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L'ultima profezia del mondo degli uomini - L'epilogo

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Ultimo libro che conclude la saga iniziata con L’ultimo elfo, L’ultima profezia del mondo degli uomini – L’epilogo è un buon libro, ma non è all’altezza dei precedenti. Ben scritto, dà compimento alla profezia creata nella parte finale di L’ultima profezia del mondo degli uomini, questa volta prendendo come punto di vista quello degli Yurdoni, il popolo al quale appartiene lo stregone che ha lanciato una maledizione che si è persa nelle pieghe del tempo e che è andata ad abbattersi sul mondo. Come ogni ciclo che si ripete, la pace durata a lungo è finita e la guerra si è ripresentata, portata da un popolo bellicoso, che non conosce altro che forza, violenza e brutalità, dove bellezza, gentilezza sono considerate debolezza e quindi deprecabili e perseguitabili.
Di nuovo nel romanzo di Silvana De Mari viene sottolineata l’importanza dell’istruzione e della cultura, del coltivare la conoscenza, della dolcezza e dei rapporti umani capaci di trasmettere valori, insegnamenti.
Temi giusti e importanti, ma il libro non ha la stessa forza di quanti l’hanno preceduto, non ha lo stesso spessore, la stessa epicità. Gli invasori, i protagonisti non hanno la stessa caratterizzazione dei loro predecessori; gli scontri con il nemico non hanno la stessa drammaticità, anzi sembra quasi che i “buoni” debbano vincere perché sono tali, mentre l’avversario è solo grosso e stupido e la mente vince sempre sul corpo, cosa che purtroppo non sempre vale. Non è possibile che un gruppo scalcinato, debilitato e malnutrito fatto di ragazzini e vecchi, mal equipaggiato, senza esperienza e in inferiorità numerica possa avere la meglio su una popolazione che ha fatto della guerra, del combattimento il proprio stile di vita e non fa altro che questo nella propria esistenza.
Più che un romanzo vero e proprio, sembra di avere a che fare con una parte che non si è potuta pubblicare nel precedente volume: certo, i fatti qui narrati avvengono secoli dopo e hanno nuovi protagonisti, ma la sensazione che si ha è questa. Sensazione rafforzata dal titolo scelto dall’editore, non dall’autrice, che avrebbe voluto qualcosa di diverso, più pertinente alla tematica principale del libro (doveva essere L’ultimo giro della spirale, con l’esistenza vista come una spirale che s’allarga); una scelta che invece ha causato confusione nei lettori, facendogli riflettere se si era di fronte a un’edizione rivista (magari con l’aggiunta di un nuovo capitolo o racconto) o di un nuovo romanzo. Purtroppo non stupisce che Fanucci faccia delle scelte poco felici.
In tutti i modi, L’ultima profezia del mondo degli uomini – L’epilogo è la conclusione della saga e chiude un ciclo, anche se non è dello stesso livello delle altre opere che hanno fatto sorridere, commuovere e sognare.

2 comments to L’ultima profezia del mondo degli uomini – L’epilogo

  • Devo ancora arrivarci… ma chissà perché (forse proprio per il titolo e per come si presenta) avevo già questa sensazione. Comunque lo leggerò. Il fatto è che sto mandando avanti altre letture perché “Gli ultimi incantesimi” non m’ispira, ma prima o poi ce la farò. A volte la vita del lettore è proprio uno stress, con tutto quel che c’è da leggere e col fatto che bisogna anche vivere 😉
    Riguardo alla Fanucci, io non so, con tutti gli autori e i i titoli importanti che ha, come si permette di presentare libri spesso tanto trascurati, sia come impostazione editoriale (vedi il caso oggetto di questo post) sia per la fastidiosa quantità di refusi che mi capita spesso di trovare nei romanzi di questa casa editrice. E finchè di refusi ce ne sono pochi, passi, ma oltre una certa soglia danno veramente fastidio anche perché ostacolano la sospensione dell’incredulità (almeno per me) e poi, accipicchia, spendo dei soldi e voglio avere un prodotto curato per le mani!

    • Con Fanucci sfondi una porta aperta: già in altri post ho parlato del loro modo di fare, lavorare e trattare i lettori. Un esempio è La Ruota del Tempo: visto quello che costa dato che sono 14 volumi, il lettore ha il diritto di avere un prodotto di qualità. Si possono avere un paio di refusi, non decine.

      Tornando a De Mari, è un libro che si legge bene, ma non è all’altezza dei precedenti.

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