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I Draghi del Sole Morente

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I Draghi del Sole MorenteCome Il Cavaliere della Rosa Nera, anche I Draghi del Sole Morente di Margaret Weis e Tracy Hickman l’avevo acquistato all’uscita (parliamo di più di venti anni fa, era il 2001), subito seguito da I Draghi della Stella Perduta, dato che facevano parte della trilogia di Dragonlance La Guerra delle Anime; dopo poco più di cento pagine però l’avevo abbandonato (motivo per cui non acquistai il terzo volume, recuperato qualche anno dopo in una bancarella dell’usato per un paio di euro), perché la storia non mi prendeva (questo probabilmente perché dopo aver letto abbastanza di quel mondo stavo ricercando altro dalle letture e in quel periodo, e per diversi anni successivi, più che leggere narrativa andavo su altri generi come a esempio la saggistica). Vuoi perché mi sono ritrovato in mano i libri sistemando scaffali e scatoloni, vuoi perché è un periodo in cui ho deciso di portare a compimento cose che non ho concluso, ho deciso di riprendere in mano I Draghi del Sole Morente e finirlo (in verità l’ho ricominciato, perché della storia ricordavo davvero poco).
Ma prima di addentrarsi nella trama del romanzo, occorre un breve riassunto di come stanno le cose su Krinn. In Le Cronache di Dragonlance, i draghi erano ritornati, così come i veri dei; la malvagia Regina delle Tenebre Takhisis, la dea che stava dietro tutte le vicende, viene sconfitta. La trilogia si conclude con l’ascesa di Raistlin a mago più potente su Krinn, dando poi il via a un’altra trilogia, Le Leggende di Dragonlance, che vede il suo gemello Caramon contrapporsi al suo piano di prendere il prendere il posto nel pantheon degli dei della Regina delle Tenebre; in questa storia avrà un ruolo importante un artefatto magico, il congegno di viaggiare nel tempo. Alla fine, Raistlin rinuncerà al suo obiettivo, rimanendo nell’Abisso per fermare Takhisis.
Si arriva così alla Guerra del Caos, in special modo a I Draghi dell’Estate di Fuoco, che vede i figli degli Eroi delle Lance e gli Eroi rimasti combattere contro un nemico comune, Caos; la vittoria arriderà a loro, ma non senza sacrifici: Tasslehoff muore nello scontro finale contro il gigantesco nemico (Tanis è morto poco prima) e Raistlin lascia Krinn assieme agli dei, che abbandonano il mondo per permettere ai propri figli di continuare a vivere, anche se non avranno più la magia.
Inizia così la Quinta Era, che vede l’ascesa dei Dragoni e la riscoperta della magia; questa serie non è scritta dal duo Weis/Hickman, ma da Jean Rabe ed è la peggiore serie realizzata su Dragonlance: da evitare. Tuttavia, parlare di essa serve per arrivare al punto in cui inizia I Draghi del Sole Morente: tutto inizia quando un gruppo di Cavalieri di Neraka (un tempo Cavalieri di Takhisis) incontrano una giovane donna di nome Mina (di cui un tempo si è presa cura Golmoon) che predica l’Unico Dio. Dopo aver ridato il braccio mancante a Galdar, un minotaro, Mina conduce i cavalieri alla volta di Sanction, dove stanno tenendo un assedio contro i Cavalieri di Solamnia.
Nel frattempo, Alhana Starbreeze sta cercando di rientrare nel regno di Silvanesti dopo che si è isolato sotto uno scudo magico e suo figlio Silvan vuole avere la possibilità di dar prova di sé; possibilità che avrà quando dovrà andare a chiedere aiuto per un attacco di orchi. La sua missione fallirà perché cadendo e perdendo i sensi si ritroverà all’interno dello scudo, dove verrà riconosciuto come re degli elfi, essendo lui nipote ed erede di Lorac, colui che fece cadere Silvanesti in un incubo quando il regno cadde sotto le grinfie del drago Cyan Bloobane dopo aver tentato di usare un Globo dei Draghi.
A Qualinesti, il figlio di Laurana e di Tanis, il Presidente dei Soli Gilthas, recita la parte del re malaticcio e malinconico, perso dietro rime e poesie, ma in realtà collabora con i ribelli per opporsi ai Cavalieri di Neraka e alla dragonessa Beryl.
A Solace, il Cavaliere di Solamnia Gerard mentre è di guardia alla Tomba degli Ultimi Eroi ha una sorpresa inaspettata: la tomba si apre e da essa ne esce un kender che si fa chiamare Tasslehoff Burrfoot, giunto per partecipare al funerale di Caramon Majere. Naturalmente Gerard non crede alle sue parole, dato che già altri trentasette kender si fanno chiamare così, ma Tas riesce a sfuggire alla sua custodia e a raggiungere il vecchio amico (ancora vivo), che lo riconosce. Tas gli racconta che è arrivato lì con il congegno per viaggiare del tempo, datogli da Fizban perché potesse essere al suo funerale. Questa è la terza volta che viaggia nel tempo, dato che per un motivo o per l’altro è arrivato tardi alla cerimonia le altre due volte; la storia che Tas gli racconta è diversa dalla realtà in cui è giunto e proprio mentre finisce il racconto, Caramon ha un attacco di cuore e muore, ma non prima di aver detto che c’è qualcosa che non va perché suo fratello Raistlin non c’era al momento della sua dipartita e affida una missione a Gerard, venuto a riprendere il kender: portare Tas e il congegno magico da Dalamar, il mago elfo un tempo allievo di Raistlin.
Nella Cittadella della Luce, l’ormai anziana Goldmoon si ritrova improvvisamente ringiovanita dopo la spaventosa tempesta che si è scatenata sul mondo e che ha visto fare la strepitosa comparsa di Mina.
Questi sono i punti di partenza della trilogia La Guerra delle Anime. Dopo le prime pagine, Alhana finisce dietro le quinte per lasciare posto al figlio Silvan, con cui è difficile provare simaptia ed empatia, dato che fa i capricci come un bambino e ha l’intelligenza e il carisma di un troll: sicuramente uno dei personaggi peggio riusciti della serie, e non è che gli altri brillino poi tanto.
Il problema di questa serie sono proprio i personaggi, che non si avvicinano minimamente al livello dei protagonisti di Le Cronache di Dragonlance: Gerard non è Sturm, Palin non ho lo spessore di Raistlin, Tas privato di Flint fa fatica a ingranare, Laurana è l’ombra di quella che era un tempo. Un po’ meglio va col maresciallo dei Cavaliere di Neraka Medan e con Gilthas, che hanno po’ più di carattere e spessore dei precedenti persoanggi.
Per quanto riguarda la storia, interessante come la storia sia stata modificata col viaggiare nel tempo di Tas, anche se non ci si spiega come le vicende siano cambiate solo col terzo viaggio e non con anche gli altri due. Valida anche l’idea di come la magia sta lentamente svanendo (sono gli spiriti dei morti che si stanno nutrendo di essa). Per quanto riguarda l’Unico Dio, ancora non si sa nulla, ma già dei sospetti si hanno, dato che o c’è cieca obbedienza in chi ha ricevuto guarigioni verso questa divinità, oppure ci saranno ritorsioni (e questo non può venire certo da un’entità superiore benevola); il sospetto è che si sia dinanzi a un ripetersi di quanto già visto in Le Cronache di Dragonlance e se così fosse, non sarebbe un gran tocco d’originalità.
In definitiva, I Draghi del Sole Morente non è da buttare, ma è ben lontano dalle opere meglio riuscite di Weis e Hickman; se non è piaciuta la prima trilogia (Le Cronache), allora è meglio lasciarlo perdere.