…erano i tempi eroici del giornalismo… prima che il giornalismo, maledettamente distrutto dalla televisione nel suo tentativo di imitarla, è stato costretto a diventare spettacolo.
In quegli anni si scriveva davvero. Purtroppo la televisione, riducendo i tempi dell’attenzione che l’uomo riesce ormai a dedicare a una cosa – oltre all’orribile problema, uguale dovunque, della sovraofferta di tutti quei prodotti che sono lì a disposizione perché tu abbia « la scelta » – ha fatto sì che i giornali siano diventati dei contenitori in cui dentro c’è di tutto, ma solo per l’attenzione di tre minuti, come uno spot televisivo, e in cui tutto si perde nel grande minestrone delle cose che ti arrivano dal mondo.
Oggi è impossibile scrivere cose lunghe come si scrivevano un tempo. Allora, qual è la tendenza? Fare spettacolo. Non cercare di andare in profondità. Fare una sceneggiata: un bigolino con la foto, una storia sbalorditiva. Basta, chiuso, non se ne parla più. Questo è un grande svilimento anche della missione giornalistica.
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…il problema è che tutto si è inquinato. La vicinanza al potere, la necessità della protezione del potere hanno creato una situazione che non è più quella di un tempo, in cui la forza del giornalismo era la sua indipendenza. Sai, una indipendenza anche economica. Quando i giornali dipendono dalla pubblicità, come succede in Italia, e la pubblicità è in mano a chi ha il potere politico, come puoi essere libero? Quando i giornali sono posseduti dalle grandi aziende contro le quali non potrai mai scrivere e che hanno i loro interessi politici, come fai a fare del vero giornalismo? Pensa invece che Le Monde è posseduto dai giornalisti, che il New York Times è posseduto da una vecchia famiglia che tiene moltissimo alla sua indipendenza, che il Washington Post era posseduto da una signora di grande famiglia, di grande tradizione. Be’, questo cambia molto le cose. Molto. Infatti, sarebbe stato impossibile Watergate se il Washington _Post non fosse stato posseduto dalla signora Martha Graham, perché ci sarebbero stati subito legami politici che rendevano necessaria la soppressione della storia. Ed è vero che gli americani hanno perso la guerra in Vietnam anche a causa della stampa. Perché allora c’era una stampa libera, una stampa che guardava, che vedeva, che andava a grattare.
La fine è il mio inizio. Tiziano Terzani. Longanesi 2006, pag. 115-117
Su altre cose Terzani mi piace assai poco, qui ha ragione. Il giornalismo poteva essere libero quando era autosufficiente economicamente. Oggi un giornale è sempre, o più o meno sempre, sovvenzionato. La televisione e la rete non mi sembra abbiano cambiato questo stato di cose. I network televisivi costano. Anche canali di sole notizie come CNN (non mi piace nemmeno questa, ma vabbè…) sono parte di gruppi più grandi. La bolgia della rete è poi la morte del concetto stesso di obiettività, e sta ammazzando anche quello di verità.
Terzani lo conosco per aver letto il libro da cui ho tratto il brano (La fine è il mio inizio) e Un altro giro di giostra (ho altri suoi libri, ma al momento ho letto solo questi due). Purtroppo questa è la realtà in cui siamo e non mi aspetto miglioramenti, anzi.