Togliendosi l’elmo, Bottle si asciugò il sudore dalla fronte e si girò verso l’Odhan, a sud. Un tempo, chissà, fertile, ma ora ridotta a una landa desolata. Meritava che si combattesse per esso? No, ma ben poco lo meritava. Il soldato al tuo fianco, forse; gli era stato detto abbastanza volte dai vecchi veterani cui non era rimasto niente tranne quella dubbia compagnia. Legami del genere potevano solo nascere dalla disperazione, un rattrappirsi dello spirito in una zona controllabile ma misera, che racchiudeva le sole cose e persone di cui ci si poteva interessare. Per il resto, pura indifferenza, che sfociava a volte in malignità.
Per gli dei, che cosa ci faccio qui?
Inciampare in una vita per caso non sembrava un modo degno di vivere. A parte Cuttle e il sergente, lo squadrone era composto di uomini non diversi da Bottle. Giovani, ansiosi di trovare un posto dove non si sentissero soli e isolati, o che si riempivano di spavalderia per mascherare il fragile sé nascosto dietro. Ma era tutt’altro che sorprendente. La gioventù si buttava a capofitto nelle cose, anche quando sembrava statica, stagnante e soffocante. Amava le emozioni estreme, condite con spezie infuocate, tanto da bruciare la gola e accendere il cuore. Il futuro non veniva invaso di proposito; era semplicemente il luogo in cui ci si ritrovava, stanchi, malconci, chiedendosi come, in nome di Hood, si era finiti lì. Egli lo vedeva chiaramente.
I Cacciatori di Ossa (prima parte) – Steven Erikson
Il fantastico, il fantasy, come già altre volte ho detto, può essere un modo per mostrare aspetti del reale, per dare comprensione dell’esistenza e dell’umanità, non solo un genere letterario d’intrattenimento, d’evasione.
Steven Erikson ha uno sguardo penetrante sulla realtà, riuscendo a cogliere sfumature profonde. In un breve brano è riuscito a rivelare come spesso i rapporti umani nascono a causa della disperazione, dell’isolamento, un costruire legami per non sentirsi soli, emarginati, un cercare un posto nel mondo e nella vita quando non si riesce a trovare una propria indentità, una strada da seguire. Come di frequente si vede fare in questa società dalle persone, specie tra i giovani (della gioventù ne parla anche Val in questo articolo) ma non solo, con un’apparenza di sicurezza che però nasconde una fragilità e un vuoto che si cerca di non ammettere.
Non è tutto oro quello che luccica e le cose sono più profonde e complesse di quanto si può credere.
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