Chi segue lo sport, in questi giorni ha assistito all’esonero dell’allenatore dell’Inter Walter Mazzarri, vedendo il ritorno sulla panchina nerazzurra di Roberto Mancini, già alla guida della squadra qualche anno fa.
Chi è sportivo sa che quando non ci sono risultati positivi, che non rispecchiano gli obiettivi prefissati, questa è una scelta che spesso le società fanno nel tentativo di migliorare la situazione.
Una scelta mai piacevole per chi viene esonerato e che spesso non porta i risultati che ci si auspica. Alla fine, chi paga è sempre l’allenatore: è sempre lui il capro espiatorio. Che faccia degli errori è fuori discussione, ma spesso non si tiene conto che molti errori dipendono dalla società, perché non ha fatto un mercato adeguato, perché non c’è strategia, perché non crea un ambiente capace di dare fiducia, tranquillità, sicurezza. L’Inter ne è un esempio: salvo certi periodi (il tempo in cui è stato allenatore José Mourinho), è sempre stata una società difficile, dove qualsiasi cosa si faceva non andava mai bene, dove non c’era programmazione, guidata da un presidente (Massimo Moratti) che ha vissuto con il complesso delle vittorie del padre e che ha sempre preso decisioni d’impulso, senza mai riflettere con calma, spendendo (sprecando) molti soldi per allestire una squadra che fosse vincente. Un presidente che negli ultimi anni si è creato e portato dietro un carrozzone che ha fatto più danno che utile, non riuscendo a cogliere i frutti dei risultati raggiunti (Triplete), sperperando quanto fatto e distruggendo un solido lavoro su cui costruire il futuro (rispecchiando perfettamente l’andazzo dell’Italia). Un caos ingestibile, che ha portato Moratti a cedere la quota di maggioranza della società a Thohir (ma credendo di essere ancora chi decide, viste certe sue uscite).
Altro fattore di cui non si tiene conto è quello inerente i calciatori. Alle volte non si hanno giocatori di livello (l’Inter attuale non ha quelli del Real Madrid e nemmeno quelli di quattro anni fa che hanno vinto il Triplete) oppure quelli che si hanno non rendono come dovuto, alle volte causa infortuni, ma alle volte perché si ritiene che l’allenatore non è in grado di motivarli (ma con il lavoro che fanno e soprattutto gli stipendi che percepiscono, soprattutto considerando che si parla di professionisti, una tale motivazione perde forza).
Si possono prendere in considerazione vari fattori, fatto sta che Mazzarri è stato esonerato: essendo la società a metterci i soldi, è tra le sue possibilità, anche se ci si può chiedere dove sia finita la progettualità di cui tanto si era parlato (ma nello sport, come nella politica, spesso si dicono tante cose e poi se ne fanno altre) e del tanto decantato fair play finanziario (secondo quanto riportato da stampa Mancini percepirà uno stipendio netto di quattro milioni netti l’anno, contro i 3,5 di Mazzarri).
Per chi segue il calcio, queste sono vicende cui si è abituati.
Quello che ha fatto specie, è il massacro mediatico cui è stato sottoposto Mazzarri: giornalisti di ogni emittente l’anno criticato di continuo, facendo aumentare la pressione sulle sue spalle. Qualsiasi scelta facesse era contestata, qualsiasi risultato ottenesse era criticato (anche il 7 a 0 sul Sassuolo lo è stato, con asserzioni di mancanza di rispetto per l’avversario e di vergogna perché non doveva umiliarlo in quella maniera, ma doveva fermarsi prima evitando un passivo così pesante): in qualsiasi situazione, c’era sempre chi paventava (e auspicava) il suo esonero, asserendo che al posto della società lo avrebbe licenziato senza pensarci due volte.
In fondo, da chi è giornalista (ma che oramai non fa più il vero giornalismo, la vera informazione, ma cerca solo di urlare di più e spararle più grosse per fare audience), ci si aspetta questo comportamento.
Non ce lo si aspetta invece dai tifosi della propria squadra, che invece sono stati quelli che hanno fatto di peggio, assumendo un comportamento penoso e vergognoso. C’era chi tifava contro, sperava che la squadra andasse male, perdesse pur di arrivare a esonerare l’allenatore. Tifosi che speravano in questo e pretendevano, facendo anche pressioni, che la società licenziasse l’allenatore perché a loro non andava bene. Insulti, fischi: cominciavano ancora prima che la squadra iniziasse a giocare. C’erano critiche e contestazioni anche se la squadra faceva gol, anche se giocava bene, sminuendo qualsiasi cosa positiva veniva fatta.
Ora che l’esonero è avvenuto, questi tifosi festeggiano come se avessero vinto una coppa, senza considerare che un esonero è invece sempre un fallimento e non c’è nulla da festeggiare. Sono convinti (ma è solo illusione) che ora l’Inter possa tornare grande, che possa vincere lo scudetto come fatto qualche anno fa con Mancini: si sentono orgogliosi di quanto fatto, reputando che è merito loro se la cacciata di Mazzarri è avvenuta e c’è stato il ritorno di Mancini. Ma se è merito loro, che si accollino anche gli oneri, pagando lo stipendio del nuovo allenatore (pagando il doppio o il triplo il biglietto per andare allo stadio o l’abbonamento per vedere le partite in tv).
E visto che sono così attivi, capaci di ottenere risultati, perché invece di perdere tempo dietro una squadra di calcio, non fanno qualcosa di più utile e non si danno da fare per risollevare le sorti di un paese che va in malora, guidato da persone che non sono capaci di farlo, ma pensano solo a fare il loro interesse (questo a prescindere dal partito: ormai chi governa appartiene alla stessa razza, non c’è più differenza, come succede in La fattoria degli animali di George Orwell)?
A fronte di ciò, si osservi bene, perché la folla ha dimostrato quanto può cambiare le cose: le pulsioni, i moti della massa possono travolgere ogni cosa. Ma la folla è fatta d’individui: quello che accade è frutto solo delle loro passioni? Oppure dietro c’è qualcuno che li condiziona, li manipola, per spingerli nelle direzioni che gli fanno più comodo per il proprio interesse?
Purtroppo, quando ci sono masse composte da grandi numeri, il rischio che possa insorgere la violenza non è tanto lontano. In questo caso si è trattato di una violenza psicologica e verbale (se si guarda, ci sono stati tifosi che hanno fatto molto peggio, vedasi quelli juventini, usando la tragedia di Superga per sfottere quelli del Torino; non ci si meraviglia di certi comportamenti, dato il pessimo esempio che spesso arriva dalla dirigenza bianconera, denigrante e offensiva), non fisica, ma è già successo nel calcio di gruppi di tifosi che hanno obbligato i giocatori a togliersi la maglia perché ritenuti indegni. Tifosi che hanno minacciato i giocatori, li hanno terrorizzati al punto che temendo per l’incolumità loro e delle loro famiglie, hanno falsato una partita fingendo un numero tale d’infortuni da far saltare la gara.
Simili fatti, dato che sono inerenti lo sport, possono sembrare cose di poco conto, ma non bisogna sottovalutarli, perché possono essere l’avvisaglia di qualcosa di peggio: si sta vivendo in un brutto periodo, anche se non lo si vuole ammettere, anche se non si dà peso ai segnali che ci sono, sottovalutando l’aggressività e la violenza represse che sono nelle persone e aspettano solo il momento, le persone giuste, per farle esplodere.
Quanto accaduto non è una cosa su cui passarci sopra perché non è più una cosa di sport, è andata oltre: dimostra la voglia di sopraffazione che cova nell’animo della gente, del suo voler imporsi sugli altri, di far fare quello che vuole.
Non si è più nel campo dello sport: si è nel campo del calpestare il rispetto, nel campo del becerume.
Non si passi oltre con una scrollata di spalle, dimenticandosene e considerando solo i risultati di prestigio e successo nel caso arrivassero: perché da questi fatti possono poi venire cose molto più spiacevoli e peggiori.
Dopo non si pianga e ci si domandi come sono potute accadere certe tragedie.
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