La sfera se ne stava sulla linea dell’orizzonte, sempre nella stessa posizione. Da sotto la cupola in cui vivevano, le persone la vedevano tutte le notti e alle volte, quando il cielo era limpido, anche di giorno.
“È la luna” dicevano alcuni scienziati convinti che ancora esistesse. Ma dai libri antichi si sapeva che la luna non sempre si vedeva dalla Terra perché si muoveva lungo la volta celeste, proprio come il sole, non restando immobile nel cielo come una statua. Gli studiosi convinti invece della sua scomparsa, ipotizzavano che quello che ora vedevano fosse il residuo della sua esplosione rimasto a galleggiare nell’universo.
“È la stella che veglia sui bimbi buoni” dicevano le mamme per consolare e far riaddormentare i piccoli dopo che avevano avuto un incubo.
“È la luce di Dio che vuole rassicurare i nostri passi anche quando calano le tenebre” asserivano i ministri religiosi nel rivolgersi ai propri seguaci.
Ogni individuo, guardando oltre le mura d’acciaio piombato e i vetri della grande cupola, pensava qualcosa di diverso osservando la lontana sfera dalla tenue luminescenza verde azzurra. I poeti si facevano ispirare dal suo bagliore per comporre versi. Gli innamorati si scambiavano alla sua luce promesse d’amore eterno. Molti avevano sognato di vederla più da vicino, ma senza la reale convinzione di realizzare tale desiderio, dato che non c’era modo di uscire dalla cupola; in fondo, le persone stavano bene al suo interno, avendo tutto il necessario per vivere, e le loro erano semplici fantasticherie per passare un po’ il tempo.
Ma per uno dei giovani che viveva sotto la cupola, raggiungere la sfera era un bisogno cui dare soddisfazione a tutti i costi: era qualcosa che non lo lasciava in pace, che sempre gli faceva volgere lo sguardo nella sua direzione, anche quando non si vedeva. Era una sorta di àncora, perché la vita all’interno delle mura gli andava sempre più stretta: gli sembrava tutto così limitato. “Mangiare, dormire, lavorare, procreare: la gente pensa solo a continuare a sopravvivere, a far sì che la comunità vada avanti. Ma la vita è altro! Là fuori c’è un intero mondo da scoprire, che aspetta solo di essere vissuto! La sfera è il faro che ci mostra che laggiù, nell’orizzonte, ci sono cose mai viste, esperienze nuove, che mai proveremmo stando rinchiusi qua.” Continuava a ripetersi il giovane giorno dopo giorno mentre l’insofferenza e il desiderio crescevano in lui: non sapeva come avrebbe fatto a realizzare il suo sogno, non sapeva nemmeno come avrebbe fatto a uscire dalla cupola, ma sentiva che ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro. Allora, la sua esistenza sarebbe cambiata.
E un giorno, dopo aver passato tanto tempo a provarci, trovò il modo di oltrepassare le barriere e senza voltarsi indietro puntò dritto alla volta del suo sogno.
Attraverso deserti e foreste, superando monti e fiumi, la sfera si faceva sempre più grande e luminosa davanti al suo sguardo. Poi un giorno sparì dall’orizzonte, celata alla vista da una massiccia catena montuosa. Senza esitare, il giovane scalò ripide pareti, superò valichi tenendo sempre la direzione in cui si trovava la sfera. I giorni divennero settimane, finché ne perse il conto; immerso nel silenzio delle montagne, continuò ad avanzare, sapendo che prima o poi l’avrebbe raggiunta.
Un pomeriggio, come tanti che si era lasciato alle spalle, un passaggio si aprì tra le montagne e la sfera fu davanti a lui, gigantesca contro il cielo terso, così splendente da far male agli occhi. Troppo male. Li sentì bruciare, lacrimare, facendo fatica a tenerli aperti. Avvertì la pelle cominciare a scottare, ma nelle ossa percepiva un gran gelo.
A fatica scese il sentiero, attraversando una landa dove anche la morte poteva morire. C’erano rocce che lanciavano bagliori fosforescenti, la sabbia si scioglieva sotto il peso di pozze di un verde azzurro che scavavano risolute verso il centro della terra. Uno sfrigolio costante aleggiava nell’aria. Tutt’intorno al giovane c’erano voragini, alcune senza fondo, altre colme di un liquido denso che sembrava argento fuso. Un liquido che colava a grandi gocce dalla sfera troneggiante sulla sua testa. Un inquietante sibilo veniva dal suo interno.
Il giovane, tenendo lo sguardo fisso su di lei, si accorse appena di quanto c’era attorno: la rimirava con morbosa ammirazione, orripilato e affascinato dal liquido argenteo che usciva dalle crepe della sua superficie metallica. Fece qualche passo verso di essa, cercando di capire come riuscisse a restare sospesa sopra il suolo, ma le forze gli vennero meno. Faceva sempre più fatica a muoversi, anche pensare era un’impresa. A stento raggiunse una roccia e vi si sedette vicino, appoggiando la schiena contro la sua dura superficie.
Per la prima volta si guardò davvero attorno e vide scheletri umani, seduti contro le rocce nella sua stessa posizione, il cranio gettato all’indietro e le orbite vuote rivolte verso l’alto.
Il giovane emise un sospiro e lentamente tornò a guardare la sfera.
EDIT. Testo originale modificato grazie ai suggerimenti degli utenti del forum di Writer’s Dream.
Bello…
ti ringrazio
[…] concorso. La partecipazione è gratuita. Ho partecipato con il racconto Sfera, già pubblicata sul mio sito diversi anni […]