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Casi mediatici

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Quanto è successo a Giulia Cecchettin è grave, come lo sono tutti i femminici accaduti, ma va osservato che è divenuto uno dei tanti casi mediatici su cui per un certo periodo si focalizza l’attenzione pubblica. Il risalto che sta avendo questo omicidio è elevato e per questo viene da domandarsi il motivo di tutta questa attenzione: non bisognerebbe darlo a tutte le donne che vengono uccise? Invece molte volte si ha un breve articolo, una notizia di un paio di minuti sui tg e basta. Questi omicidi non meriterebbero di essere anche loro casi mediatici? Non meriterebbero di essere casi mediatici anche tutte le morti sul lavoro?
Invece, un risalto come il caso Cecchettin non viene dato alle quasi 700 vittime sul lavoro: una notizia veloce e via, si diventa un numero presto dimenticato. Si viene lanciati nell’oblio e poco ci manca che si dica “Vabbè, cose che capitano, uno s****o di meno, tanto ce n’è un altro che può prendere il suo posto.” Però i lavoratori non sono solo un numero, non sono carne da macello: hanno amici, famiglia, sogni e quando muoiono tutto gli viene portato via. Il mondo che rappresentano, fatto di pensieri, idee, sentimenti svanisce. E cinque minuti dopo che la loro esistenza è finita, nessuno ne parla più. Invece l’omicidio di una giovane donna, una purtroppo delle tante uccise da “chi le amava” (l’ottantunenne uccisa in garage non era donna anche lei? Non lo erano anche le altre giovani come Giliua? Non lo erano quelle donne che hanno lasciato bambini piccoli causa un marito o ex marito violento? Non meritavano anche loro di continuare a vivere?), ha un risalto mediatico gigante. Questo non è giusto.
Come non sono giuste certe dichiarazioni che ha fatto la sorella, soprattutto quella in chi asserisce in cui “Tutti gli uomini devono fare mea culpa.”; è comprensibile, visto il dolore della perdita dire certe parole, ma mettere praticamente tutti gli uomini allo stesso livello di chi compie certe azioni è sbagliato, sta passando il messaggio di “Tutti gli uomini sono colpevoli.” A parte che ci si può domandare se tali dichiarazioni sono diffamazione, se si cominciano a fare queste generalizzazioni, si rischia poi di farla anche con le donne, basta guardare certi video per poi dare giudizi come quelli fattti in questo caso.

E se si comincia a generalizzare, si entra in un circola da cui non se ne esce più. (Apro una piccola parentesi. A costo di diventare impopolare, antipatico, arrogante, volendo rispondere alle parole della sorella di Giulia, non ho bisogno di fare un esame di coscienza o mea culpa perché ho la coscienza pulita. Anzi, verrebbe da aggiungere che il mea culpa e l’esame di coscienza dovrebbero farlo certe ragazze e certe donne per come si sono comportate e si comprtano (vedere il video sopra per capire)).
Quello che però ora dobbiamo costatare è che i media italiani vivono di casi mediatici e si vorrebbe capire cosa fa decidere di dare più risalto a una notizia piuttosto che a un’altra. Ora è il momento dell’omicidio Cecchettin e ci si è già dimenticati dei morti per le alluvioni in Toscana ed Emilia Romanga, dei morti tra Israele e Palestina, dei morti della guerra in Ucraina, delle migliaia di morti per Covid… l’elenco di casi mediatici passati è lungo, ma non può essere tutto liquidato, come fanno alcuni, con il fatto che l’essere umano ha la memoria corta e tende a rimuovere quello che non gli serve per l’immediato. Perché se si elimina la memoria, inevitabilmente si cometteranno gli stessi errori.

 

P.s. Amadori ha asserito che l’aggressività è anche femminile. Ma ora, dopo il caso Cecchettin, se non ci si allinea con il pensiero che la violenza appartiene solo all’uomo, si viene criticati. Circa tre anni fa esprimevo la mia opinione sulla questione.

2 comments to Casi mediatici

  • Quando sento parlare di “rieducazione” degli uomini mi viene un po’ da ridere. Gli uomini di oggi nella maggior parte dei casi una educazione non l’hanno avuta perché non va più di moda imporre dei comportamenti in famiglia. Si è passati da una rigidità assurda a un completo sbandamento. E la tanto condannata aggressività, la “mascolinità tossica,” viene da un dato biologico (muscoli, ormoni, ecc…). La forza e la volontà di usarla possono essere dirette a un fine positivo o a commettere danni. Ma bisogna avere una educazione e capacità di raziocinio per fare la scelta. Nel mondo del “nulla deve essere vietato” questa facoltà di raziocinio si sta spegnendo.

    • Già, è il risultato di lasciar passare tutto, di non mettere paletti: l’assenza di educazione ora la si sta pagando (ma già da diverse parti si stava mettendo in guardia della cosa).

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