Con la pandemia (ma non è stato il solo gioco da tavolo riscoperto) e l’uscita del film Dungeons & Dragons – L’onore dei draghi, Dungeons & Dragons ha avuto una maggiore notorietà (va ricordato che videogiochi come la serie di Baldur’s Gate fine anni Novanta e primi anni Duemila e soprattutto il più recente Baldur’s Gate 3 hanno contribuito parecchio a fargli pubblicità). Qualcuno potrà ricordarsi dell’uscita di altre tre pellicole uscite dal 2000 in poi (Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio, Dungeons & Dragons: Wrath of the Dragon God e Dungeons & Dragons 3: The Book of Vile Darkness: i primi due sono dimenticare, anzi sarebbe meglio evitare di vederli e magari sarebbe stato meglio anche non farli; il terzo non l’ho visto quindi non posso dire nulla) e magari pure del film d’animazione Dragonlance – Dragons of Autumn Twilight, adattamento dell’omonimo romanzo di Margaret Weis e Tracy Hickman molto legato al mondo di D & D (anche questo evitabile da vedere e da realizzare), ma non molti si ricorderanno che tra il 1983 e il 1985 era uscita anche una serie di cartoni animati dedicata a questo gioco di ruolo che portava (guarda un po’) il titolo di Dungeons & Dragons.
L’antefatto veniva spiegato a ogni puntata nella sigla iniziale: un gruppo di adolescenti va in un parco divertimenti ed entra in un’attrazione ispirata al gioco Dungeons & Dragons, ritovandosi catapultato in un altro mondo, impregnato di magia e popolato da creature mai viste. Verranno subito attaccati da un drago a cinque teste (Tiamat) e da una figura demoniaca (Venger); in loro aiuto accorrerà un piccolo ometto pelato (Dungeon Master), che li doterà di oggetti magici, ognuno caratteristico di una determinata classe. Avremo così il ranger, il cavaliere, il barbaro, il mago, la ladra, l’acrobata (va fatto notare che nel doppiaggio italiano il ranger è chiamato arciere e la ladra donna invisibile) e avranno come mascotte un piccolo unicorno.
Ogni puntata è una storia a sé, non c’è una trama principale; l’unico filo conduttore della serie è l’obiettivo dei ragazzi di trovare un modo per tornare a casa. Essendo dedicato a un pubblico di bambini (se si pensa a programmi usciti in seguito dedicati ai più piccoli quali Peppa Pig e Teletubbies, si può ritenere la generazione cresciuta in quel periodo abbastanza fortunata), il cartone non era niente di complesso, ma proponeva tematiche anche costruttive come il vincere la paura, non soffermarsi sulle apparenze, accettare il diverso, la lotta tra bene e male. Il canovaccio era più o meno lo stesso: Dungeon Master appariva all’improvviso (e così spariva) dando una missione da compiere con degli indizi sotto forma d’indovinello; al gruppo di ragazzi non restava altro da fare che portarla a compimento.
Vista con gli occhi di un bambino, la serie animata era carina e aveva un suo fascino (crescendo un poco si vedevano i limiti di trama e caratterizzazione dei personaggi), presentando una carrellata delle figure che componevano il bestiario del mondo di D&D. In Italia, se non mi sbaglio, è stata trasmessa solo negli anni Ottanta, ma non ebbe grande successo, visto che non fu riproposta come altre serie (Capitant Tsubasa, Dragonball) e non perché era brutto: senza essere eccezionale, aveva un suo perché. Il problema fu la campagna che venne fatta da associazioni di genitori (un po’ in tutto il mondo, ma soprattutto in America) che lo vedevano come una minaccia ai propri figli: la presenza di demoni e l’uso di magia era temuta come un legame al satanismo, al spingere verso la violenza, l’omicidio e al suicidio.
Dinanzi a tale clima, sorto prima dell’uscita del cartone animato ma protrattosi anche dopo, la TSR, la casa creatrice del gioco, cercò di “ripulire” l’immagine di D&D con questo prodotto, ma la cosa non ebbe l’effetto sperato, dato che si continuò con crociate contro di esso: dopo tre stagioni (per un totale di ventisette episodi) Dungeons & Dragons venne chiuso, senza dare una conclusione alla storia (molti anni dopo venne realizzata una puntata che dava un finale, ma non fu doppiata in italiano).
Tuttavia, forse per l’effetto nostalgia, la serie animata ha avuto una sua rivalsa, non essendo mai stata dimenticata da una generazione di bambini che si è affezionata a essa e ha fantasticato con le sue avventure, divenendo un piccolo cult come altre storie e prodotti degli anni Ottanta; non un capolavoro, sia chiaro, ma nemmeno un prodotto da bistrattare com’è stato fatto.
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