del campo addestramento , poi con quella ancora più dura del campo di battaglia.
Film adrenalinico e pieno di testosterone, dove i personaggi fanno a gara a chi è più cazzuto, da alcuni visto come una pellicola parafascista che inneggia all’uso delle armi e della forza bruta, in realtà è un lavoro più intelligente di quel che appare, pieno di implicazioni politiche e morali: attraverso cinismo e un humor spietato, l’opera ambigua di Paul Verhoeven va compresa con una chiave di lettura antimilitarista, dove attraverso la satira critica la visione che hanno certi governi. Il regista mostra una società militarizzata e xenofoba, alla continua ricerca di un nemico da combattere e ciò lo rende un film ancora oggi molto attuale, dato che viene subito in mente l’impronta che ha voluto dare Trump agli Stati Uniti o che qualcuno vorrebbe dare all’Italia, tanto per fare alcuni esempi. Senza contare la feroce critica che viene fatta al tam tam pubblicitario per sponsorizzare la forza militare, per manipolare con il patriottismo una massa umana che agisce e pensa poco. Una massa umana fatta per obbedire, non per pensare, ma per seguire quello che ha più palle: un inno alla legge del più forte.
Se si riesce a vedere oltre al film fracassone, ricco di effetti gore e splatter, e si riescono a scorgere i tanti piccoli messaggi critici lanciati da Verhoeven, si troverà in Starship Troopers una piccola chicca, forse uno dei migliori film del regista assieme a Robocop e Atto di forza.
Il film È una satira, ma ha avuto un grande richiamo sulla parte più guerrafondaia di me… L’assalto dei ragni al fortino della Fanteria Spaziale offre una delle migliori sequenze di botte da orbi della storia del cinema.
Infatti ebbe una nomination agli oscar per gli effetti speciali.
Quello che mi colpì subito furono certe battute che fecero capire quanto potesse essere tagliente nella critica; per esempio quando Rico va ad arruolarsi e l’addetto al reclutamento (privo di entrambe le gambe e un braccio) gli dice che la fanteria l’ha reso quello che è.