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Il Signore degli anelli di Bakshi

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Il signore degli anelli di Bakshi Andavo alle elementari (anni 80) quando vidi Il Signore degli Anelli di Bakshi in televisione. Allora, a differenza di adesso, non c’erano molti film e serie dedicate al fantastico, e quindi fu un piccolo evento; la storia si capiva che non terminava con la fine della pellicola, dato che c’era sì la vittoria al fosso di Helm, ma Frodo e Sam erano ancora in viaggio con Gollum per portare l’Unico Anello al Monte Fato, e quindi aspettai con trepidazione la trasmissione della seconda parte. Attesa vana, perché non ci fu mai un seguito, ma allora non c’era internet per fare ricerche e quindi non era possibile avere notizie rapidamente. In seguito scoprii le ragioni del perché non ci fu un prosieguo della storia e di tutto quello che c’era stato dietro: dal rifiuto di Kubrick alla controversa sceneggiatura di Boorman che tradiva ciò che era Il Signore degli Anelli con alcune licenze che la fecero bocciare senza se e senza ma, fino ad arrivare a Ralph Bakshi, che decise di farne una versione animata.
Visti i costi che una produzione del genere avrebbe richiesto e che i mezzi di allora non avrebbero permesso di creare un’ambientazione adeguata a quella del romanzo, la scelta fatta da Bakshi sembrava quella giusta: un’animazione realistica, senza tanti fronzoli, lontana dallo stile disneyano tanto conosciuto fino ad allora, con fondali curati nei dettagli maniacalmente (ci ha lavorato anche un allora sconosciuto Tim Burton). Lo stesso Bakshi definì il suo lavoro un dipinto animato, pura pittura in movimento.
Per l’impossibilità di disegnare tutto, si decise di usare il rotoscopio, ovvero di ricalcare le scene a partire da pellicole girate in precedenza. Dopo gli acquerelli dei fondali e lo stile dei personaggi, l’uso di questa tecnica può risultare stridente e creare un risultato finale grottesco. Eppure, proprio questa scelta ha reso caratteristico Il Signore degli Anelli creato da Baksji: può piacere o non piacere, ma ha dato al film un suo perché. Ed è un rammarico che al regista non sia stata data la possibilità di completare il lavoro (benché a fronte di un investimento di quattro milioni di dollari ne avesse guadagnati trenta) perché aveva saputo adattare abbastanza bene l’opera di Tolkien; certo, c’erano stati dei tagli (eliminata la parte di Bombadil, visto che risulta slegato alla trama principale), ma nel complesso lo spirito originario viene mantenuto.
Seppur stroncato dalla critica, il film ha diversi punti positivi, al punto da avere una forte influenza sul più fortunato Il Signore degli Anelli girato da Peter Jackson, che non solo effettua molti dei tagli realizzati da Bakshi, ma rifà diverse inquadrature alla stessa maniera del suo precedessore (la festa di Bilbo, l’incontro dei quattro hobbit con il Nazgul nella foresta, quello con Aragorn). Sia ben chiaro: la pellicola del 1978 non è perfetta, visto che non approfondisce i personaggi, è troppo compressa per via di tagli richiesti dalla produzione con salti di trama non da poco (mancano venti minuti di scena che il regista non è riuscito a completare per poter far uscire il film nella data prevista) e si può essere perplessi su certe scelte (Gimli non è un nano ma un silvano), ma se ne si ha la possibilità, la si recuperi, perché ha subito un giudizio troppo duro.

2 comments to Il Signore degli Anelli di Bakshi

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