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Erikson vs Martin

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Mettere a confronto due opere, anche se appartenenti allo stesso genere, di autori diversi non è mai facile e così è anche nel raffronto fra La Caduta di Malazan di Steven Erikson e Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R Martin.
Entrambe sono saghe molto lunghe, ma mentre la prima è arrivata a conclusione (Erikson le ha dato conclusione nel 2011, ma in Italia a seguito del fallimento della ce che la traduceva, Armenia Editore, è ferma a metà dell’ottavo volume), la seconda è ancora ben lungi dall’esserlo, con l’autore che ha messo troppa carne al fuoco e ha perso le fila della trama (succede quando non si parte con un progetto ben definito da subito).
DeadHouse Gates1La Caduta di Malazan è ricca di magia e creature magiche, nelle Cronache la presenza di tali elementi è di gran lunga inferiore; ma mentre nell’opera di Erikson questi elementi sono parte fondamentale del passato del mondo in cui si svolgono le vicende e delle mire di ogni parte in causa (eserciti, imperi, dei), in quella di Martin dominano gli intrighi politici e le relazioni passionali e sessuali dei personaggi: anche nel lavoro di Erikson il sesso è presente, ma non è usato per compiacere e attirare lettori come furbamente fa Martin.
La copertina italiana di La Dimora Fantasma (Deadhouse Gates) di Steven EriksonErikson crea un mondo ricco di storia, complesso, dove ci sono complotti e intrighi, ma che soprattutto è pieno di epicità, dimostrando una complessità e una grandezza che si scopre sempre più andando avanti nella lettura dei volumi; Martin realizza un mondo e una storia poco originali, fatti d’intrallazzi politici fangosi che ricordano tanto lo stato in cui purtroppo versa l’Italia da parecchi anni a questa parte.
Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco hanno un maggior seguito di La Caduta di Malazan grazie alla realizzazione della serie televisiva, ma anche perché risulta essere, più che un’opera di genere fantasy, un’opera commerciale che si adegua a quello che la maggior parte dei lettori ora vuole (sesso e intrallazzi).
In comune le due saghe hanno di aver subito analogo trattamento dall’editoria italiana: copertine non all’altezza quando non sono state mediocri, traduzioni spesso contestabili (la traduzione più corretta del lavoro di Erikson sarebbe Il Libro dei Caduti di Malazan, in riferimento a tutti i morti avvenuti nella storia, o Il Libro del Caduto di Malazan, in riferimento al Dio caduto in disgrazia; al lavoro di Martin è andato anche peggio, con cervi che diventano unicorni per rendere il tutto più fantasy, tanto per dirne una), romanzi unici spezzati in due o tre parti e ogni parte fatta pagare come se fosse l’opera unica.
A livello di stile e intreccio si presentano invece delle differenze. Martin ha un modo di scrivere più immediato, sa ben caratterizzare i personaggi (come ha sempre dimostrato e che ha saputo meglio in altre opere: Le Cronache, benché siano il suo lavoro più conosciuto, non sono quello migliore, solo il più commerciale), mentre Erikson può risultare più freddo e criptico, ma solo perché sta mettendo sul tavolo della sua storia i pezzi per far comprendere la grandiosità del mondo che vuole mostrare. Una scoperta che man mano che avviene fa rendere conto di quello che si ha davanti e di cosa sta trasmettendo: in questo influisce molto il fatto che lo scrittore canadese sia archeologo e antropologo, dando alla saga un ulteriore spessore.
E’ logico che nella scelta fra le due opere il gusto personale influisca, ma se si dovesse dare un giudizio oggettivo tra questi due autori e i loro lavori, il tutto si può riassumere in poche semplici parole: Martin è furbo, Erikson è onesto.
La vera differenza tra i due è tutta in questo punto.
Martin, dopo aver criticato e non apprezzato il fantasy, si è messo a scriverne perché a un certo punto è divenuto il genere che andava per la maggiore. Malgrado qualche buona idea, non aveva le idee chiare di cosa scrivere, perdendo il bandolo della matassa e procrastinando una conclusione dell’opera che non si sa quando avverrà, tirando per le lunghe e facendo passare anni tra un volume e l’altro, senza dare svolte significative alla trama.
Erikson fin da subito è stato uno scrittore di fantasy: sapeva come e di cosa voleva parlare, avendo le idee chiare del progetto che voleva realizzare. Dimostrando rispetto per i lettori e professionalità, ha rispettato i tempi degli accordi presi con l’editore, realizzando romanzi di quasi mille pagine l’uno ogni anno, mantenendo sempre alta la qualità della scrittura e della trama.
Se Martin ha venduto più di Erikson, non è stato certo perché il suo è un lavoro migliore o perché ha più talento: semplicemente ha fatto il furbo, dando quello che più vuole la maggior parte del pubblico, ovvero sesso e intrallazzi, come spesso si vede in tante soap opere. Spesso le vendite di un’opera dipendono da quanto il pubblico riesce a recepire, dalla sua intelligenza, dalla sua consapevolezza, basta vedere cosa è successo a suo tempo a Melville quando ha pubblicato Moby Dick: l’opera allora gli stroncò la carriera, mentre dopo la sua morte fu ritenuto un capolavoro e venne letto da milioni di persone, dandogli il giusto successo che si meritava.
Dopo tali considerazioni, spetta a ogni lettore fare la sua scelta. La mia l’ho fatta da tempo, dato che sono per l’onestà.

13 comments to Erikson vs Martin

  • Concordo.
    Le Cronache hanno molto più successo per svariati motivi: malgrado il numero di personaggi sono enormemente più lineari, con alla fine un numero tutto sommato ristretto di protagonisti (dopo le epurazioni dei primi libri) e un paio di trame (grande trama e piccola trama) ben delineate. Non c’è troppo fantasy, così da non spaventare chi si avvicina con pregiudizi alla storia; e Martin era già un nome abbastanza noto.

    Erikson d’altro canto ha creato un mondo, un universo complesso e affascinante, enorme e con talmente tanti personaggi che non è facile indicare dei protagonisti (sono al quarto libro, a ora indicherei alcuni Bridgeburners ma sarebbe restrittivo…), la trama si incomincia a intravedere (la grande trama) ma per la piccola trama, questa riguarda un impero, moltissime nazioni libere, tanti popoli e razze.
    Ed è tutto talmente grande, talmente complicato che ne otteniamo qualche informazione, qualche dettaglio solo andando avanti con la lettura, pagina dopo pagina, libro dopo libro.
    Enorme, con un passato immenso alle spalle e niente di così rassimilabile al nostro mondo come invece accade in Martin.
    Quando a suo tempo lessi il primo libro rimasi abbastanza interdetto, solo a una seconda lettura mi sono convinto poi a continuare con la saga.

    Ecco, Martin è intrattenimento senza grossa necessità di ragionare mentre con Erikson devi stare sempre attento, pesare le parole e collegare nomi e fatti di continuo. Erikson è più difficile come lettura, Martin più facile.

    • Osservazioni giuste.
      Il lavoro di Erikson, davvero notevole, lo si riesce a comprendere con l’avanzare della storia, che non è lineare. I fatti del primo libro si collegano a quelli del terzo, quelli del secondo al quarto, il quinto propone una nuova parte del quadro intessuto dallo scrittore, e dal sesto i fili cominciato a intrecciarsi insieme: è allora che si capisce il lavoro quasi smisurato che Erikson ha fatto.
      Martin invece è molto più immediato con la sua storia, riconoscendo che sa scrivere e caratterizzare i personaggi, ma non raggiunge una complessità come quella appartenente a Malazan.

  • Non ho mai letto Martin (è un problema mio, se qualcosa va di moda, mi allontano istintivamente), ma sto leggendo la saga di Malazan (ho quasi terminato la seconda parte del sesto libro) e, pur avendo letto ormai decine e decine di romanzi fantasy, non posso che assegnare a questa saga il primo posto nella mia personale classifica.
    Sicuramente l’esistenza di una serie TV ha facilitato le vendite di Martin che, fra l’altro, è stato edito dalla Mondadori, una potenza nell’editoria italiana (non so come sia la sitauzione in altri stati).
    Su Erikson va detto che:
    – è di difficile lettura, non puoi distrarti un attimo che non capisci più cosa stai leggendo. Erikson usa un modo di scrivere piuttosto diverso dalla media. All’inizio è dura abituarsi;
    – i personaggi sono tantissimi già dall’inizio e l’autore salta continuamente fra i vari gruppi di personaggi e non è detto che i protagonisti siano sempre quelli cui viene dedicato più spazio. Il modo migliore per non perdersi sarebbe prendere appunti;
    – dopo il primo libro cambia tutto e si va in un altro continente con personaggi diversi e usi e costumi diversi. Dopo il quarto si apre una terza storyline su un terzo continente dove cambia nuovamente tutto, quindi perché si aprano tutte le trame principali bisogna aver letto 5 libri;
    – Erikson non regala spiegazioni. Si viene catapultati in un mondo estremamente originale, complesso e articolato che va capito;
    – Erikson non scrive quello che il lettore vuole leggere, anzi, stupisce di continuo;
    – il primo libro è il peggiore.
    Sommando già questi 6 punti si rende, per alcuni, difficile finire la saga.
    Se a questo si uniscono le copertine (nell’edizione italiana) tra le più scarse in circolazione e una pubblicità inesistente, oltre al fatto che la casa editrice è fallita in corsa (per fortuna ora è stata acquisita e le pubblicazioni riprenderanno), si capisce perché le vendite sono quello che sono.
    Ma se il lettore è coraggioso e osa accettare la sfida di uno degli scrittori più innovativi in circolazione (in un genere che si pensava che di innovativo potesse avere ormai poco…), non rimarrà deluso.

  • Condivido la disamina che hai fatto, soprattutto quando dici che Erikson non scrive quello che il lettore vuole leggere: questo per me deve fare lo scrittore, perché tratta con rispetto il lettore, oltre che il proprio lavoro.
    Erikson non rende lineari le cose (il primo volume si lega al terzo, il secondo al quarto, il quinto fa storia a parte, ed è dal sesto che le trame cominciano a convergere in un unico punto che permette di avere il quadro completo della storia), ma riesce con grande intelligenza a mischiare elementi del fantastico (e ce ne sono tanti) con quanto appreso dalla storia reale.
    In Italia questa saga è stata sfortunata (poca pubblicità, casa editrice non di grosse dimensioni, difficoltà incontrata da quest’ultima) ottenendo meno della notorietà che merita.
    Martin ha avuto più fortuna, grazie anche alla serie televisiva, ottenendo più successo di quanto meritasse: di elementi fantastici ce ne sono pochi e il più delle volte sono solo un contorno, non parte attiva, mentre la scena spesso è incentrata su intrallazzi, tradimenti, politica e sesso (sembra tanto l’Italia e a me basta e avanza l’originale). Martin sa caratterizzare molto bene i personaggi, ha un buono stile, ma si è perso nelle trame che ha creato, cosa che non ha fatto Erikson, e non sa come saltarne fuori e da qui i tempi lunghi nel far uscire i romanzi. Alle Cronache preferisco la prima trilogia di Wild Card (anche se Martin non è il solo a scriverci e lavorarci): lo trovo un lavoro più onesto (visto anche come i romanzi delle Cronache sono stati trattati in Italia, alle volte divisi anche in tre parti).

  • MaoNo Gravatar

    A mio parere Martin è odioso oltre che furbo, ma è un maestro. Le cronache del ghiaccio e del fuoco nonostante la complessità della storia si presta ad una lettura fluida. Credo che la serie televisiva sia un prodotto mediocre, rispetto al romanzo che almeno per i primi 4/5 volumi (edizione italiana) giudico il miglor romanzo fantasy al pari del “La ruota del tempo”.
    Trovo la narrazione di Erikson ostica ,forse questo è dovuto ad una traduzione non all’altezza ,ma ho interrotto la lettura de “La caduta di Malazan” a metà del secondo volume.
    Nella descrizione dell’ambientazione si lancia in rappresentazioni lunghe e poetiche, che spesso fanno perdere il filo del racconto.Inoltre trovo che la personalità dei protagonisti non è ben definita e si fa fatica ad immedesimarvisi e comprenderne le pulsioni.
    Dopo aver letto le recensioni in questa pagina, ho deciso di riprendere la lettura, così come suggerisce “Vaarth” sperando di venire ricompensato.

    • Martin sa scrivere, questo non viene messo in dubbio. Il suo modo di portare avanti le storie è un altro discorso (e qui si ritorna sull’onestà intellettuale/rispetto del lettore).
      I libri di Erikson non sono facili, ci sono altri autori che riescono in maniera più immediata a far entrare in sintonia con i personaggi (personalmente trovo Brandon Sanderson e Guy Gavriel Kay molto bravi, ma anche Joe Abercrombie fa un buon lavoro, in questo saranno stati d’aiuto i suoi studi in psicologia); occorre trovare il giusto momento per leggerli. Occorre avere pazienza perché si riesca a vedere tutto il quadro che ha creato, ma quando ci si riesce, si viene ricompensati ed è una lettura di grande impatto. Penso al fato di Coltaine, al viaggio di Karsa Orlong (a me ricorda un po’ Conan), ad Anomander Rake, ma soprattutto a Maree di Mezzanotte, per ora il miglior romanzo della serie, ottimo specchio che mostra come l’economia renda schiavi e possa far affondare (anche in senso letterale) le persone.

      • MaoNo Gravatar

        Sono perfettamente daccordo nel criticare la furbizia di Martin nel far sopravvivere oltremisura la sua gallina dalle uova d’oro.
        Per quanto riguarda Erikson devo dire che dopo aver faticato nella prima metà del primo volume, credevo di essere riuscito a rompere il ghiaccio completando piacevolmente la lettura. Sono rimasto spiazzato nel secondo, quando invece di digerire e metabolizzare la gran mole di elementi fantastici e vicende in sospeso ci si ritrova a ingoiare continuamente nuove situazioni, nuovi personaggi fantastici con nuovi poteri, senza che vengano delineati dei confini, che vengano definite delle leggi. Insomma vorrei a un certo punto sapere chi ho davanti, sapere quali sono le potenzialità e i limiti dei maghi, delle varie razze non umane e divinità.

        • Martin si è adeguato alla legge del mercato e cerca di sfruttare il successo allungando la storia. Non è certo il primo ad agire in questo modo, né sarà l’ultimo. Questo modo di fare dipende anche dai lettori: finché compreranno i suoi romanzi, può agire come meglio preferisce. Se invece smettono di comprare, le cose possono prendere un’altra piega. Il lettore non è poi così inerme come può sembrare. Ma da quel che ho visto, Martin ha perso il filo della sua creazione e non sa dove andare a parare.

          Che Erikson spiazzi è un dato di fatto: non ci si può sedere sugli allori credendo di aver già appreso tutto. La saga Malazan è qualcosa dove c’è sempre una scoperta e niente è lineare: si comincia a capire il filo delle trame dal sesto romanzo in poi.
          Il primo romanzo è legato al terzo, il secondo al quarto, il quinto fa da sé, ed è, come ho appena scritto, dal sesto che le trame cominciano a congiungersi e a rendere più chiaro il discorso.

          • MaoNo Gravatar

            Ti ringrazio per i chiarimenti e i consigli. Ho deciso di ricominciare la lettura della saga di Erikson sperando che verrà completata la traduzione anche degli ultimi volumi.
            Di Brandon Sanderson ho letto “la via dei re” e “parole di luce” proseguirò sicuramente con i successivi. Guy Gavriel Kay e Abercrombie non li conosco ,ma ho preso nota per il futuro.

          • Figurati :).
            Con Erikson penso che te ne sia potuto fare un’idea per quel che si è detto: il resto è da leggere.
            Per quanto riguarda gli altri autori.
            Joe Abercrombie ha un’ambientazione dove la magia è poca; è molto crudo e duro, cinico, ha uno sguardo molto realista, senza abbellimenti, dove la fanno da padroni i lati peggiori degli uomini. In poche parole mostra tutto il fango dell’essere umano. Ambientazione scarna, trame non complesse (si è lontani da quanto fa Erikson), ma caratterizza e approfondisce i personaggi in maniera coinvolgente ed è per questo che la sua lettura merita. Opera che mi è piaciuta di più The Heroes.
            Avendo già letto i due libri della Folgoluce, hai già visto di cosa è capace Sanderson. Molto bello L’Ultimo Impero (primo della trilogia Misborn), buoni i due successivi (specie il terzo, anche se per l’assenza di un personaggio visto nel primo non lo metto allo stesso livello); gradevole La legge delle Lande e Steelheart (ben scritto anche se non è un testo originale e strizza un po’ l’occhio allo Young adult).
            Capitolo Guy Gavriel Kay. Se ne hai i mezzi, ti consiglio di leggerlo in inglese, perché la sua prosa con la traduzione perde. Inoltre, i romanzi pubblicati in Italia specie Il paese delle due Lune e la trilogia di Fionavar non sono stati tradotti integralmente, ma sono stati eliminate delle parti. Tuttavia, nonostante come sono stati trattati dall’editoria italiana, sono letture valide, per me soprattutto la saga di Fionavar, epica, piena di riferimenti mitologici, con lotte tra campioni, mostri e dei e con una caratterizzazione dei personaggi magnifica e in più punti davvero toccante. Tra le altre cose, Kay è stato l’autore scelto per lavorare con il figlio di Tolkien per terminare Il Silmarillion.

  • […] di cose che strizzano l’occhiolino al lettore come fanno altri autori (vedasi Morgan e Martin: qua un confronto tra quest’ultimo ed Erikson), ma scrive ciò che reputa valido e attinente alla propria storia. […]

  • “si comincia a capire il filo delle trame dal sesto romanzo in poi.”
    Questione di gusti, ma personalmente preferisco capire la trama mentre leggo le prime dieci pagine. Trovo terribilmente noiosi e furbi questi affreschi fantasy in cui il lettore è obbligato a sciropparsi liste infinite di personaggi epici tracciati superficialmente senza la possibilità di seguire davvero le vicende di alcuno.
    E’ come avere il silmarillion senza conoscere lo hobbit o il signore degli anelli.
    Erikson lo sto trovando noiosissimo, Martin scrive benissimo e riesce a costruire dei personaggi credibili e che il lettore segue con passione per seguire la storia attraverso un percorso di “formazione” e crescita, fondamentale nella narrativa specialmente fantasy perché attraverso la comprensione che il personaggio fa del mondo intorno a sé anche il lettore capisce le dinamiche di sfondo della storia. Molto meglio delle noiose liste di gesta di luoghi, di fatto assenti dalla trama.

    • Il Silmarillion è il primo libro che ho letto di Tolkien e l’ho trovato affascinante per il mondo e i personaggi.
      Il punto forte di Martin è proprio la caratterizzazione dei personaggi; il punto debole, con quello che ormai è famoso come Trono di Spade ma che originariamente ha un altro nome, è stata la progettualità e infatti ha perso il bandolo della matassa. Poi, dal mio punto di vista, ci sono troppi intrighi e giochi politici e ben poco di fantasy, almeno per una parte della storia, ma qui siamo sul gusto personale.
      Erikson non è facile e ci vuole pazienza perché non è immediato.
      Se capisco la trama dopo dieci pagine, mi annoio; a meno che non sei Sanderson, molto bravo nel scrivere anche trame semplici, capace di coinvolgere il lettore sempre e comunque.

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