è il mondo dell’editoria italiana.
Una giungla insidiosa, un terreno pieno di trappole; un mondo colpito da diversi tipi di mali.
Uno è l’editoria a pagamento, che sfrutta i sogni di scrittori emergenti per speculare e avere guadagni facili, prendendo senza dare niente in cambio. Un esempio, ma è solo uno tra i tanti, è quello del Gruppo Albatros, mostrato in un post da Francesco Falconi.
Un altro male sono i colpi inflitti dal governo con leggi che vanno a favorire i grandi gruppi editoriali e le grosse catene di distribuzione a discapito dei “piccoli”. Si tratta della Legge Levi: ne parla sempre Francesco Falconi e anche Loredana Lipperini. Sono leggi ad personam, che vogliono favorire una sola persona avente il controllo del maggiore gruppo editoriale italiano: un modo non solo per avere maggiore guadagno, ma per eliminare la concorrenza, togliere la possibilità di avere un confronto, un contraddittorio, come si direbbe in questi giorni.
Poi c’è la questione ebook, che doveva essere un’innovazione e invece si tratta dell’ennesima speculazione, dato che ci si ritrova ad avere gli stessi prezzi della versione cartacea, quando i costi di produzione sono di gran lunga inferiori.
Ma la cosa più grave è la mentalità che molti hanno di questo settore, comportante una perdita non da poco. Siamo nell’Era dell’Economia, dove tutto è consumismo, dove tutto è puntato al guadagno, ogni cosa è in funzione di esso. Sfruttare, consumare, una corsa sfrenata che brucia perché la macchina del profitto deve correre sempre più veloce. Tutto viene usato, non importa se comporta perdita di valori, abbassamento culturale, purché porti denaro.
Sono dell’idea che si scrive per piacere, per passione perché la scrittura arricchisce, fa pensare, porta a crescere, a evolvere: si scrive per se stessi, ma anche per essere letti, è un modo di comunicare con individuiche non si incontreranno mai di persona, ma che possono essere raggiunte attraverso uno scritto, trasmettendo pensieri, valori, sentimenti. Non ci si deve mai dimenticare di questa verità, perché farlo significherebbe perdere moltissimo; certo se arriva la pubblicazione da parte di un editore è un successo in più, ma scrivere solo per essere pubblicati è aver perso di vista la vera origine dello scrivere. La scrittura è un mezzo dalle grandi potenzialità, un mezzo dalle diverse sfaccettature, che agisce in diversi modi, ma che ha lo sempre lo stesso fine: arricchire chi legge. Se questo non c’è, la scrittura perde valore. E’ ben mostrato nell’intervista a Stephen King.
Ma c’è chi non la pensa così. E’ capitato in questa discussione sul sito di zweilawyer. Si può non condividere l’approccio, perché anche una cosa giusta detta in un modo sbagliato o poco ortodosso può perdere valore, ma non si può non prendere atto di una realtà ben presente. Soprattutto quando un editore, Gianni La Corte, usa affermazioni del genere: “un libro deve vendere, no? Se no, cosa lo si scrive a fare?”.
Una persona decide di scrivere solo per pubblicare e quindi guadagnare.
Il mondo potrà andare adesso in una certa direzione, ma non si può limitare la scrittura a livelli del genere: è un tradimento. La scrittura è molto più di questo, se si rinnega il suo spirito, diventa una cosa morta e non serve a niente.
Questo è ciò che penso, è questo che mi fa condividere le parole di Terry Brooks.
Il signor La Corte ha detto una cosa inesatta, forse intendeva dire: “Un libro deve vendere, no? Se no, cosa cosa lo si PUBBLICA a fare?”.
Perchè scrivere non è sinonimo di pubblicare, io non scrivo nè per vendere nè per pubblicare, anche se le due cose possono essere un effetto (gradito, sia ben chiaro) di quello che faccio.
Se avesse scritto così non ci sarebbe stato nulla da criticare, ma non ha replicato; volendo la possibilità l’aveva. Avrebbe dovuto riflettere prima di scrivere, fare attenzione, perché comunque correggere dopo aver “sparato” non avrebbe rimediato molto all’uscita fatta. L’aver capito male, s’intendeva dire altro, è troppo usato e ha fatto perdere credibilità.
La frase è infelicissima. 🙁
Però è ben vero che uno scrittore scrive per essere letto, altrimenti scrittore non è. 😉
Certo, scrive per comunicare con gli altri, avere un dialogo 😉 poi se arriva la pubblicazione, tanto meglio, ma non è questa la spinta che fa muovere le sue dita.
Non serve necessariamente essere pubblicati per essere letti: internet ci aiuta in questo, no?
Poi la pubblicazione offre la possibilità di allargare la cerchia di influenza, ma non è l’unica strada percorribile.
Beh, si può dire che anche internet è una sorta di pubblicazione, dato che permette di essere letti 😉 (e alle volte pure senza costi, che non guasta :D). Sulla diffusione poi si può lavorare 😉