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Vita senza fine

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Si costrinse ad aprire gli occhi. Li richiuse subito dopo, promettendosi di non aprirli mai più; quello spettacolo andava oltre la sua soglia di sopportazione.
Avrebbe voluto sprofondare nel terreno, farsi accogliere dall’abbraccio della terra, con il suo odore umido, con il tocco delle sue radici. Ma questo non era possibile, perché tutto era cemento; con esso gli abitanti di quel mondo avevano ricoperto ogni centimetro quadrato del pianeta. Palazzi che s’innalzavano ovunque verso un cielo sempre grigio, che non faceva mai vedere né il sole né le stelle.
Grigio, grigio ovunque. Non c’era un solo sprazzo di verde, nessuna traccia di alberi, fiori: erano stati spazzati via in nome del progresso, ritenuti inutili e superati. Se si riusciva a respirare era grazie ai giganteschi macchinari che generavano ossigeno e depuravano l’aria.
“Sono finito in un mondo di pazzi” si ripeté per l’ennesima volta.
La città cominciò a svegliarsi. La gente prese a riversarsi nelle strade per raggiungere gli uffici dove avrebbe trascorso la meccanica e indaffarata giornata lavorativa, simile agli automi che stavano prendendo piede nelle grosse industrie e che avrebbero sostituito a breve la manodopera umana. Presto l’umanità non avrebbe avuto più bisogno di lavorare e avrebbe avuto a disposizione tutto il tempo del mondo, potendo realizzare così il suo grande sogno: starsene sdraiata su comode e grigie poltrone a sognare i sogni generati dalle macchine da lei programmate. Il nirvana tanto agognato.
“Vivere in un mondo di sogni, dove tutto è perfetto e non esistono patemi e sofferenze…” non era forse stato quello il fine che anche lui e i suoi compagni avevano a lungo inseguito, per i quali si erano dati da fare? Per il quale erano morti?
Un brivido gli percorse la schiena. No, loro non erano come quelle persone: non erano dei pazzi capaci di stravolgere quello che toccavano. Loro avevano agito per il bene di tanti, non per scopi egoistici come facevano gli abitanti di quel pianeta. Loro…
Strinse i pugni. Ora restava soltanto lui. Ma se fosse riuscito a sopravvivere ancora un poco, tutti i loro sforzi sarebbero stati ripagati e nulla sarebbe stato vano.
Però, quanto sarebbe stato bello potersi lasciare andare, poter…
Una fiammata rossa divampò nella sua mente.
Lui era vicino, molto vicino. Era di nuovo sulle sue tracce.
Si costrinse a riaprire gli occhi su quel mondo privo di colori, fatto di spigoli e lati taglienti.
Doveva restare in vita. Era l’ultimo. Di tutti quelli che avevano cominciato quel progetto, era l’unico che non era caduto sotto i suoi colpi. Aveva bisogno solo di un altro po’ di tempo. Ancora un poco e tutti i tasselli sarebbero andati a posto.
Riprese a muoversi, tenendosi sempre nell’ombra.
Era così vicino all’obiettivo. Aveva viaggiato per tanti mondi e tempi, scappando come un ladro, vivendo come fuggitivo, sfuggendo alle trappole che il suo predatore sempre gli tendeva. Una vita d’inferno, senza amici, senza affetti. Ma adesso che il Fulcro dell’Energia Primordiale era a portata di mano, tutti i suoi sacrifici sarebbero stati ripagati.
Senza guardarsi indietro, attraversò vicoli e vie secondarie, dove il traffico era ancora scarso, salvo qualche netturbino che con il suo macchinario puliva i marciapiedi. Presto la fiammata rossa svanì dalla mente. Sicuro di aver distanziato il suo predatore, si diresse senza indugio verso la piazza che aveva scorto dalla cima del grattacielo più alto.
La raggiunse quando ormai l’oscurità stava calando. Era deserta, senza nessuno in vista.
“Finalmente, dopo tutti questi anni…”
«Hai impiegato del tempo per arrivare: credevo non saresti più venuto.»
Lentamente si voltò. Lui. Il predatore. Avrebbe dovuto immaginare che lo avrebbe aspettato al varco. La fretta l’aveva tradito. Ma ormai era alla fine. Basta scappare. Basta avere paura.
Sospirò prima di mettere le mani in tasca con fare rassegnato. «Smettila di nasconderti nell’ombra. Voglio vedere il volto di chi mi ha dato la caccia per tutto questo tempo.»
«Se questo è il tuo ultimo desiderio.» Il predatore entrò nel cerchio di luce dei lampioni.
Nulla di quello che aveva davanti corrispondeva a quanto si era immaginato. Un volto che non aveva età, con la barba e i capelli striati di grigio: sembrava una persona come tante. Eppure non c’erano dubbi: era l’Assassino d’Ombra. Il volto che tutti i suoi compagni avevano visto prima di morire.
“Ma io non morirò. Non ora che ho trovato il Fulcro. Non ora che sono così vicino alla realizzazione del nostro sogno.”
Estrasse una mano dalla tasca e lanciò la biglia che aveva tenuto stretta tra le dita.
La deflagrazione fu tremenda, divellendo strati di cemento e asfalto. Una cortina nebbiosa di detriti si posò sulla zona.

L’Assassino d’Ombra spazzò via la polvere dagli abiti, lanciando uno sguardo sulla preda che tanto a lungo aveva inseguito. Le vesti stracciate rivelavano le ossa spezzate che uscivano da sotto la pelle delle gambe; le braccia avevano subito la stessa sorte nel tentativo di proteggere il volto.
Con calma si avvicinò all’umano, inginocchiandosi accanto a lui e scostando con fermezza le mani sanguinanti e straziate che cercavano di fermarlo. Trovò subito il Sigillo. Alla luce dei lampioni, la pietra nera non mandò nessun riflesso.
«Noi… volevamo togliere la sofferenza dal mondo… niente più lacrime… niente più disperazione… Così noi…» disse in un rantolo l’umano.
«Avete pensato d’imprigionare l’essenza della morte, di portarla nel Fulcro dell’Energia Primordiale per utilizzare la sua forza e rendere il Sigillo indistruttibile, in modo che la Nera Signora non potesse più camminare per i mondi» concluse per lui l’Assassino d’Ombra. «Una vita senza fine.»
«Sì» l’umano tossì sangue.
«Avete creduto che donando l’immortalità, tutti sarebbero stati felici.» L’Assassino d’Ombra scosse il capo. «Invece, così facendo, avreste solamente donato pazzia.»
«Non…»
«Nessuna mente umana è concepita per vivere in eterno» lo interruppe l’Assassino d’Ombra. «Guarda questo mondo. La sua tecnologia ha allungato l’esistenza dei suoi abitanti, ma chiami vita il loro modo di vivere? Ho visto come li guardavi e l’orrore che si dipingeva sul tuo volto, consapevole di quello che avevano fatto. Voi avreste ripetuto lo stesso errore, se non anche peggiore.» Scosse il capo. «Vivere tanto a lungo è una maledizione.»
«Io… noi… non volevamo più perdere nessuna persona cara… non volevamo più…»
«Soffrire. Ma essere immortali non significa essere protetti dal dolore.» Strinse la mano che impugnava il Sigillo e lo infranse. Uno sbuffo nero si levò nell’aria. «La morte non è sempre un male» con la mano libera chiuse gli occhi all’umano che aveva smesso di respirare e soffrire.
Quando si rialzò in piedi, lei era accanto a lui.
«Salve, Madama» la salutò.
«Hai agito bene» disse la Nera Signora.
«Ho fatto quanto era giusto fare.»
La Nera Signora assentì, volgendo lo sguardo sull’ultimo dei maghi che aveva cercato di eliminarla dal corso dell’esistenza. «Una storia vecchia come il mondo. I mortali anelano sempre all’immortalità.»
L’Assassino d’Ombra abbozzò un triste sorriso. «Senza sapere del dono che hanno tra le mani.»
«Tutti desiderano quello che non possono avere. Un Immortale come te dovrebbe saperlo.»
L’Assassino d’Ombra rimase in silenzio.
«Io sono al di fuori del Tempo, lo regolo a mio piacimento, senza limiti. Ho un grande potere, ma per quanto grande, non posso darti quello che tu desideri, perché ci devono essere cose destinate a durare per sempre.»
Quando l’Assassino d’Ombra si voltò, lei se n’era andata, riprendendo il compito a cui era stata sottratta tanto a lungo.
“Tutti abbiamo una strada da seguire. Ma alle volte è così lunga da percorrere.”

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