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Il metallo perduto

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Il metallo perdutoCon Il metallo perduto si conclude la seconda serie Mistborn, nonché l’era che in essa è stata raccontata: infatti, da quanto fatto capire da Brandon Sanderson, la prossima storia dei Mistborn sarà ambientata in un’era futura, dove la tecnologia ha fatto un balzo in avanti ed è più sviluppata. Ciò è sempre stato nelle idee dell’autore: prendere un mondo fantasy e poi espanderlo nel futuro per diverse epoche, fornendo una visuale più ampia di come un pianeta avanza nel futuro, usando le tradizioni della serie di libri precedente come il fondamento di religioni e miti (1).
In questo l’autore c’è riuscito: si è passati dal mondo medieovale della prima trilogia (tenuto volutamente poco sviluppato dal Lord Reggente perché non ci fossero i mezzi per dare il via a rivolte in grado di ribaltare il suo potere) a un mondo stile Ottocento, con armi da fuoco e i primi passi di elettricità e mezzi di trasporto automatizzati. Nel complesso la saga funziona, con alti e bassi; personalmente ho apprezzato i due volumi centrali, mentre quello iniziale è quello che mi ha meno entusiasmato. E Il metallo perduto, il volume conclusivo della saga?
In generale il giudizio è positivo, anche se ci sono stati dei bassi. (ATTENZIONE: da qui in avanti, sparsi nel mio giudizio sul libro ci sono degli SPOILER).
Partiamo subito da un elemento di cui ho già parlato nel precedente articolo e che non ho apprezzato già in un altro volume di Sanderson: non accetto che ci siano personaggi che si mettano a parlare di peti sulle sedie, non importa in quale momento, non importa se sono personaggi sopra le righe. Wayne già aveva fatto qualcosa del genere nei romanzi che avevano preceduto Il metallo perduto (rutti; se non ricordo male ci doveva anche essere stata una gara di queste emissioni gassose) e lì avevo chiuso un po’ un occhio; in questo caso la cosa non mi è andata molto giù. Ripetendo quanto ho già detto, non m’importa se bisogna arrivare ai più giovani: parlare di peti e bisogni fisiologici per far divertire, per far ridere, fa schifo. E da autori con le capacità di Sanderson mi aspetto di più e di meglio: queste cose non le accetto.
Altri punti dolenti: la storia è un po’ prevedibile, ma ormai era stata indirizzata e il percorso era quello. I personaggi di Wax e Wayne hanno meno presa rispetto ai precedenti volumi, ma ormai era già stato detto molto, se non tutto, di loro, e quindi è normale che non potessero più dare le stesse sensazioni.
Molto bene invece Marasi e Steris, che qui hanno maggiore spazio, e riescono con le loro scelte, il loro evolvere e andare avanti, a prendere e coinvolgere il lettore nelle vicende che le riguardano.
Benché Il metallo perduto non abbia una storia al livello della prima trilogia di Mistborn, è di grande importanza per quello che riguarda il Cosmoverso (l’universo creato da Sanderson e che collega le storie da lui create), perché dà rivelazioni molto importanti. Già nella serie della Folgoluce si erano capite delle cose, ma con Il metallo perduto viene reso evidente che c’è qualcosa di più grande in atto delle vicende narrate in un singolo mondo: c’è una guerra tra i vari Frammenti sparsi nel Cosmoverso. Si era già visto con Onore e Odio nella Folgoluce, con Rovina e Preservazione in Mistborn; in Il metallo perduto si vede l’arrivo di uno di essi nel mondo di Wax per usurpare il posto di Armonia (il terrasiano Sazed asceso a divinità quando ha preso su di sé i poteri di Rovina e Preservazione). Così si scopre chi è Trell, che altri non è che il Frammento Autonomia, che utilizza come avatar del suo potere la sorella di Wax, il vero capo dell’Ordine, soprattutto dopo che è stato eliminato suo zio. Per evitare che i danni siano più estesi, Telsin realizza una bomba per spazzare via la città di Elendel, convincendo così Autonomia a non invadere il pianeta con le sue schiere; tuttavia, tutto è sul filo del rasoio, dato che se il piano di Telsin fallisse, il Frammento darebbe il via all’invasione. Wax con l’aiuto del suo gruppo deve fermare entrambi.
Ma il gruppo non sarà solo nella lotta contro Telsin/Autonomia e qui ci sono altre sorprese: una è il ritorno di Kelsier. Un Kelsier che lavora nell’ombra, pronto a tutto per proteggere il pianeta, anche a costo di entrare in contrasto con Sazed che, secondo lui, ha dei problemi a gestire i poteri di Rovina e Preservazione. Per fare questo ha creato un gruppo proveniente da altri mondi, che ricerca fonti di potere nel Cosmoverso per acquisire forza e contrastare i nemici del pianeta, facendo così entrare in gioco le Perpendicolarità e Shadesmar, già visti in Folgoluce. E il gruppo che ha creato altro non è che quello dei Sanguispettri: questo cambia un poco le carte in tavola di quanto mostrato in altri volumi, almeno per quanto riguarda le impressioni che avevo avuto su di loro. Sì, perché, i Sanguispettri mi avevano dato un’impressione di qualcosa di oscuro, non dico malvagio ma quasi; l’essere pronti a tutto per raggiungere i loro scopi, usare gli altri per il prorpio tornaconto, non mi avevano dato una buona sensazione e perciò si doveva diffidare di loro. In effetti, non c’è tanto da fidarsi di questo gruppo (il fine giustifica i mezzi non è mai il massimo), ma ora la loro natura è più chiara. Soprattutto è chiaro che ci sono diverse anime al suo interno, che lavorano in maniera differente e, anche se compare solo per poche righe nel finale del libro, ho il sospetto che Dlavil sia l’agente dei Sanguispettri assegnato a Roshar.
Visto che di spoiler ne ho già fatti diversi, non dirò a cosa si riferisce il titolo del romanzo (chi conosce il mondo dei Mistborn può averlo però intuito), né come si concluderanno esattamente le vicende, dato che un po’ di scoperta bisogna lasciarla anche agli altri.
Avendo terminato quello che ho da dire, non rimane che dare il giudizio finale: Il metallo perduto è un buon romanzo e conclude abbastanza bene la seconda era di Misborn. Un finale soddisfacente, sicuramente molto di più di quello dato a Skyward (l’ultimo libro di Sanderson che ho letto prima di Il metallo perduto).

1. Il metallo perduto. Brandon Sanderson. Mondadori 2024, pag. 721

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