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25 aprile

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250px-Partigiani_sfilano_per_le_strade_di_milano25 aprile 1945: Milano e Torino liberate. Giorno che verrà scelto per la commemorazione della Liberazione d’Italia. Liberazione dal dominio tedesco, fine di venti anni di dittatura fascista e della guerra. Un giorno fatto per ricordare il passato, del costo che ha avuto e per cosa si è lottato: la libertà. Quella libertà di cui ora non si conosce neppure il valore, dove l’unico significato che gli si attribuisce è quello di poter insultare, dire tutto quello che si vuole senza patire nessuna conseguenza.
Si è perso il vero senso della libertà, tutto è divenuto caos e sopraffazione. Tutto è prepotenza e spregio, e dove vigono questi due elementi la giustizia e l’equità scompaiono: i fatti si piegano agli interessi di chi ricopre ruoli, posizioni di potere, i fatti vengono piegati a chi ha certi interessi, grandi o piccoli che siano, in qualsiasi ambito, grande o piccolo che sia.
In un contesto del genere, si capisce bene una cosa: le lezioni del passato non sono servite a nulla. Non si è imparato nulla, non si è andati avanti, ma nel grande come nel piccolo si cerca di sopraffare, di voler eliminare chi denuncia le cose che non vanno. Più di settanta anni fa c’era una guerra e si conosceva il nemico che si doveva combattere perché lo si vedeva, lo si poteva toccare. Anche adesso c’è una guerra, ma è una guerra invisibile che si combatte tutti i giorni; una lotta contro un nemico invisibile che si cela dietro maschere fatti di sorrisi vuoti e falsi, di facciate che promettono tranquillità e tolleranza, ma solo se ci si sottomette e ci si adegua, perché se non lo si fa, si mostra l’odio e il disprezzo che si tenta di celare, ma che salta fuori tutte le volte che si vuole mostrare la verità, tutte le volte che si vuole parità ed uguaglianza di trattamento.
Dovrebbe essere un giorno di festa, ma non lo è, perché siamo sempre in lotta, sempre in guerra: l’unica cosa che si può fare è resistere. Ma non si può festeggiare. Soprattutto in un giorno in cui i parenti delle vittime della tragedia della Thyssenkrupp si vedono negare la giustizia che da anni stanno aspettando e che si meritano.

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