Non so se ad altri capita la stessa cosa, ma nello scrivere, quando si chiudono dei capitoli di un romanzo, si prova un senso di conclusione, di qualcosa che termina e ci si lascia alle spalle; nelle giuste proporzioni, per intenderci, è come se si fosse dinanzi a un lutto: si è di fronte a una perdita, la si deve elaborare e poi si ricomincia da capo. Che questo avvenga alla conclusione dell’intero lavoro è qualcosa si può dire di normale, ma che avvenga ogni volta che si raggiunge una tappa che porta verso la conclusione del tutto, non so se succede a tutti quelli che hanno a che fare con la scrittura (non importa se si è professionisti, se lo si fa per lavoro, con l’intento di pubblicare o solo perché si ha voglia di scrivere qualcosa); per un po’ ci si sente svuotati e riprendere a scrivere un nuovo capitolo è faticoso, ci si mette un po’ a ingranare e a trovare energie per andare avanti.
Nella vita succede lo stesso: ci sono dei capitoli della propria esistenza che si chiudono. E si possono alle volte sentire arrivare e si sa che le cose dopo che avverrà questa chiusura non saranno più le stesse. Non solo: non si sarà più gli stessi. Si sarà cambiati, evoluti in base all’esperienza che si è avuto. Come, dipenderà dal modo in cui si farà sfruttare l’esperienza. Questo vale per i singoli individui, ma anche per l’intera società: si è dinanzi a un capitolo che si sta chiudendo e da come si comincerà quello nuovo, tutto dipenderà da quello che si è imparato.
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