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Malattie e società

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In un post di tempo fa scritto che la società in cui viviamo è una malattia; malattia che ha tante forme per colpire. Lo stile di vita che si attua condiziona la salute di una persona e può influire in maniera più o meno grave: depressioni, stati psicologici ossessivo-compulsivi, tumori.
Ciò su cui mi sono soffermato ad analizzare è solo una fetta di una grossa torta poco gradevole. In un altro post ho parlato dall’Alzheimer, una malattia che sta prendendo sempre più piede: il numero di persone colpite cresce esponenzialmente, i dati riportati danno un quadro della situazione allarmante.
Riassumendo in breve come agisce questo morbo, si tratta di un’involuzione: parti del cervello smettono di funzioanre, come quando avviene un black out in una città e si cominciano a spegnere le luci, partendo dal centro fino ad arrivare alla periferia. Si perde la facoltà d’agire da soli; si riesce a mantenere una certa autonomia finchè i neuroni a specchio funzionano.
E’ questo il punto che mi fa riflettere.
Un neonato sviluppa le proprie facoltà partendedo dall’imitazione, facendo ciò che vede fare: da lì si sviluppano i processi mentali conosciuti e che permettono di divenire una persona indipendente. Col malato d’Alzheimer si va a ritroso: invece di crescere, si decresce.
Ma come si arriva a questo punto? Quali sono le cause?
Genetiche? L’alimentazione? I conservanti o le manipolazioni genetiche avvenute nel cibo? L’inquinamento?
La medicina sta cercando di scoprirlo.
Quanto riporto è una riflessione personale, non ha nulla di scientifico: è solo una riflessione nata da un’osservazione.
Viviamo in una società dove poca gente ragiona con la propria testa, appoggiandosi a quanto dicono gli altri: una grossa fetta d’influenza viene dai media, specie la televisione. La gente si adegua a quando trasmesso da tale mezzo, magari anche inconsciamente (la goccia che cade sulla roccia e che lentamente la frantuma): si seguono mode (di parlare, di vestire, di comportanrsi), ci si adegua a modi di pensare che non sono propri, ma quelli voluti da chi sta in alto, considerato portatore dei valori e dei voleri della maggioranza.
Media, famiglia, amicizie, lavoro: sono tutti sottosistemi facenti parte di un sistema più grande, che bombardano, sollecitano costantemente la mente umana. In un ambiente del genere i neuroni specchi sono portati a un lavoro continuo, sono sovraccaricati. Si sa che essere sempre sulla corda, senza mai un attimo di pausa comporta un crollo: è naturale. C’è sempre un prezzo da pagare, prima o poi.
Se ciò è vero, questo modo di vivere comportante un continuo adeguarsi e imitare può predisporre, se non far scaturire, questa malattia che si fa sempre più largo e colpisce fasce d’età sempre più giovani (oggi ci sono casi di persone colpite sotto i sessant’anni, non solo oltre gli ottanta o i settanta). L’uso smodato dei neuroni a specchio porta l’atrofissazione delle altri parti del cervello; può esserci un nesso tra i fattori appena elencati.
Certo, scoprire una cura a questa malattia è importante; anche solo trovare un modo di bloccarla e non farla evolvere. Ma più di tutto occorre lavorare sulla prevenzione. Alle volte uno stile di vita equlibrato conta molto di più delle medicine; uno stile di vita naturale, che rispetta l’individuo per ciò che è (ognuno deve essere se stesso, non esiste la ricetta universale: deve trovare ciò che lo fa stare al centro dell’essenza che possiede), rende felici e quindi sani. Non è un caso che quando si è felici si sta meglio e quindi più resistenti alle malattie (quando non ci si ammala affatto).
E questo comporta un’altra deduzione: se ci sono tante malattie, significa che le persone non sono felici dell’esistenza che conducono.
Il sistema di vita tanto decantato e pubblicizzato è sbagliato.