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L'Ultimo Potere è in vendita

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L’Ultimo Potere è dal 25 novembre disponibile negli store online col prezzo di 1.99 E.
Sull’opera non ho molto da aggiungere, dato che ne ho parlato a lungo su questo sito, sia proponendo diversi capitoli della prima stesura del romanzo, sia utilizzando i brani per parlare degli elementi da cui ha preso spunto: da Devilman a Interceptor, dai Vizi e dalle Virtù alle teorie di Lombroso, dalla religione a Orizzonte Perduto.
Proprio riguardo a Orizzonte Perduto un ringraziamento particolare va a mia madre, che, consigliandomi la lettura del romanzo di James Hilton, non solo mi ha fatto conoscere una bella storia, ma ha saputo anche darmi uno spunto davvero utile per lo sviluppo della storia che ho scritto. Quindi è anche merito suo se le vicende di L’Ultimo Potere, e soprattutto di Guerriero, hanno potuto acquisire ulteriore spessore.
Naturalmente ringrazio anche chi, leggendolo in anteprima, o sulle pagine di Le Strade dei Mondi, ha saputo con il suo giudizio permettermi di migliorare l’opera.
Arrivato a questo punto non resta che lasciare che L’Ultimo Potere faccia il suo cammino. Ma prima di questo, ecco la copertina con la quale si presenta, l’unica novità, fino a questo momento, ancora da svelare.

L'Ultimo Potere

La ragazza dello Sputnik

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La ragazza dello SputnikLa ragazza dello Sputnik è un romanzo del 1999 di Haruki Murakami ed è incentrato sul legame e l’intreccio di vicende che si crea tra tre personaggi: il protagonista (la voce narrante, di cui non si conosce il nome), la giovane Sumire e Myu, una donna sui quarant’anni bella, ricca e affascinante. Di base la storia è qualcosa che da sempre si ripete: il protagonista è innamorato di Sumire, ma lei ama Myu, che a sua volta è sposata, ma non è certo questo il motivo per cui non corrisponde, bensì a seguito di un evento del passato che l’ha cambiata, l’ha fatta divenire “metà” di quella che era.
Una storia quotidiana, nata come nascono tante storie quotidiane, con incontri imprevisti e legami instauratisi frequentando gli stessi ambienti, ma già dal titolo (Sumire si riferisce in questo modo a Myu perché in una conversazione che loro due hanno avuto, la donna, volendosi riferire agli scrittori appartenenti alla corrente letteraria Beatnik, si è sbagliata e l’ha chiamata Sputnik, il satellite mandato in orbita negli anni Cinquanta dall’Unione Sovietica) si capisce che si ha a che fare con qualcosa che va lontano, che si spinge in profondità oscure e sconosciute.
Come già in altri suoi romanzi, Murakami, con la sua delicatezza fatta di gesti semplici e quotidiani, ma ricchi d’interiorità, mostra la sua passione per la musica (soprattutto quella classica), per la lettura e la scrittura (Sumire aspira a divenire scrittrice e ha una forte ammirazione per Kerouac), usando per il protagonista il ruolo d’insegnate come fatto già altre volte e raccontando quella che è una storia d’amore. Ma un amore che non è corrisposto, che è vissuto interiormente, dove si avverte con forza la solitudine che ogni individuo deve affrontare dinanzi alle esperienze della vita.
Un romanzo che parla del reale, ma in La ragazza dello Sputnik non può mancare l’elemento bizzarro che scivola nel fantastico, in ciò che non può essere spiegato con la logica, facendo incontrare atmosfere oniriche, dove sembra di essere in un luogo diverso dalla Terra, con la Luna che sembra avere un particolare potere nel far vivere esperienze fuori dal comune (come capita a tutti e tre i personaggi). Una lettura sottile e delicata, che parla di perdere se stessi, di una realtà dolorosa, che lacera, a cui si può solo sfuggire rifugiandosi nei sogni oppure divenire dei gusci vuoti; un rifugiarsi che, almeno da quanto si è letto, in alcuni casi può essere inteso alle volte in senso letterale. Questa però è una visione che ogni individuo può avere solamente da sé.

Sfera

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SferaLa sfera se ne stava sulla linea dell’orizzonte, sempre nella stessa posizione. Da sotto la cupola in cui vivevano, le persone la vedevano tutte le notti e alle volte, quando il cielo era limpido, anche di giorno.
“È la luna” dicevano alcuni scienziati convinti che ancora esistesse. Ma dai libri antichi si sapeva che la luna non sempre si vedeva dalla Terra perché si muoveva lungo la volta celeste, proprio come il sole, non restando immobile nel cielo come una statua. Gli studiosi convinti invece della sua scomparsa, ipotizzavano che quello che ora vedevano fosse il residuo della sua esplosione rimasto a galleggiare nell’universo.
“È la stella che veglia sui bimbi buoni” dicevano le mamme per consolare e far riaddormentare i piccoli dopo che avevano avuto un incubo.
“È la luce di Dio che vuole rassicurare i nostri passi anche quando calano le tenebre” asserivano i ministri religiosi nel rivolgersi ai propri seguaci.
Ogni individuo, guardando oltre le mura d’acciaio piombato e i vetri della grande cupola, pensava qualcosa di diverso osservando la lontana sfera dalla tenue luminescenza verde azzurra. I poeti si facevano ispirare dal suo bagliore per comporre versi. Gli innamorati si scambiavano alla sua luce promesse d’amore eterno. Molti avevano sognato di vederla più da vicino, ma senza la reale convinzione di realizzare tale desiderio, dato che non c’era modo di uscire dalla cupola; in fondo, le persone stavano bene al suo interno, avendo tutto il necessario per vivere, e le loro erano semplici fantasticherie per passare un po’ il tempo.
Ma per uno dei giovani che viveva sotto la cupola, raggiungere la sfera era un bisogno cui dare soddisfazione a tutti i costi: era qualcosa che non lo lasciava in pace, che sempre gli faceva volgere lo sguardo nella sua direzione, anche quando non si vedeva. Era una sorta di àncora, perché la vita all’interno delle mura gli andava sempre più stretta: gli sembrava tutto così limitato. “Mangiare, dormire, lavorare, procreare: la gente pensa solo a continuare a sopravvivere, a far sì che la comunità vada avanti. Ma la vita è altro! Là fuori c’è un intero mondo da scoprire, che aspetta solo di essere vissuto! La sfera è il faro che ci mostra che laggiù, nell’orizzonte, ci sono cose mai viste, esperienze nuove, che mai proveremmo stando rinchiusi qua.” Continuava a ripetersi il giovane giorno dopo giorno mentre l’insofferenza e il desiderio crescevano in lui: non sapeva come avrebbe fatto a realizzare il suo sogno, non sapeva nemmeno come avrebbe fatto a uscire dalla cupola, ma sentiva che ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro. Allora, la sua esistenza sarebbe cambiata.
E un giorno, dopo aver passato tanto tempo a provarci, trovò il modo di oltrepassare le barriere e senza voltarsi indietro puntò dritto alla volta del suo sogno.
Attraverso deserti e foreste, superando monti e fiumi, la sfera si faceva sempre più grande e luminosa davanti al suo sguardo. Poi un giorno sparì dall’orizzonte, celata alla vista da una massiccia catena montuosa. Senza esitare, il giovane scalò ripide pareti, superò valichi tenendo sempre la direzione in cui si trovava la sfera. I giorni divennero settimane, finché ne perse il conto; immerso nel silenzio delle montagne, continuò ad avanzare, sapendo che prima o poi l’avrebbe raggiunta.
Un pomeriggio, come tanti che si era lasciato alle spalle, un passaggio si aprì tra le montagne e la sfera fu davanti a lui, gigantesca contro il cielo terso, così splendente da far male agli occhi. Troppo male. Li sentì bruciare, lacrimare, facendo fatica a tenerli aperti. Avvertì la pelle cominciare a scottare, ma nelle ossa percepiva un gran gelo.
A fatica scese il sentiero, attraversando una landa dove anche la morte poteva morire. C’erano rocce che lanciavano bagliori fosforescenti, la sabbia si scioglieva sotto il peso di pozze di un verde azzurro che scavavano risolute verso il centro della terra. Uno sfrigolio costante aleggiava nell’aria. Tutt’intorno al giovane c’erano voragini, alcune senza fondo, altre colme di un liquido denso che sembrava argento fuso. Un liquido che colava a grandi gocce dalla sfera troneggiante sulla sua testa. Un inquietante sibilo veniva dal suo interno.
Il giovane, tenendo lo sguardo fisso su di lei, si accorse appena di quanto c’era attorno: la rimirava con morbosa ammirazione, orripilato e affascinato dal liquido argenteo che usciva dalle crepe della sua superficie metallica. Fece qualche passo verso di essa, cercando di capire come riuscisse a restare sospesa sopra il suolo, ma le forze gli vennero meno. Faceva sempre più fatica a muoversi, anche pensare era un’impresa. A stento raggiunse una roccia e vi si sedette vicino, appoggiando la schiena contro la sua dura superficie.
Per la prima volta si guardò davvero attorno e vide scheletri umani, seduti contro le rocce nella sua stessa posizione, il cranio gettato all’indietro e le orbite vuote rivolte verso l’alto.
Il giovane emise un sospiro e lentamente tornò a guardare la sfera.

EDIT. Testo originale modificato grazie ai suggerimenti degli utenti del forum di Writer’s Dream.

Strade Nascoste - Promozione Natalizia

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Strade Nascoste, con l’approssimarsi del periodo natalizio, dal 16 novembre fino al 31 dicembre è in offerta con lo sconto del 50% su tutti gli store online: quindi, anziché a 1.99 E è possibile acquistarlo a 0.99 E.
Un’occasione in più per chi vuole entrare nel mondo di Asklivion e scoprire la sua storia, i suoi misteri, conoscere Ariarn, Periin, Ghendor, Reinor, Lerida e i compagni che gli si affiancheranno in un viaggio che li porterà a scoprire i mondi nascosti che si celano nella realtà in cui vivono.

Strade Nascoste

Lo Hobbit - La trilogia cinematografica

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Lo HobbitLo Hobbit è un romanzo realizzato da J.R.R.Tolkien che pone le basi per quella che sarà la storia di Il Signore degli Anelli, ma Peter Jackson, per questioni di business, l’ha fatta divenire una trilogia cinematografica, cercando di ricalcare le orme del successo del suo lavoro precedente sulla Terra di Mezzo. Un’impresa destinata in partenza a non poter eguagliare quanto già fatto, perché le basi sono differenti: Lo Hobbit non può reggere il confronto con Il Signore degli Anelli, anzi non può nemmeno essere confrontato, perché sostanzialmente è una storia per bambini, mentre il SdA è qualcosa di molto più ampio, epico, profondo, strutturato e soprattutto ha tematiche che vanno oltre il semplice racconto. In Il Signore degli Anelli c’è l’amore per la natura, la critica contro la guerra, il potere e l’industrializzazione; attraverso di esso si avverte l’esperienza di Tolkien fatta durante la Prima Guerra Mondiale, dove forte è il sentore di morte e perdita di amici. Questo romanzo è pieno di simbologia, di personaggi; soprattutto, è ricco di storia.
Lo Hobbit, per come è strutturato, non ha tutti questi elementi. Presenta vicende gradevoli, ci sono creature dei miti e delle leggende come troll e draghi, un tesoro da ritrovare, lotte per riconquistare il proprio onore e anche una critica contro l’ossessione per la ricchezza che fa perdere se stessi, ma questo non basta: il materiale a disposizione è insufficiente per realizzare tre film. Per questo Jackson ha voluto immettere alcuni elementi presi da altre opere da Tolkien (vedasi l’ispirarsi alla storia di Beren e Luthien di Il Silmarillion) e altri invece li ha creati di sana pianta, cercando così di creare un collegamento con la trilogia di Il Signore degli Anelli che non sia solo il ritrovamento dell’Unico Anello da parte di Bilbo (in Lo Hobbit non c’è nessun accenno del ritorno di Sauron, figurarsi uno scontro con le sue forze da parte dei tre stregoni e dei signori degli elfi).
Nel complesso, se non si fa il confronto con Il Signore degli Anelli e non si ricerca la fedeltà al romanzo, Lo Hobbit risulta essere qualcosa di gradevole, sicuramente ben realizzato e curato nei dettagli, riproponendo il modo di lavorare dei primi film con l’aggiunta del 3d. Interessanti la storia e il personaggio di Beorn, molto ben realizzato e caratterizzato il drago Smaug, bella la fotografia. Tuttavia si avverte che ci sono delle forzature (anche per chi conosce poco il mondo di Tolkien), che vicende e personaggi sono stati immessi a forza per attirare e compiacere una certa fetta di pubblico (la presenza di Legolas è una, ma anche la creazione dell’elfa Tauriel, che assieme al nano Kili vuole proporre la storia di Beren e Luthien): alla lunga questo stanca e fa quasi annoiare, perché non c’è mordente. Lo Hobbit aveva materiale sufficiente per un solo film (magari di tre ore), già con due si rischiava di tirarla per le lunghe: con tre è stato troppo e di questa scelta ne risente particolarmente il terzo film. Se con Un viaggio inaspettato e La desolazione di Smaug si riuscivano a trovare ancora elementi che mantenevano vivo l’interesse, con La battaglia delle cinque armate si arriva ad annoiarsi, oltre a storcere alle volte anche il naso: troppi combattimenti, dove sembra (grazie anche al design delle armature dei nani) di essere in uno scontro di World of Warcraft o War Hammer, facendo perdere il fascino appartenente alla Terra di Mezzo (l’arrivo delle aquile venute in soccorso delle armate di elfi e nani contro gli orchi, con tanto di Beorn che, portato da loro, si getta dall’alto sul nemico, sa tanto di arrivano i marines).
Per chi ha avuto modo di visionare la versione estesa in dvd o bluray, con tutti gli speciali annessi, qualcosa in più viene aggiunto, ma anche se appartenente alla Terra di Mezzo, il mondo di Lo Hobbit non presenta gli stessi approfondimenti sulla storia realizzata da Tolkien visti nella trilogia cinematografica dedicata a Il Signore degli Anelli.
Nel complesso si può definire questo secondo lavoro di Jackson sulla Terra di Mezzo sufficiente, che svolge il suo ruolo d’intrattenimento, ma la voglia d’emulare il successo precedentemente avuto con Il Signore degli Anelli ha fatto perdere parecchi punti, che se ci si fosse “accontentati” di fare un unico buon film, si sarebbe ottenuto un risultato più che soddisfacente, se non ottimo.

L’Amuleto di Samarcanda

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L'Amuleto di SamarcandaL’Amuleto di Samarcanda è un romanzo di Jonathan Stroud del 2003, primo della tetralogia di Bartimeus. Ambientato a Londra nel XX secolo, presenta un mondo moderno dove i maghi convivono con le persone comuni, ma sono loro ad avere posizioni di comando e avere il compito di proteggere la popolazione e la nazione dagli altri paesi. Occorre fare attenzione innanzitutto a non pensare che i maghi siano benefattori e paladini della giustizia, altruisti che pensano solo al bene dei più deboli: i maghi descritti da Stroud sono meschini, arroganti, approfittatori, egoisti, preoccupati solo di avere sempre maggior potere e migliori posizioni nella scala sociale, sempre in lotta tra loro. Non ci sono scuole per maghi, come succede nei libri della Rowling, dove i giovani vanno a Hogwarts per imparare a usare la magia, ma ogni mago prende un apprendista e gli trasmette il proprio sapere; non che lo faccia per scelta, è quasi un obbligo. Non c’è un gran legame tra i due (non è raro che, cresciuto, l’apprendista, elimini il proprio maestro), non s’instaura la complicità o il rispetto tra alunni e alcuni professori come si è visto nei libri di Harry Potter.
Ma non sono le uniche differenze tra i due mondi.
In Harry Potter i maghi hanno un talento innato per la magia (possono essere di sangue puro o mezzosangue), nella saga di Bartimeus sono persone comuni che con gli studi acquisiscono potere. Un potere che non viene da bacchette magiche, ma da invocazioni: i mezzi dei maghi di Stroud sono gessi per disegnare pentacoli, candele e la conoscenza del nome degli spiriti da invocare e mettere al proprio servizio. Sì, perché conoscere il vero nome di qualcuno è potere (per questo i maghi cambiano nome da piccoli e non rivelano a nessuno quello di nascita, almeno così dovrebbero fare) e il potere dei maghi sta tutto nella tipologia di spiriti che si possono convocare: più è potente lo spirito, più è grande la forza del mago. Folletti, foliot, jinn, afrit, marit (ma anche creature più potenti), sono ciò che un mago può invocare al suo servizio. Il rapporto che c’è tra le due parti non è paritario: gli spiriti sono schiavi dei maghi e per questo i primi, se possono, cercano sempre un modo per vendicarsi.
Dopo queste premesse, il mondo creato da Stroud appare cupo e con ben poco di positivo. Se non fosse per il jinn Bartimeus: con la sua ironia, il suo sbeffeggiare e il suo essere sempre sopra le righe in qualsiasi situazione (anche la più drammatica), Bartimeus riesce a dare alla storia un tocco particolare, leggero, divertente. E’ lui che tira sempre fuori dai guai Nathaniel che, privo si esperienza e saggezza, si mette sempre in situazioni più grandi di lui, finendo invischiato nei piani di gente senza scrupoli, pronta a tutto per arrivare al potere. La voglia di dimostrare le proprie capacità, di bruciare le tappe, lo spingono a invocare un jinn, Bartimeus appunto, quando ancora il maestro non lo ritiene pronto (a torto, ma il suo maestro si dimostrerà un incapace) e a dargli come ordine il furto dell’amuleto di Samarcanda, un oggetto magico di grande potere, posseduto da Simon Lovelace.
Le cose non andranno come progettato e la storia si farà sempre più rocambolesca, con Nathaniel e Bartimeus inguaiati in situazioni sempre più intricate.
L’amuleto di Samarcanda si dimostra una lettura gradevole, ricco d’azione, capace di divertire e intrattenere, con in aggiunta anche una bella e giusta presa in giro a un genere di libri che ha incentrato le sue storie su figure di adolescenti salvatori del mondo, quando invece la realtà è cosa ben diversa (come fa notare Bartimeus a Nathaniel: è quest’ultimo la causa di tutti i problemi che sono capitati, facendo pagare anche ad altri, alcuni totalmente innocenti, i guai che ha combinato).

Cinghiali: emergenza

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cinghialiEmergenza. Questa è la parola che ultimamente sorge quando si nominano i cinghiali. Il tutto a seguito della morte di due persone attaccate e uccise da questi animali. Dopo questi fatti, i cinghiali sono descritti come violenti, assassini, belve assetate di sangue che assalgono l’uomo a vista. Bestie che vanno sterminate, contro le quali occorre portare una serrata e spietata compagna di caccia, perché si è invasi dai cinghiali, ce ne sono migliaia (alcuni dicono più di un milione) che portano danni all’uomo per centinaia di milioni di euro tra incidenti d’auto e danni all’agricoltura.
I titoli sensazionalistici dei giornali fanno scalpore, ma non fanno vera informazione.
Prendiamo i due casi di persone morte. I cinghiali non hanno attaccato, si sono semplicemente difesi dopo aver subito un attacco: un animale, se non è minacciato, non aggredisce l’uomo. Nel primo caso, i cani dell’uomo hanno assalito i cinghiali (femmine con piccoli) e questi si sono difesi; l’uomo è intervenuto a difesa dei cani e i cinghiali lo hanno assalito, vedendolo come una minaccia per i cuccioli. Nel secondo caso, l’uomo ha preso a fucilate il cinghiale che era andato nell’orto e poi gli si è avvicinato; l’animale ferito lo assalito e ucciso. In entrambi i casi, l’attacco è venuto dall’uomo, non dagli animali.
Il problema non sono i cinghiali: il problema è l’uomo, che pensa sempre di poter fare quello che vuole e di avere tutto a disposizione. Peccato che oltre a sbagliare a pensare così, sia anche carente di consapevolezza.
Chi abita in campagna e ha dei cani, dovrebbe sapere che questi animali sono attratti dall’odore degli animali selvatici e sono portati dall’istinto a seguirlo e inseguire le bestie se le vedono (specie poi se corrono): questo vale per i cinghiali, ma anche per daini, caprioli, lepri, volpi (e anche ricci). Perciò, anche se si abita in campagna, per una questione di sicurezza anche per il cane, sarebbe meglio portarlo a passeggio con il guinzaglio.
Si dovrebbe sapere che avvicinarsi a un animale ferito è pericoloso e che lui, sentendosi in pericolo di vita, reagisce con forza, cercando di fare di tutto per la propria sopravvivenza.
Se i cinghiali (e altri animali) si avvicinano a dove abita l’uomo, è perché l’uomo ha distrutto il loro habitat, disboscando colline.
Soprattutto non va dimenticato che è stato l’uomo a immettere a forza, in territori dove non erano presenti, i cinghiali. Perché salvo alcune aree, in molte zone questi animali non c’erano più: sono stati immessi perché i cacciatori potessero cacciarli e divertirsi a ucciderli. E’ tutta una questione di soldi: la caccia è un business che frutta molto denaro. Si spendono molti soldi per avere la licenza di caccia e il porto d’armi, di conseguenza i cacciatori non ci stanno a rimanere a bocca asciutta e vogliono avere i loro trofei: per questo animali come i cinghiali vengono immessi per ripopolare il territorio (non parliamo poi dei fagiani, allevati come galline e poi messi in libertà prima dell’apertura della caccia: ormai abituati all’uomo, sono prede facili, ci si può avvicinare a pochi metri e sparargli facilmente; a molti piace vincere facile). Naturalmente, come spesso accade, la cosa sfugge di mano all’uomo e ci si trova dinanzi a un problema. I cacciatori vengono allora fatti intervenire, venendo fatti passare come risolutori di problemi, e si fanno battute di caccia dove sono uccisi decine di questi animali.
A fronte di tutto ciò, due sono le cose da far notare.
Uno, che è tutta una questione di soldi (siamo nell’Era dell’Economia) e perché qualcuno ci guadagni (chi gestisce la caccia) in tanti (persone e animali) ci rimettono: il problema non sono gli animali, ma come sempre è l’uomo, è lui che crea danni e pericoli, non le bestie.
Parlando di danni e pericoli, si arriva al secondo punto. I cacciatori non sono risolutori di problemi, anzi, spesso causano problemi e sono un danno: è gente che per divertirsi uccide degli esseri viventi, senza alcuna necessità. Una volta la caccia era un mezzo per sostenersi e aveva una logica (anche se poteva apparire come qualcosa di brutale), ora è solo un divertimento e non c’è nulla di logico nel divertirsi spezzando una vita. A questo va aggiunto che tanti tra i cacciatori, perché dispongono di un’arma, si sentono nel diritto di fare quello che vogliono e non rispettare le regole. Sì, perché la caccia ha le sue regole, ma pochi le rispettano, perché tanto non c’è nessuno a controllare (e spesso li lasciano fare). Anche se non dovrebbero, i cacciatori sparano a pochi metri dalle case, dalle strade (quando dovrebbero stare ben più lontani), sparano appena vedono muoversi qualcosa senza prima guardare che cos’è (è così che vengono uccisi canie e gatti, ma anche persone), ammazzano specie protette (è il caso dell’aquila reale uccisa nel modese, morta a causa di decine di ferite causate da pallini: un atto che non può che essere volontario e non un incidente come supposto dal tg dell’Emilia Romagna, perché non si può scambiare un’aquila reale per un fagiano o altri volatili cacciabili), invadono proprietà private e con arroganza pretendono di fare quello che vogliono anche in casa altrui; sparano anche addosso alle persone e non si fanno tanti problemi, perché tanto sono assicurati e se ci scappa il morto o il ferito loro sono tutelati. Non per niente ogni anno ci sono decine di morti a causa della caccia: una cosa che continua a perpetrarsi da un pezzo.
Se non fosse chiaro il discorso, si ribadisce che il problema non sono gli animali: il problema, come spesso succede (se non sempre), è l’uomo.

I Segugi dell’Ombra - Nuova edizione

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I Segugi dell'Ombra di Steven EriksonI Segugi dell’Ombra di Steven Erikson è dato disponibile al pubblico italiano dal 26 ottobre nella nuova edizione: la prima parte della precedente edizione era uscita nel 2013, la seconda non è mai stata pubblicata a seguito del fallimento di Armenia. Le prospettive di veder terminare la saga Malazan in italiano non erano delle più rosee, anzi erano piuttosto funeste, dato che non sembravano esserci altri editori interessati all’acquisizione dei diritti dell’opera di Erikson. Poi Armenia è stata acquisita da un altro editore, che ha deciso di proseguire con la pubblicazione della serie Malazan fino alla sua conclusione: oltre a I Segugi dell’Ombra, anche i sette volumi precedenti sono ora in vendita nel nuovo formato, mentre il nono dovrebbe giungere sugli scaffali nella primavera del 2016. Si tratta tutte di ristampe, almeno fino a questo momento, fuorché I Segugi dell’Ombra che è inedito a metà.
Che cosa è cambiato rispetto alla prima edizione?
Innanzitutto non ci sono più romanzi divisi in due parti, una delle scelte che meno era piaciuta ai lettori (che si ritrovavano, rispetto a chi leggeva la versione originale in inglese, a pagare molto di più per ogni romanzo: spendere 37 E per avere un romanzo che è stato diviso in due è davvero tanto, anzi troppo). Armenia ha variato il prezzo dei volumi in base al numero di pagine: i più corposi (più di 1200 pagine) come I Segugi dell’Ombra e Venti di morte costano 19 E, I Cacciatori di Ossa e Memorie di Ghiaccio (poco meno di 1200 pagine) 18 E, Maree di Mezzanotte, La casa delle catene e La dimora fantasma (si aggirano tra le 900 e le 920 pagine) 16 E, e per I giardini della luna (660 pagine) 14 E. Una scelta positiva, che dimostra attenzione, perché non è equo (come fatto da altre ce) far pagare allo stesso prezzo volumi che hanno una numerazione differente di pagine (alle volte risultando quasi la metà).
Altra scelta positiva quella di usare le copertine originali, migliori di quelle utilizzate nell’edizione precedente.
Come positiva è la scelta di modificare il nome della serie e dargli quello corretto, che rispecchia l’originale: ora non è più La Caduta di Malazan (titolo che aveva poco a che fare con la saga e tradiva il vero significato dell’opera), ma Il Libro Malazan dei Caduti, come ideato dall’autore.
Lascia divisi i lettori invece la scelta del formato, che rispetto alla precedente versione è più piccolo come grandezza di pagine, non ha copertina rigida, sovracopertina e ha una rilegatura differente: si è di fronte a un’edizione in brossura e questo ha fatto storcere il naso a una parte dei lettori. E’ indubbio che l’edizione precedente è di qualità maggiore, sia per quanto riguarda la consistenza della copertina, sia per la rilegatura e il tipo di carta delle pagine; una qualità superiore che sta a significare anche resistenza maggiore del volume.
A questo punto occorre fare una riflessione. Riproporre la ristampa Malazan con un formato simile al precedente, magari realizzando volumi unici, avrebbe avuto un costo maggiore di quello proposto attualmente, perché la qualità si paga. Va tenuto conto che si è di fronte a una ce che è fallita e sta cercando di rilanciarsi, che punta su un autore di indiscussa qualità, che ha un certo seguito, ma che non è paragonabile a quello che hanno avuto Rowling e Meyer; dopo il colpo subito, è logico che la ce, benché voglia investire, voglia anche tutelarsi e non rischiare eccessivamente. Oltre a questo, va preso in considerazione in che mercato ci si trova, quello italiano, che è un mercato dove l’editoria non va bene perché l’Italia non è un paese di lettori: sono poche le persone che leggono, i più seguono le mode del momento, i best seller, facendosi guidare dalla massa che si butta sui volumi più pubblicizzati e di successo, ma che non sa distinguere cosa è realmente valido e di qualità (un approfondimento maggiore su tale questione la si può trovare qua). Erikson è un autore notevole, profondo, che scrive cose intelligenti, che fa ragionare, usare la testa, cosa che in Italia i più ormai non sono più abituati a fare; è anche un professionista serio, dotato di grande onestà in quello che scrive, che non si adegua a ciò che vuole la massa, non si abbassa a scrivere di cose che strizzano l’occhiolino al lettore come fanno altri autori (vedasi Morgan e Martin: qua un confronto tra quest’ultimo ed Erikson), ma scrive ciò che reputa valido e attinente alla propria storia. La sua fetta di pubblico e mercato se l’è ritagliata anche in Italia, ma i più capiscono solo cose semplici e limitate (vedere i successi di Twilight e le varie Sfumature) e difficilmente riusciranno a capire e apprezzare un autore come Erikson. Armenia, che può aver fatto una valutazione simile su tale realtà, ha voluto continuare a puntare su questo autore, tuttavia senza aspettarsi un boom di vendite stratosferico, cercando di tutelarsi in un certo modo e valutando come investire le proprie risorse su questo prodotto: una ce deve ottenere guadagno dal proprio lavoro, altrimenti chiude i battenti, non bisogna dimenticarsene. La scelta che ha fatto Armenia ad alcuni potrà non piacere, ma si valutino tutti gli elementi mostrati e si capirà che se ha agito in una certa maniera c’è una ragione; altri, con una situazione ben diversa e con le spalle più coperte, hanno fatto di peggio, avendo un comportamento più che criticabile (tanto per fare un esempio, dividendo romanzi in tre parti e vendendoli a 19 E l’uno). E per chi non conosce bene l’inglese, o non ha il tempo di perfezionarlo per poter leggere fluentemente in lingua originale, il lavoro svolto da Armenia può essere considerato positivo dinanzi alle riflessioni appena fatte; certo ci saranno degli scontenti e magari si poteva provare a fare di più, ma non si riesce mai ad accontentare tutti e avere tutti.
Nell’attesa di poter concludere I Segugi dell’Ombra e vedere come la storia è proseguita, qua la recensione su quanto letto della prima parte dell’ottavo volume della saga Malazan.

Verità: dov'è? Che fine ha fatto?

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Dov’è la verità? Che cos’è la verità?
Sono domande che l’essere umano si pone da sempre. Ogni individuo, almeno una volta nella sua esistenza, se l’è chiesto. Con l’evoluzione della lingua scritta e parlata, e dei mezzi con la quale essa può essere trasmessa (libri, giornali, reti internet, televisione, radio), si è ritenuto che fosse più facile arrivare a essa, scoprirla, farla propria.
Purtroppo si è ben lontani da questa realtà. Perché la verità, così legata all’informazione, viene spesso traviata, omessa, distorta per favorire l’interesse di pochi. Naturalmente questi pochi sono quelli cha hanno potere, sono quelli che governano le popolazioni e hanno interesse a far credere quello che gli aggrada per mantenere il loro appoggio e continuare ad avere presa su di loro. Chi ha forza e potere vuole usare l’informazione per far passare la sua verità (che non è quella reale) per tirare acqua al suo mulino.
Si prenda un esempio da un purtroppo triste e grave fatto di cronaca. E’ dei giorni scorsi il precipitare in Egitto di un aereo russo da trasporto passeggeri, con il decesso delle 224 persone che vi erano state a bordo. Subito le autorità egiziane e russe hanno dato notizia che si è trattato di un incidente, le cui cause erano da imputare probabilmente a un guasto. L’Isis ha rivendicato l’accaduto come un suo attentato, avendo colpito deliberatamente l’aereo per portare avanti il suo intento di guerra. Ci sono state smentite delle autorità egiziane e russe, negando l’attentato terrorista, con l’Isis che continua a insistere di essere il responsabile della strage.
Chi sta dicendo la verità? A chi si deve credere? Ai governi russi ed egiziani? Ma chi dà conferme che questi non stiano cercando di far passare per incidente un attentato, tentando di far sì che l’Isis non abbia da guadagnarci con il gesto compiuto? Chi dice che l’Isis, senza aver fatto nulla, non cerchi di sfruttare il fatto per portare avanti la sua campagna di orrore e morte e dimostrare di essere una potenza che può colpire chiunque in qualunque momento e luogo?
Certo c’è la scatola nera che può dire che cosa è realmente successo, ma chi può dire che i governi rivelino quello che c’è davvero contenuto e non quello che fa più comodo a loro?
Questa sembra mania o ossessione da complotto, ma la storia ha insegnato quanto i governi (e così tutti i grandi gruppi come multinazionali, istituzioni di ogni genere) abbiano spesso seppellito, taciuto, voluto distruggere la verità. Basti pensare a quello che è accaduto a Ustica, al caso dell’amianto, solo per citarne alcuni, perché la lista si può dire davvero infinita.
Perché la verità è così tanto evitata?
Tempo salva Verità da Invidia e Falsità, di François Lemoyne (1737).Perché fa paura. Perché avendo la verità gli individui, le popolazioni, non sarebbero più controllabili e manipolabili e questo, per chi è al potere, è quanto di più spaventoso e inaccettabile ci possa essere. È per questo che chi conosce la verità viene perseguitato ed eliminato; subito vengono in mente gli eretici, uccisi in ogni modo possibile da religioni che, ironia della sorte, professavano verità, libertà, perdono. Persone uccise perché facevano paura, perché con le loro parole minavano il potere di chi ricopriva cariche di potere. Gesù è stato eliminato dagli ebrei proprio per questo: con il suo insegnamento allontanava un numero crescente di persone dalla religione ebraica e questo dava molto fastidio ai Sommi Sacerdoti, che sentivano minacciata la loro posizione davanti al popolo e la presa che essi avevano su di esso. Lo accusavano di bestemmiare contro quello in cui credevano (in realtà stava rendendo libere le persone dal giogo istitutivo); in altri tempi (successivi a quando è vissuto) sarebbe stato accusato di eresia, dove con eresia i più vanno a reputare che sia qualcosa che profana, infanga, rovina e distrugge verità consolidate. Ma il vero significato di eresia è un altro: eresia viene dal greco hairesis, libertà di scelta, libertà di pensare a modo proprio senza dar retta a quello che pensa la maggioranza (1). Una cosa molto pericolosa in qualsiasi tempo (passato, presente, futuro). La libertà di scelta fa molta paura. Fa paura alle istituzioni, ai grandi gruppi, perché fa perdere controllo e potere. Fa paura al singolo individuo perché teme di essere emarginato, perseguitato, ucciso (l’Italia ha una triste tradizione di eretici finiti sul rogo); è più facile, più sicuro, abituarsi a pensare come gli altri per non correre rischi.
Se ogni singolo non supera questa paura e non acquisisce la libertà di scelta e di pensiero, la verità non potrà mai avere spazio e sarà sempre schiacciata dalle cosiddette civiltà (quei grandi organismi etnico-politico-socio-religiosi che si dividono la superficie del pianeta), notoriamente aggressive e gelose (oltre che presuntuose di essere le migliori e totalmente giuste e potenti) (2) e che in ogni modo tentano di “civilizzare” al suo modo di pensare chi la pensa diversamente da loro.

1-Esegesi 2. La bellezza delle Eresia. Igor Sibaldi. Anima Edizioni ottobre 2010.
2-Libro della Creazione, pag.8. Igor Sibaldi. Frassinelli 2011.