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Compassione

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Sarà la stanchezza (non parlo di quella fisica), ma sempre più spesso non riesco a provare la rabbia. Troppe volte l’ho avuta nel passato e so che non è scomparsa, che in futuro avrò modo di sperimentarla ancora. Ma restando a osservare, mi ritrovo fermo a scrutare un mondo che avanza sfrenato. Tutti corrono, sempre in movimento, sempre in cerca (che cosa si cerca poi sarebbe la domanda a cui trovare risposta); continuamente sollecitati, non ci si ferma mai e così ci si esaurisce, si arriva al limite. E quando si è al limite, s’incorre nello squilibrio, nell’eccesso.
Non c’è più nulla a misura d’uomo, tutto è esaltato, tutto è esasperato: ogni cosa viene usata, sfruttata, calpestando diritti, dignità, sentimenti, persone. S’è persa la misura dell’essere, in ogni sua parte.
Vince chi urla, chi strepita, chi massacra in qualsiasi ambito: non si ha più un vero dialogo, pacato, costruttivo. Solo urlare le proprie ragioni e scaricare camionate di fango sul prossimo. Si criticano gli altri se fanno male, ma non si fa nulla di costruttivo. Purtroppo in questo periodo vanno per la maggiore i distruttori (che poi non sono realmente nemmeno questo, ma solo degli starnazzatori che intralciano e non fanno nulla di utile), non si cerca di darsi da fare per creare qualcosa.
Questo non significa che bisogna tacere, ignorare gli sbagli, ma c’è modo e modo per farlo. Chi sbaglia va giudicato e condannato, ma non bisogna dimenticare che si ha sempre davanti una persona e che si può provare compassione per lei, anche se è un criminale, anche se ha portato rovina a molti.
E’ questo il pensiero che è sorto nella mente con i fatti degli ultimi giorni. Questo non ha cancellato il passato, la comprensione di come si è arrivati a certe situazioni. Non si dimenticano i crimini, le umiliazioni, i danni, le costanti prese in giro di un uomo che per il suo ego ha calpestato e rovinato chiunque, arricchendosi sulle spalle altrui e irridendo e fregandosene delle povertà altrui. Le sue colpe sono palesi e arriverà il momento in cui avranno condanna, perché il giudizio è già stato emesso: colpevole.
Tuttavia, di fronte a eventi sempre più gravi, non riesco a sopprimere un moto di pietà per un individuo vecchio e malato, ma soprattutto solo, senza veri amici e veri sentimenti, che utilizza un potere che non gli appartiene e che viene sfuttato e usato per la posizione che ricopre, vivendo in un mondo di luci che brillano ma non illuminano e sorrisi finti; compassione per un essere solo e povero, perché la gente lo cerca non per quello che é, ma per quello che ha e può dare. C’è tanta miseria nella sua condizione. Certo, ha contribuito a creare una società malata, che sa di morte, ha portato rovina in molte vite; nonostante i reiterati crimini e il fatto che continui imperterrito a compierli, la compassione rimane.
Il mio può essere un discorso criticabile, molti lo fanno, perché non si può provare compassione per chi tanta rovina ha volutamente deciso di portare, per chi così ostinatamente se n’è fregato degli altri e li ha sbeffeggiati e derisi.
Eppure è così, nonostante la ragione suggerisca altro. Sbaglierò, ma colui che non riesce più a provare questo sentimento, anche se rivolto a un nemico, a uno che porta rovina, è un essere maledetto.
E maledetta è una società abitata da gente del genere.