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Ancora sui vaccini contro il Covid-19

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In queste settimane non si fa che parlare dei problemi legati ai vaccini per il Covid-19: dopo quello di Astrazeneca è sotto osservazione anche il vaccino Johnson&Johnson. La problematica è sempre la stessa: l’insorgere di trombi dopo l’inoculazione passati diversi giorni. Si tratta di pochi casi su milioni di dosi, quindi di percentuali molto basse, ma le vite umane non sono solo numeri e non si può ragionare in questi termini, seppure la logica di politici e scienziati non sia errata (i benefici sono superiori ai rischi). Tuttavia, sebbene non sia errata, tale logica non è naturale, perché per combattere un pericolo non se ne può far insorgere un altro; si sa che i vaccini, di ogni genere, posso avere delle reazioni avverse, ma un conto è un po’ di febbre, nausea, dolori muscolari, un conto emorragie celebrali che portano al decesso.
La situazione pandemica ha imposto un’accelerazione nello sviluppo e nell’uso dei vaccini, avendo un tempo più breve di sperimentazione rispetto alle solite procedure prima che il vaccino venga messo in commercio, e questo purtroppo ha portato alle problematiche che sono sotto gli occhi di tutti.
Ma oltre a queste problematiche, si pone una riflessione che può sembrare filosofica ma che invece può risultare importante per capire gli errori che sono stati e che vengono fatti. Quando si sente parlare i politici, li si sente dire di fare i vaccini per far ripartire il paese, ovvero per far ripartire le attività economiche. Certo questo è importante, perché senza lavoro e senza guadagno tante persone non sanno come tirare avanti, come pagare tasse, bollette e mutui, come poter aver qualcosa da mangiare. Tuttavia, lo sbaglio che fanno politici e governanti è dare più importanza alla macchina economica che alla vita umana: pochi dicono di voler effettuare più vaccini possibili per cercare di proteggere e salvare quante più vite possibili nel più breve tempo possibile, mentre tanti non fanno che parlare di riaperture e riprese, di far avere un’estate dove si potrà andare in ferie, quando ogni giorno, solo in Italia, si ha una media di diverse centinaia di decessi (i numeri stazionano tra i trecenti e i cinquecento).
Purtroppo, ancora una volta la vita umana viene soprassata dal guadagno e dal fare denaro, dimostrando, se servisse un’ulteriore conferma, che si vive nell’era dell’economia, dove la cosa più importante sono i soldi.
Tutto ciò è alienante. Non si è ancora capito che la cosa più importante è l’essere umano, che senza di esso la macchina economica è semplicemente nulla, non può esistere; invece si continua a mettere il sistema che si è creato dinanzi a tutto: il costrutto realizzato, che doveva essere al servizio dell’uomo per aiutarlo e rendergli la vita migliore, è diventato il padrone a cui l’uomo si è asservito, è diventata la prigione in cui ci si è rinchiusi.
Questa pandemia ha messo in risalto tanti punti deboli del sistema vigente ma, nonostante questo, dopo più di un anno, non si è ancora capito (o voluto capire) come questo sistema sia fallato e non possa più continuare ad andare avanti; è vero che da anni che si dice che il consumismo e il basare tutto sull’economia non potevano durare ancora a lungo, ma dinanzi a un fatto che ha rivelato tutta la debolezza del costrutto economico è un grosso errore non cominciare a riflettere di trovare un altro modo di andare avanti.
Va presa coscienza che il sistema economico ha fallito e va sostituito. Ancora non si hanno tutte le risposte con cosa sostituirlo e per questo occorre mettersi dietro a ragionare su come fare per cambiare sistema di vita. Sicuramente occorrerà trovare qualcosa di meno consumistico, con una razionalizzazione migliore delle risorse; un sistema più a misura d’uomo, dove si è meno schiavi delle cose, meno di corsa e meno in competizione gli uni con gli altri. Ci dovrà essere più collaborazione, con le persone che si danno da fare in prima persona per il proprio sostentamento (un prodursi da sé frutta e verdura, quindi più orti e magari balconi più verdi), meno industrializzazione e un ritorno alle campagne (che vorrebbe anche dire una maggiore manutenzione di terreni verdi ora in disuso che porterebbe a evitare quei disastri che sistematicamente si stanno verificando, quali smottamenti e allagamenti), un uso maggiore di fonti rinnovabili, quali a esempio l’uso di energia solare.
Questi sono solo alcuni esempi, ma di certo da questa pandemia occorre uscirne con una presa di coscienza che permetta di cambiare un sistema di vita che ormai ha dato quello che aveva da dare e che non è più il meglio che si ha a disposizione: è tempo di cambiare registro.