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Sul dopo Liberazione

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Tutte le volte che gli occidentali si indignano ascoltando notizie di crimini contro l’umanità, tutte le volte, cioè, che in quelle notizie si sforzano di vedere qualcosa che contrasta con quel che di lodevole essi credono di avere dentro di sé, stanno in realtà proteggendo la carica d’odio che hanno ereditato dalla generazione attiva tra il ’40 e il ’45, e che da allora hanno imparato a nascondere a se stessi.
Farebbero molto meglio a considerare quei crimini come qualcosa di normale per loro, figli e nipoti di coloro che avevano commesso o tollerato sessanta milioni di vittime in sei anni. Perlomeno non mentirebbero a se stessi. Non sarebbero impegnati in continue autocensure più o meno segrete. L’uomo occidentale, cresciuto tra i reduci, i traumatizzati, i colpevoli, i testimoni indifferenti o impotenti e gli amnestici della Seconda Guerra Mondiale, non può che essere un violento o, qualora si sforzi di negarlo, un ipocrita, sulle cui labbra parole come «amore», «fratellanza», «pace» suonano sempre false, moralistiche, banalmente didattiche.
Non vi è sforzo più costoso, per la psiche umana, del non voler accorgersi di qualcosa. Ed è ciò che, negli ultimi sessant’anni, ha impedito agli occidentali sia di riflettere seriamente sul proprio presente e sul proprio futuro, sia di creare valori nuovi, o di ascoltare i pochi che tentavano di crearne o di riscoprire i valori antichi. Da tale sforzo, gli occidentali appaiono oggi sfiniti.
L’unico principio etico condiviso da tutte le popolazioni della C.O. è, oggi, lo stesso che potrebbe avere un criminale angosciato: «Speriamo di tirare avanti ancora un po’, prima che me la facciano pagare». E al contempo, l’effetto degli impulsi distruttivi che quelle popolazioni nascondono a se stesse diventa sempre più evidente: proprio grazie allo sviluppo tecnologico voluto, diffuso e imposto ovunque dall’Occidente, l’umanità intera è costretta a sperare di tirare avanti ancora un po’, prima che gran parte del pianeta diventi inabitabile.

(Libro delle Epoche – Igor Sibaldi – pag.140,141)

2 comments to Sul dopo Liberazione

  • Tanto per creare uno spunto di riflessione… siamo sicuri che l’uomo non-occidentale sia uno stinco di santo?

    • Occorrerebbe pensare solo in termini di uomo e nient’altro. Tutte le altre distinzioni, uomo occidentale, uomo orientale, bianco, nero, sono definizioni usate per elogiare o denigrare a seconda del punto di vista dal quale si guarda, dove quasi mai si riesce a comprendere la natura della realtà, con i suoi lati positivi e negativi.
      Il fatto è che nessuna civiltà è mai stata perfetta e mai lo sarà: la menzogna di chi ne fa parte è che cercherà sempre di farla sembrare per quella che non è, impedendo così d’imparare lezioni ed evitare il ripetersi di errori.
      Nel brano citato occorrerebbe leggere il libro per comprendere cosa s’intende per Civiltà Occidentale.

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