Ingoiati dalle città, fagocitati dal vivere frenetico che non fa mai fermare un attimo, la vita dell’uomo del nostro secolo è tutta una perdita.
Proteso verso chimere, dedicato all’accumulare, al badare al materiale, dimentica di cibare la propria anima.
E’ diventato una creatura rude, priva di delicatezza, priva di poesia. Solo una pietra grezza, che dove si posa graffia, affondando le sue asperità.
Dimentico che il suo essere non ha una sola bocca, che il cibo di cui ha bisogno non è solo quello che trova in tavola, si è rattrappito su se stesso, una parvenza emaciata e scheletrica di ciò che dovrebbe essere.
Eppure di fonti per alimentarsi ne potrebbe trovare senza sforzo, più vicino di quel che pensa: la natura è ricca di frutti, è tutta un fiorire anche nelle stagioni in cui s’approssima al letargo.
Come quando in una mattina d’autunno, dopo una notte di pioggia, ci si alza e si ritrovano campi e pendii ricoperti di tante coltri bianche, simili a una brinata. Un brillio di gocce di pioggia che sulle tele sembrano piccoli cristalli: tutti perfetti, tutti bellissimi.
In mezzo a una vita che è caos, è bello perdersi in questo delicato scintillio.
Sei proprio bravo a fotografare la natura, queste “tele di perle” sono incantevoli.
Grazie 🙂 Avevo montato sulla macchina fotografica il teleobiettivo, quindi ho potuto fare foto solo con un angolo ristretto. Se avessi avuto con me il 18-55 sarei riuscito a fare una panoramica più ampia, rendendo meglio il paesaggio: davvero uno spettacolo.