Non c’è molto da raccontare sulla storia di Hunger Games scritta da Susanne Collins, dato il grande successo avuto dal film che ha visto Jennifer Lawrence interpretare il ruolo della protagonista, Katniss Everdeen. In un’America postapocalittica, la nazione chiamata Panem è governata da Capitol City, mentre dodici distretti le riforniscono le materie prime e di sostentamento; un tempo i distretti erano tredici, ma uno di essi è stato distrutto durante una rivolta scatenatasi settantaquattro anni prima gli eventi narrati nel libro. Dopo quel fatto, per ricordare il potere di Capitol City, ogni anno vengono realizzati dei giochi celebrativi, gli Hunger Games, dove ogni distretto deve inviare un ragazzo e una ragazza, di età compresa tra i dodici e i diciotto anni, a parteciparvi; i ventiquattro partecipanti si dovranno sfidare in un’arena e uccidersi, finché soltanto uno rimarrà in vita.
Questi Hunger Games, che un po’ ricordano il tributo che Atene doveva a Creta e che tanto è conosciuto come il mito del Minotauro, servono sia per dimostrare il potere di Capitol City, sia per spezzare lo spirito delle persone dei distretti e tenerli sotto controllo; un sistema subdolo, ma efficace, che per decine d’anni ha impedito che ci fossero altre rivolte.
Tutta la storia viene vista attraverso lo sguardo di Katniss Everdeen, una giovane che, dopo la morte del padre avvenuta in uno scoppio in maniera, si è accollata sulle spalle la madre e la sorella più piccola: va a cacciare di frodo nella foresta vicina il distretto e per avere più tessere per il cibo riceve delle nomine in più nella urna che selezionerà chi dovrà andare agli Hunger Games. Nonostante le alte possibilità di venire selezionata alla Mietitura, la scelta ricade sulla sorella, al suo primo anno negli Hunger Games; sapendo che non ha nessuna possibilità di farcela, Katniss si offre volontaria al suo posto. Assieme a lei andrà Peeta Mellark, figlio del fornaio che una volta di nascosto la sfamò.
Giunti a Capitol City, i due vengono truccati, vestiti, fatti sfilare, addestrare e intervistati, il tutto sotto l’occhio attento delle telecamere che non li lascia mai un momento. Perché è questo che sono gli Hunger Games: un grande show televisivo dove la gente di Capitol City si appassiona, si emoziona per i tributi, trepidando per le loro vicissitudini, piangendo per le loro morti.
Soli in un mondo così diverso dal loro (pieno di luci, comodità e cibo di ogni genere), l’unico aiuto che hanno è quello della frivola Effie, dei loro stilisti (specialmente Cinna) e dello scorbutico e spesso ubriaco Haymitch, unico vincitore del Distretto 12 degli Hunger Games ancora in vita e loro mentore e l’unico che può fargli avere degli sponsor che li possono aiutare quando saranno nell’arena.
Separata fin dall’inizio del gioco dal suo compagno di distretto (durante l’intervista erano stati fatti passare come i due sfortunati innamorati), Katniss si troverà a lottare da sola contro gli altri tributi e le insidie proposte dagli Strateghi; inaspettatamente troverà in Rue, la ragazzina del Distretto 11, un’alleata e assieme faranno saltare in aria le riserve di cibo dei tributi favoriti. Rue morirà però tra le sue braccia, causandole un dolore straziante; ritroverà però un ferito Peeta e insieme continueranno la loro sceneggiata di innamorati.
Questa cosa, per rendere i giochi più interessanti, farà cambiare la regola degli Hunger Games che vede solo un vincitore: ora possono essercene due, purché siano dello stesso distetto.
Con un po’ di fortuna e abilità riusciranno ad arrivare insieme in fondo ai giochi, ma ci sarà un colpo di scena: la regola dei due vincitori viene tolta. Stanca di stare al gioco e sapendo che non può esserci nessun vincitore, decide con Peeta di mangiare nello stesso momento i morsi della notte, delle bacche velenose che uccidono all’istante. Vengono fermati all’ultimo istante e così per la prima volta ci saranno due vincitori. La cosa ai piani alti di Capitol City non piace per niente e il pericolo per Katniss non è ancora finito.
Il romanzo di Hunger Games presenta qualche dettaglio in più rispetto al film, che comunque mantiene lo spirito dell’opera cartacea e ne è molto fedele. Ci sono alcuni personaggi in più, ma non sono determinanti nello svolgimento; rispetto al film c’è solo il punto di vista di Katniss e il presidente Snow viene mostrato per qualche riga solo nel finale, mentre nella pellicola (ben interpretato da Donald Sutherland) ha delle parti che ne mostrano la natura; nel libro si parla di strateghi, nel film ne viene fatto vedere soltanto uno. Cambia un poco lo scontro finale nell’arena che è sempre tra Cato, Peeta e Katniss, ma gli ibridi che vengono scagliati contro i tre nel film sono una sorta di mastini giganti, nel romanzo sono delle creature create con i geni dei concorrenti morti: nel film Cato fa un discorso di una certa profondità, nel romanzo fa a malapena una battuta e la sua fine è molto più brutale (per lo spettacolo, le creature lo dilaniano lentamente per ore). Peeta nel romanzo perde una gamba, sostituita poi con una artificiale.
A Susanne Collins va dato il merito di aver saputo scrivere una storia coinvolgente, con un buon ritmo, riuscendo a criticare il mondo dello spettacolo e della spettacolarità sempre più ricercata della nostra società senza essere pedante.
Riconosco a Susanne Collins la capacità di scrivere un libro avvincente basandosi su una trama che mi ha fatto parecchio storcere il naso. Meglio il libro che il film, peraltro…
Il punto forte è proprio la capacità di scrivere dell’autrice. A me il film non è dispiaciuto; devo dire, andando un po’ fuori tema, che nella stessa tipologia di storie invece il film di Maze Runner – Il labirinto è meglio del libro.