Soldi. Soldi. Soldi.
E’ questo il centro della realtà in cui viviamo: tutto ruota attorno ai soldi.
Non è certo una novità e non sto facendo questa riflessione in seguito all’approvazione del governo italiano dell’ennesima manovra che va a spremere i più poveri e mai i ricchi (i politici si trovano sempre d’accordo quando c’è da votare per i propri aumenti di stipendio e gli imprenditori non vengono toccati perché altrimenti minacciano di non dar lavoro alle persone), perché ormai si sa che tutto questo è soltanto l’ennesimo teatrino di pessimo gusto e valore; potrebbe anche essere di una certa comicità volgare se non fosse che ci sono milioni di persone che ci rimettono e vengono calpestati nell’indifferenza.
Le stesse persone che hanno votato queste “guide”, che si sono affidate a loro, che vivono inconsapevolmente, alimentando la grande macchina alla guida di pochi al solo fine di accumulare denaro.
Le tangenti per avere favori, concessioni, appalti; i bandi truccati, dove si sa già chi viene assunto, ma che vengono aperti a tante persone che pagano per parteciparvi; i rincari indiscriminati e senza ragione sui carburanti, le assicurazioni auto, le bollette.
Tutti indizi che dimostrano questa realtà, dove qualsiasi cosa è sacrificata in nome del Dio Denaro, l’unico dio che ora si riconosce e si venera. Un dio divenuto sempre più potente e che accumula sempre più potere. Un potere che la gente gli ha concesso, lasciandosi andare, abbruttendosi oltre ogni dire.
Accade sempre più di frequente che si possa creare una famiglia solo se si possiede denaro e che la scelta del partner ricada su chi ha un buon reddito, capace di dare un certo tenore di vita: non contano le capacità di una persona, ma solo in base ciò che ha, ciò che possiede, lo si giudica di valore, meritevole di considerazione e di viverci insieme.
I sentimenti sacrificati per la stabilità economica: una vittoria del denaro.
In televisione si vedono tifosi con sciarpe (sciarpe realizzate industrialmente, non striscioni fatti in casa) recanti la scritta “***** ti odio”, “***** a morte”, (le * stanno per il nome della squadra avversaria): nessuno dice niente di fronte alla gravità di questa cosa; si lascia correre, in un paese civile non dovrebbero accadere certi fatti, andrebbero condannati, ma ormai non siamo più un paese civile. Perché non si tratta più di tifo (e con tifo s’intende ciò che incoraggia la squadra per cui si parteggia, non l’insulto per chi è avversario e viene visto come un nemico da distruggere), non importa se questa è un’istigazione alla violenza, a mettere le persone le une contro le altre (e gli scontri che si vedono ogni domenica tra tifoserie ne sono la dimostrazione), ma di sfruttare i sentimenti più squallidi e bassi delle persone per fare soldi. (Altra cosa per i tifosi dopo gli eventi delle varie Calciopoli: se non l’avete capito, sono tutti colpevoli,dal grande al piccolo, non è più una questione di sport e divertimento, ma solo un business di proporzioni colossali: e voi lo alimentate, facendovi sfruttare e prendere in giro).
I valori sportivi immolati per il profitto: ancora una vittoria del denaro.
I prodotti quali possono essere libri, film, vedono la qualità e lo spessore dei contenuti venir messi da parte in favore della richiesta della massa che vuole solo divertirsi e non pensare a nulla. Un tempo la letteratura era un mezzo per far prendere coscienza delle cose, per far evolvere, per denunciare quanto c’è di sbagliato. Ora accade sempre più di rado e questi prodotti sono assoggettati alle regole del consumismo.
La consapevolezza piegata alla materialità. L’ennesima vittoria del denaro.
Si potrebbe andare avanti con esempi del genere a lungo; dovunque si posino gli occhi, si vedrà che dietro ci sono sempre dei soldi, anche nelle cosiddette associazioni di volontariato, perché solo una minima parte delle donazioni della gente comune va in favore di chi deve essere aiutato: anche lì ci sono persone che lucrano e si arricchiscono alle spalle degli altri, nascondendosi dietro una facciata di generosità e benevolenza.
Tutto va bene pur di arricchirsi, a qualsiasi prezzo, non importa cosa si sacrifica e dove certe scelte portano.
Di fronte a tutto questo, la gente che fa?
Subisce, se ne frega e non pensa che alle ferie.
L’orchestra suona, le persone ballano e il Titanic affonda.
Benvenuti nel paese di Bengodi.
O forse è meglio chiamarlo Inferno.
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