Nell’articolo dedicato al dopo Liberazione è stato mostrato un brano dove si parlava della carica d’odio ereditata dalla generazione attiva tra il ’40 e il ’45. Un’eredità che mostra i suoi frutti sempre più spesso dagli eventi più eclatanti (la guerra in Ucraina) a quelli della piccola quotidianità (liti in famiglia che sfociano in omicidi).
C’è una dose d’aggressività, di rabbia che tanto a lungo è stata repressa e che ora sta saltando fuori. Certo la crisi economica e le minor possibilità economiche hanno fatto sì che generazioni abituate a un certo tenore di vita reagiscano male a un cambiamento che le vede aver meno possibilità, costringendole a rinunce cui non erano abituate e ciò ha incattivito parecchio, ma non è solo questo. C’è troppo odio, troppo livore che non riesce a essere trattenuto e che aspetta solo il momento buono per scatenarsi. Un esempio è stata ieri la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli dove tre persone sono state ferite (una in condizioni critiche) a colpi di armi da fuoco mentre andavano allo stadio e non sono stati tifosi dell’altra squadra, ma una persona che non c’entrava nulla con la partita. Partita che si è giocata perché concesso dalle tifoserie, specie quella napoletana (il capo ultras della tifoseria del Napoli è figlio di un personaggio considerato affiliato al clan Misso: questo serve a capire cosa c’è dietro il calcio. Da leggere questo post). Dulcis in fundo, il lancio di lacrimogeni e fischi contro l’inno nazionale.
Ci si deve rendere conto del punto a cui si è arrivato, perché non si rispettano più regole, leggi, perché tutti vogliono comandare, imporre, prevaricare, scaricare il livore che hanno dentro. E non è solo per una partita (ma a questo livello non è più sport e ci si dovrebbe fermare perché praticamente fatti come quelli di ieri sono la quotidianità): ogni cosa (una passeggiata a piedi, in bici, una nuotata in piscina) diventa pretesto per attaccar briga, per “farsela con qualcuno”.
L’individuo non è e non può essere questa cosa che è peggio di una bestia. Ci si fermi e ci si guardi allo specchio per capire che cosa si è diventati. E si cambi, perché avanti così si va solo verso la rovina.
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