“Una mattina d’inverno, le disgrazie d’altronde capitano spesso d’inverno, il mondo si sveglia e scopre che non ci sono più petrolio, né gas né carbone né corrente elettrica.” Così comincia La fine del mondo storto di Mauro Corona; tutto raccontato, senza avere dei personaggi come protagonisti perché il protagonista è l’umanità intera, lo scrittore trentino mostra uno scenario drastico, dove quello che finora aveva sostenuto la società umana crolla. Senza carburanti ed energia elettrica, gli uomini si trovano ad affrontare un duro inverno, dove la morte bianca e nera falcia le persone come i contadini fanno con le messi; i soldi perdono di significato, mezzi di trasporto, televisioni, pc, smartphone, diventano completamente inutili. Per superare il freddo, tutto viene usato per scaldarsi: vengono bruciati mobili, sedie, tavoli, libri, opere d’arte, oggetti sacri come statue di santi e crocefissi. La sopravvivenza diventa l’unica ragione dell’esistenza, tutto il resto viene accantonato; si mangia di tutto, arrivando persino al cannibalismo.
Privato della tecnologia e di tutti i suoi costrutti, l’uomo è costretto a tornare alla terra, a lavorarla e a prendersi cura di essa se vuole continuare a vivere; riscopre l’uso del lavoro manuale e grazie all’insegnamento di vecchi artigiani e contadini riscopre quei lavori che l’era tecnologica aveva fatto tanto disprezzare. Inoltre, la morte bianca e nera ha reso tutti gli uomini uguali, ha distrutto le diversità sociali, i ruoli; coloro che sono sopravvissuti all’inverno hanno riscoperto un mondo di vivere più sano, meno di corsa e più silenzioso, godendo di quello che hanno e non più affannandosi dietro cose prive di valore. Il ritorno alla terra è un toccasana per la mente e lo spirito ma anche per il corpo.
Ma col ritorno dell’avere di che mangiare e sostenersi, ritornano quei vecchi costrutti che tanto male hanno fatto all’umanità: egoismi, sopraffazione, voglia di potere e d’imporlo. Le lezioni impartite dalla morte bianca e nera sono presto dimenticate e ritornano la violenza, i conflitti, le guerre, perché “finché l’uomo non sparirà dal pianeta, farà di tutto, e ce le matterà tutta, per farsi male e per star male. Poi si estinguerà. Ma sarà colpa sua. L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità.” (2) La fine del mondo storto è un libro scritto nel 2010 ma è ancora molto attuale; senza fronzoli, Mauro Corona critica un sistema (il mondo storto) che ha perso di vista l’essenziale per correre dietro il superfluo, senza rendersi conto dei danni che fa. Un libro che fa riflettere, che mette in mostra i tanti punti deboli della nostra società, dove basta un niente per metterla in crisi (basta vedere quello che è successo con la pandemia Covid e quello che sta succedendo con la guerra in Ucraina). Un libro che richiama a riscoprire le proprie origini, a guardare cosa l’uomo è diventato, per mettere in guardia da una fine che non è poi così fantastica.
2. La fine del mondo storto. Mauro Corona. RCS MediaGroup S.p.A. 2016, pag. 169
Il re è morto, lunga vita al re!
Il governo Draghi è caduto, o meglio, è stato fatto cadere come ormai è tradizione politica fare, un atto di non grande responsabilità, visto che dopo due anni e passa di pandemia e una guerra sanguinosa e costosa in atto (e per fortuna che si diceva che le persone avrebbero dato il meglio di sé) non era proprio quello di cui si aveva bisogno. E così si dovrà andare alle elezioni.
Ma non c’è nulla di cui preoccuparsi, perché è acclarato e fattuale che un cambiamento è sempre positivo! Ci vuole gente nuova, facce nuove che vanno a comandare! E non importa se ha un problema nella testa e funziona a metà.
Ma va tutto bene, perché ora non avremo più incertezze, perché non avremo più problemi con giochetti politici e governi che volano per terra con uno starnuto, perché è è acclarato e fattuale che il centro destra vincerà a mani basse con Meloni al 95%, Berlusconi al 75% e Salvini al 65% e sono già pronte leggi e riforme.
I vaccini, che tutti sanno essere la causa di morte primaria in Italia, saranno banditi, perché ognuno deve essere libero di ammalarsi e tutti sanno che la libertà per la destra è sopra ogni cosa.
Sarà istituita la festa nazionale di Benito; le persone non si dovranno più salutare normalmente ma sarà obbligatorio il saluto romano; inoltre, si dovrà sempre portare la camicia nera, anche se ci sono cinquanta gradi all’ombra.
A Natale non si dovrà più usare Babbo Natale ma Babbo Benito.
Sarà introdotto lo Ius primae noctis che potrà essere usufruito da tutti i politici di nome Matteo o Silvio.
Per scusarsi dell’affronto fatto, metà del pil nazionale verrà donato alla Russia, dove sarà mandato un tributo annuale di adolescenti come faceva Atene con Creta.
Verrà abolito lo stipendio, perché per i cittadini deve essere un onore e un piacere poter lavorare per quei magnifici eroi che sono gli imprenditori.
Il re è morto, lunga vita al re!
(P.s.: per una maggiore comprensione dello spirito del testo, occorre leggerlo immaginando che sia declamato da Crozza che imita Feltri.)
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(P.p.s.: In dedica alla classe politica italiana: non sempre è facile trovare le parole giuste da dire, per questo occorre rivolgersi a chi forse non parla molto, ma quando parla esprime dei concetti molto chiari.)
Non so se ad altri capita la stessa cosa, ma nello scrivere, quando si chiudono dei capitoli di un romanzo, si prova un senso di conclusione, di qualcosa che termina e ci si lascia alle spalle; nelle giuste proporzioni, per intenderci, è come se si fosse dinanzi a un lutto: si è di fronte a una perdita, la si deve elaborare e poi si ricomincia da capo. Che questo avvenga alla conclusione dell’intero lavoro è qualcosa si può dire di normale, ma che avvenga ogni volta che si raggiunge una tappa che porta verso la conclusione del tutto, non so se succede a tutti quelli che hanno a che fare con la scrittura (non importa se si è professionisti, se lo si fa per lavoro, con l’intento di pubblicare o solo perché si ha voglia di scrivere qualcosa); per un po’ ci si sente svuotati e riprendere a scrivere un nuovo capitolo è faticoso, ci si mette un po’ a ingranare e a trovare energie per andare avanti.
Nella vita succede lo stesso: ci sono dei capitoli della propria esistenza che si chiudono. E si possono alle volte sentire arrivare e si sa che le cose dopo che avverrà questa chiusura non saranno più le stesse. Non solo: non si sarà più gli stessi. Si sarà cambiati, evoluti in base all’esperienza che si è avuto. Come, dipenderà dal modo in cui si farà sfruttare l’esperienza. Questo vale per i singoli individui, ma anche per l’intera società: si è dinanzi a un capitolo che si sta chiudendo e da come si comincerà quello nuovo, tutto dipenderà da quello che si è imparato.
Con Cytonic siamo alla terza avventura di Spensa scritta da Brandon Sanderson. Dopo aver rivelato i piani di Winzik ed essere riuscita a sfuggire alla Superiorità, Spensa attraversa il portale su Starsight (la stazione spaziale della Superiorità) e si ritrova ad avere a che fare con l’Eradicatore che aveva fermato, evitando che distruggesse Detritus; il contatto avvenuto tra i due ha in qualche modo cambiato il pericoloso essere, rendendolo diverso dagli altri Eradicotari. Proprio quello che un tempo era considerata la più grande minaccia dell’universo dà a Spensa le indicazioni per saperne di più sui propri poteri citonici e sulla natura del nemico da affrontare. Spensa, nonostante volesse tornare su Detritus, decide di seguire le parole dell’Eradicatore e si ritrova ai margini del Nowhere, in cerca del Sentiero degli Antichi. In questo luogo fatto di terre fluttuanti grazie alla pietra di acclivio (quella che permette di far volare i loro mezzi), Spensa scoprirà che ci sono diversi gruppi di persone (che come lei sono finite o sono state esiliate nel Nowhere) che sono in competizione tra loro, senza contare che lì si trova uno dei punti più grandi dove la Superiorità raccoglie acclivio.
Ma le sorprese non sono finite: proprio quando sta per essere catturata da uno di quei gruppi, l’improvviso intervento di un uomo a cavallo di una specie di dinosauro, la salverà; l’individuo, che è un citonico come lei, si presenta come Chet e altri non è che Spears, il pilota che guidava il caccia di M-Bot e che tanti anni prima era atterrato su Detritus. Le sue capacità citoniche gli hanno conferito una lunga vita e lui le ha impiegate a esplorare il Nowhere, questo anche perché stare in quel luogo fa perdere ricordi e consapevolezza di sé, a meno di non vivere in gruppo, possedere delle ceneri di realtà oppure un’icona di realtà, ciò che genera le ceneri. Con la sua guida, Spensa va alla ricerca del Sentiero degli Antichi, dove sono stati lasciati dai citonici del passato dei portali in cui sono racchiusi i segreti sul potere che Spensa possiede, così che lei possa sviluppare e imparare a usarlo.
Nel tentativo di rubare un’astronave a uno dei gruppi presenti nel Nowhere per raggiungere più velocemente i portali, Spensa viene catturata e lì scoprirà che un tempo le fazioni erano unite per combattere la Superiorità e conquistare la cava di acclivio che gestivano. Per raggiungere il suo scopo, la ragazza aiuterà il gruppo in cui è finita mettendo a disposizione le proprie abilità di pilota; nel mentre, dovrà fronteggiare i ripetuti attacchi degli Eradicatori che provano in ogni modo a fermarla.
Con nuovi e vecchi alleati, Spensa raggiungerà il centro del Nowhere, acquisendo quella verità e quei segreti che le permetteranno di aiutare gli umani nella lotta in cui sono invischiati da generazioni.
Rispetto a Skyward e Starsight, Cytonic ha meno mordente; godibile, ma senza la stessa presa delle opere che l’hanno preceduto, come succede un po’ con tutti i libri di transizione di una serie. In certi momenti i dialoghi tra Spensa e Chet, con tutti i rimandi ai racconti della Terra di un tempo (che vanno dalla mitologia alla narrativa al cinema) suonano un pochino forzati e fuori luogo (anche se tutto ciò rientra nel personaggio di Spensa), così come fa alzare più di un sopracciglio il provvidenziale incontro tra i due; tuttavia questa sensazione che si ha all’inizio viene cancellata quando Sanderson nel finale rivela come stanno veramente le cose, sorprendendo anche quel lettore che ormai conosce il suo modo di fare (anche se alcuni elementi si erano intuiti).
Cytonic è un’altra buona prova di Sanderson, niente di eccezionale, bisogna essere onesti, che si fa leggere con piacere.
Siamo in regressione: questa è la triste realtà che stiamo vedendo. E non si tratta solo di una cosa che riguarda un paese, ma il mondo intero. I segnali c’erano da tempo, ma non li si è voluti ascoltare e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I Talebani che sono tornati al potere in Afghanistan hanno riportato il paese indietro di anni, imponendo una forte repressione dei diritti delle donne. La Russia sta portando avanti le sue mire espansionistiche per ripristinare la vecchia Unione Sovietica, applicando la legge del più forte. Gli Stati Uniti hanno annullato il diritto all’aborto, tornando indietro di cinquant’anni. In Italia, anni di lotte per i diritti del lavoro sono stati cancellati da una politica sottomessa alle imprese e da gente che non ha lottato per difendere quanto conquistato, con il risultato che ora ci si lamenta se per lavorare si devono fare turni stancanti con paghe bassissime. E questi sono solo alcuni esempi di quello che sta accadendo: invece di percorrere la via dell’evoluzione, la razza umana ha decisione d’imboccare quella della regressione.
Donne che contano meno degli uomini, uomini che si sentono superiori ad altri uomini e impongono con la forza la loro volontà, imprenditori che trattano i lavoratori come i nobili trattavano la plebe o la schiavitù: in poco tempo si sta tornando indietro di decine di anni, se non di più. Regimi e dittature stanno prendendo sempre più piede, e così gli estremismi, per non parlare di chi nasconde il proprio menefreghismo ed egoismo dietro la parola pace (solo per dirne una, in Italia una certa fetta della popolazione chiede agli ucraini di arrendersi per far finire il conflitto per poter tornare alla vita di prima e non dover avere a che fare con i rincari dovuti alla guerra scatenata dalla Russia).
Stiamo tornando ai tempi in cui chi era più forte e violento dettava legge: si possono usare tutte le parole e le frasi che si vogliono, ma questa è la realtà. E se a questo ci si aggiunge che, dopo due anni di Covid, con la pandemia ancora in corso, ci si comporta come se non fosse mai esistito, allora si può comprendere il livello di responsabilità della maggior parte delle persone. Questo significa che dagli errori e dalle lezioni che la vita impartisce non s’impara nulla e quindi l’evoluzione è solo un’utopia, e si sarà obbligati a fare i conti con i frutti che la regressione porterà. Perché di questo passo, le cose non sono destinate certo ad andare per il meglio.
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