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Un giorno devi andare

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Un giorno devi andare, è il titolo del terzo film di Giorgio Dirittiun giorno devi andare e ben rappresenta lo spirito di questa pellicola. Una pellicola che narra della ricerca di se stessi, di ritrovare un senso nell’esistenza, di valori umani che diano una ragione di vita perché alle volte si fa l’incontro con un dolore che devasta, destabilizza, che non dà pace e allora si deve partire, verso luoghi nuovi, lontani dal conosciuto, perché è proprio nel conosciuto che si annida il dolore. Una ricerca dove nessuno può aiutare, dove la risposta può essere trovata solo da se stessi in se stessi. Ed è quello che fa Augusta, una trentenne che, dopo la perdita di un bambino e il divorzio richiesto dal marito, lascia l’Italia e va in Brasile, viaggiando sui suoi grandi fiumi e tra gli indios assieme a suor Francesca, amica della madre. Ma non è attraverso la religione, il percorso missionario, che sente di trovare la risposta: non riesce a capire come si possa aiutare gli altri facendoli battezzare, sposare, trasmettendogli credenze, valori che non appartengono alla loro cultura: è qualcosa che sente estraneo, quasi un’imposizione, qualcosa che sa di tradizione ma che in realtà non dà niente di profondo, niente che sia davvero di aiuto.
Allora decide si allontanarsi dalla missionaria e di vivere in mezzo agli indios, ricercando quel senso di comunità, di vicinanza tra gli individui che in Italia sente essere perduto. Stando a loro contatto, cercando di essere una di loro, condivide le loro esperienze, il loro lavoro, la vita quotidiana con divertimenti, feste, confidenze, pensando di aver ritrovato quel senso perduto dell’esistenza. Ma è solo una pausa momentanea e presto si deve scontrare con la dura realtà di un governo che vuole scacciare dalla propria terra gli indios, con una parte dei membri della comunità che per migliorare la propria condizione si lascia comprare (con soldi, l’avere un lavoro o anche vendendo i propri bambini), allontanandosi e abbandonando quel senso comunitario che lei era arrivata a credere di aver trovato. Tradita da persone in cui credeva, che non riescono a comprendere il suo dolore, scontrandosi di nuovo con il meccanismo brutale dei potenti che pensano di poter comprare tutto e chiunque con i soldi, Augusta riprende il proprio viaggio, delusa, amareggiata, andando a vivere da sola in mezzo alla natura, ricercando il senso di una vita che senso più non ha. Tra spiagge e foreste deserte, a contatto con pioggia, vento, mare, mentre è in attesa che accada qualcosa, la risposta inaspettatamente arriva con l’incontro di un bambino, figlio di indios che aveva aiutato, che le fa ritrovare se stessa e chetare quel tormento che tanto l’ha perseguita.
Se è vero che Augusta è la protagonista di Un giorno devi andare, è anche vero che Giorgio Diritti non si sofferma solo su di lei, ma mostra anche il dolore della madre (ha perso il marito), della nonna (consumata da una malattia), dell’amica conosciuta in Brasile (ha perso il figlio, creduto morto, ma in realtà venduto) e di come lo affrontano. Ognuna ha la sua storia, ma tutte hanno dei denominatori comuni: il dolore e la solitudine. Perché quando si affrontano certe situazioni si è sempre soli e nessuno può essere di aiuto.
Con uno stile delicato, realista e anche documentarista, Giorgio Diritti realizza un film toccante e profondo, che parla di spiritualità, di vita e della ricerca dell’uomo di valori e di un significato in una vita che spesso sembra arida e vuota, persa dietro cose effimere e superficiali. Un giorno devi andare, dice il film, ed è una cosa che prima o poi tutti devono affrontare.

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