L’italiano medio, quello che ha un lavoro, che mantiene la sua quotidianità di ufficio-famiglia-hobby, che ha come unici pensieri il sopportare colleghi e menate del capo, il come e dove andare in ferie, il trovare di come fare sesso se non ha un partner fisso: bada al suo orticello, non si occupa di quanto accade agli altri. “I problemi altrui non mi riguardano” è il pensiero che fa voltando lo sguardo dall’altra parte di fronte a certe situazioni, credendo che se le cose non si vedono non esistano e pertanto non lo debbano toccare.
Una sorta di creare un muro, una barriera che può essere generata da indifferenza, paura, il cercare d’evitare una situazione spiacevole. Una barriera con la quale ci si isola dal mondo esterno e che in apparenza protegge, ma si tratta soltanto di un’illusione, spazzata via quando il corso degli eventi cambia direzione e investe con forza.
Non si tratta di fatalità, ma semplicemente di azione e reazione, di arrivare al punto in cui il conto viene presentato: arriva sempre il momento in cui si paga per le scelte sbagliate. Questo vale per tutti. Solo che chi è rimasto inconsapevole, e ha voluto non vedere, viene colpito con più forza dagli eventi di chi invece era pronto a ricevere il colpo: è come uno che vede una tegola cadere dal tetto dritta verso di lui e non fa niente per evitare l’impatto.
L’essere troppo preso da se stesso ha impedito all’italiano medio d’accorgersi della piena che sta arrivando e che può travolgerlo: l’Italia non è poi così lontano dalla Grecia, in tutti i sensi. Si sente parlare di crisi economica del paese ellenico, delle misure che la comunità europea dovrebbe prendere nei suoi riguardi (si parla anche di uscita dall’Euro), ma sono notizie superficiali quelle che scorrono nei telegiornali, non ci si rende conto della terapia “lacrime e sangue” cui la popolazione di quella nazione è stata sottoposta per risollevare le sorti economiche. Una terapia dolorosa e che forse non basterà a risollevare la Grecia, ma che pesa sempre di più sulla gente comune.
Migliaia di persone ogni giorno perdono il posto di lavoro. Un cittadino su quattro vive sotto la soglia di povertà. Centinaia di migliaia di famiglie sono senza reddito e la disoccupazione giovanile è quasi al 50%. Centinaia di genitori abbandonano i figli a scuola, negli orfanotrofi, perché non sanno come nutrirli e prendersi cura di loro; bambini denutriti perché le madri non mangiano e non possono allattare.
Il piano d’austerità imposto in Grecia taglia tutti i servizi, le pensioni, smantella il dialogo sociale e i salari sono ridotti al minimo: i risultati sono disumani, si richiedono maggiori sacrifici ancora, senza contare che gli aiuti promessi sono bloccati da Germania, Finlandia e Olanda , procrastinati a dopo le elezioni e l’instaurazione del nuovo governo. Tutto in nome dell’economia e dei bilanci.
Cosa che è stata richiesta anche all’Italia, anche se non si è ancora a quei livelli. Ma anche in Grecia è cominciata in questo modo: i sacrifici vengono chiesti alla gente comune, gli si dice di stringere la cinghia, sono costretti a pagare gli errori fatti dalla classe politica, dirigenziale e imprenditoriale del paese. Una classe corrotta, che ha fatto solo il suo interesse a discapito degli altri con vere e proprie truffe (gli esempi sono tantissimi: lo scandalo della Lega, del Calcioscommesse, degli appalti, politici coinvolti in affari illeciti). Tutto sempre in nome dell’Economia.
Per essa, per il guadagno preteso sempre maggiore da alcuni, si è sacrificato di tutto: dignità, libertà. Adesso anche la vita, come stanno mostrando le immagini del terremoto dei crolli delle ditte e di quanti vi sono morti: si è voluto risparmiare sulla costruzione, sulla sicurezza (come diceva un ministro ben conosciuto “la sicurezza non ce la possiamo permettere”: una frase emblematica della mentalità che ha dilagato e si è radicata nel paese), cercando di spendere il meno possibile e avere più di soldi per sé. E grazie a questo piccolo risparmio, oltre alle ennesime morti sul lavoro, si è perso tutto quello che si aveva. Ma la vita rende sempre quello che si fa: è brutto costatare questo fatto, ma lo è ancora di più quando si pensa che per colpa di tali scelte ci ha rimesso la vita chi non aveva responsabilità, chi era innocente.
Purtroppo, quanto sta succedendo, è davvero simbolo del crollo di un’epoca.
Non sai quanto sono d’accordo con te. Anch’io guardo la Grecia, guardo l’andazzo del mondo, e davvero non capisco questo sacrificare tutto in nome dell’economia e della finanza, di un sistema economico che non si sa perché bisogna ostinarsi a tenere in piedi anche se crolla e ci affossa. Ma che schifo è? Ormai siamo ai sacrifici umani. Non so come ne usciremo, se continuiamo così.
Anche di fronte a eventi rilevanti come i terremoti di questi giorni, dove la distruzione regna sovrana e sangue e lacrime non fanno altro che essere versate, non si fa che pensare ai soldi, a far ripartire la produzione industriale. Che sia importante non ci piove, ma che venga prima di tutto, che la si metta davanti alle persone è troppo: per continuare a fare profitto delle persone sono morte, non si è badato per niente che lavorassero in condizioni di non sicurezza. Tutto vogliono prendere. Tutto.